Skip to main content

2.CONTINUA – Riprendiamo la conversazione con Gaetano Sateriale affrontando dapprima temi legati alla realtà locale e poi una riflessione sulle generali prospettive di sviluppo.
Sulla tua esperienza da sindaco hai scritto un libro (“Mente locale”), bellissimo perché autentico e sincero. Alcuni contenuti sono esplosivi, però la città nel suo complesso ha finto come sempre di non cogliere…
In fondo capisco i miei concittadini e anche i miei “non lettori”: le realtà scomode è meglio rimuoverle che affrontarle. Conoscere è faticoso… Ma io non potevo fingere di niente. Quel libro vuole essere uno spaccato della situazione del Paese, perché la malattia che si è diffusa nella politica, nelle istituzioni e nel loro intreccio con i poteri forti non sta solo a Roma. Non so se hai notato ma nel libro non ho mai citato la parola “Ferrara”…

Il tuo successore, Tagliani, si avvia al traguardo di legislatura. Come è cambiata Ferrara (dove posso testimoniare hai sempre vissuto e continui ad abitare!) in questi cinque anni?
La città è e resta bellissima. L’altro giorno ironizzavo su Facebook dicendo che Ferrara è come una bottiglia di buon vino rosso: per apprezzarla si deve degustare poco a poco, senza esagerare, perché altrimenti la “ferraresitudine” obnubila. Al netto della crisi economica non la trovo molto cambiata: in alcuni momenti è una capitale europea della cultura, in altri è un paesone emiliano con il mercato in piazza: i banchi delle mutande e delle mortadelle accanto al muretto del castello… Vedo con piacere che si fanno molti lavori pubblici importanti in centro e in periferia, malgrado le ristrettezze. Se la città non vola non se ne può dare la responsabilità a un’Amministrazione che ha subito un terremoto e i tagli di bilancio che sappiamo…

E di chi è la colpa?
Anche nostra. Di noi ferraresi, intendo. In fondo siamo innamorati di Ferrara com’era quando eravamo ragazzi e nel nostro intimo preferiremmo mantenerla sempre uguale a se stessa, come tanti Principi di Salina del Nord: “La deserta bellezza di Ferrara”… Non dimenticare che i ferraresi non mettono fiori alle finestre… A Bolzano fanno a gara a infiorare i balconi, da noi la gara è al contrario, a tenerli chiusi. Mi viene un esempio della nostra storica indolenza, “scherzoso ma non troppo”: perché tutto il mondo sa cos’è l’aceto balsamico di Modena e già a Santa Maria Maddalena nessuno conosce la salamina da sugo? È colpa dell’Amministrazione o della scarsa iniziativa privata? Se non fossimo così culturalmente nostalgici ci daremmo più da fare con idee e attività nuove. L’Amministrazione deve indirizzare e integrare l’iniziativa privata, non sostituirla. Da noi i privati se ne stanno da sempre per i fatti loro: tutto ciò che è collettivo in città è comunale. Questo non è più possibile…

Hai un suggerimento da dare al tuo successore?
Non mi permetterei mai: a ciascuno il proprio ruolo e Tagliani il suo lo conosce bene. Un suggerimento lo do alla Cgil, invece. Perché non provare a realizzare anche a Ferrara il “Piano del lavoro”, come fanno molte città italiane? Per dare opportunità di ricerca e occupazione ai giovani e visioni innovative alla città la ricetta è coniugare sviluppo sostenibile e innovazione. Possibile che sul tema delle smart city si misurino città grandi come Torino o Roma e non città medie dove tutto potrebbe essere più facile? Smart city vuol dire innovazione attraverso la rete, partecipazione, informazioni diffuse, progetti che rendono più facile e appetibile la città, startup, innovazione sociale, incubatori, imprese giovani.

Puoi farci qualche esempio?
Pensa al traffico: si possono chiedere informazioni via smartphone agli utenti (foto e sms in tempo reale) in modo da individuare i punti critici, segnalarli all’Amministrazione e favorire miglioramenti. Guarda ad esempio al fatto che fra la stazione ferroviaria e il Doro la viabilità non è ancora stata modificata dopo l’entrata in funzione del nuovo ponte sul Boicelli: lì ci sono rischi potenziali che vanno sistemati; questo per dirti di un luogo che frequento abitualmente (per fare la spesa e prendere il treno). Ognuno può inviare le sue segnalazioni. Oppure, come si sta già facendo, rilanciare la Ferrara artistica e culturale che potrebbe via Internet essere sempre in streaming. O i servizi di assistenza agli anziani in cui le nuove tecnologie potrebbero fare miracoli (poco costosi).
Sono solo alcuni spunti, ma si potrebbero aggiungere i trasporti pubblici, il tracciamento dei rifiuti, il risparmio energetico, la bioedilizia, la qualità dell’aria, la produzione di anidride carbonica, i parcheggi, le prenotazioni in ospedale… So che è facile sognare, ma si potrebbe studiarci sopra e trasformare gli spunti in progetti, magari assieme all’Università e alle imprese più innovative: sarebbe un buon modo di cominciare l’anno nuovo e coinvolgere i giovani nella “visione” della città futura. Ma in concreto, non a chiacchiere: misurando quanti giovani coinvolti e quanti posti di lavoro creati. Alla Cgil, per fortuna, non basta un convegno sul tema.

Il problema della visione è generale. Questo 2014 si apre come tutti gli ultimi anni con le rassicuranti previsioni di un imminente ripresa. Di certo si respira un’aria nuova, sembra di cogliere fra le persone la voglia di cercare di venirne fuori ‘a prescindere’, di rimboccarsi le maniche e tentare un balzo in avanti mettendo in campo la creatività e forse l’ottimismo della volontà. Avverti anche tu questo spirito?
Ne avverto soprattutto il bisogno. Ma non credo alla ripresa imminente annunciata e magari importata dall’estero. Ci vuole una politica attiva che favorisca la crescita: in Europa e in Italia. Penso a politiche decentrate nei territori, non a una pianificazione nazionale che nessuno è più in grado di fare. E sono sicuro che se ci fosse qualche soggetto forte che si mette in moto ci sarebbe grande disponibilità a contribuire: specie tra i giovani. La sfida della Cgil è che il sindacato possa essere uno di questi soggetti. In fondo, quello delle smart city è un tema che coniuga tecnologia con partecipazione dei cittadini: un tema cruciale per la democrazia, più facilmente affrontabile in una comunità di medie dimensioni. Noi ferraresi dobbiamo solo decidere se vogliamo essere un paesone o diventare una moderna città europea. Chi vuoi che ce la dia la visione se non le giovani generazioni?

Accanto alla desolante inerzia delle classi dirigenti (politici e imprenditori) si colgono invece i potenti e coinvolgenti segnali di papa Francesco, il cui messaggio appare rivoluzionario. Qual è in proposito il tuo pensiero?
Fosse per me gli avrei portato la tessera onoraria della Cgil. Perché una personalità così alta che dice semplicemente “il lavoro è dignità e senza lavoro le persone perdono anche la loro dignità” se la merita proprio. L’elezione di papa Francesco mi fa essere ottimista: la sua vicenda vuol dire che l’innovazione è sempre possibile anche nelle organizzazioni più complesse e immobili. E la via è una sola: riavvicinare i vertici alla base, la politica alla realtà e ai bisogni della gente in carne e ossa.

Leggi la prima parte della conversazione

tag:

Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

I commenti sono chiusi.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it