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11 Gennaio 2018

Saturazioni Ciarlatane

Tempo di lettura: 2 minuti


Da Paolo Giardini

Per accorgersi che, almeno in Italia, le associazioni private chiamate “partiti” e “movimenti” politici sono organismi parassitari non c’è bisogno di arrampicarsi sugli specchi. L’ossessiva propensione a vivere di rendita “gestendo” il prossimo si trova anche nelle organizzazioni mafiose, con la differenza che in ognuna di queste l’establishment non è senza capacità di individuare al proprio interno gli inetti. Risultato: la criminalità organizzata non ha mai smesso di diffondersi con crescente abilità; in politica invece, dove s’è ingigantito il numero di politicanti capaci tutt’al più di scimmiottare ideali e valori di spessore non superiore allo slogan, hanno raggiunto l’acme della bancarotta intellettuale. L’assenza di vere idee, ideali, competenze è sostituita dalla guerriglia fatta da comparsate, tweet, post e chat. E dalla spasmodica attenzione ai sondaggi quotidiani, perché brand, sigle, casacche, statuti o non-statuti, si riesce a cambiarli rapidamente quando sembra utile. Si veda l’improvvisa fioritura di sigle partitiche e repentini ribaltamenti di posizioni spacciate fino al giorno prima come fondamenta ideologiche.
Anche la nostra amministrazione, nel suo piccolo, sostiene le fatiche romane. E non inutilmente: le massaie, per esempio, potrebbero emularla convocando pure loro conferenze stampa. Per insegnare, mentre si fanno fotografare sorridenti insieme al capocondominio e i vicini di casa, la genialità del reimpiego ecologico dei materiali di risulta una volta fatto il brodo: invece di buttare nel pattume la carne di cappone e manzo, si può riutilizzarla per preparare polpette o servire pietanze di lesso, battezzandole per l’occasione “i piatti di Medoro”.
Per approfondire i dettagli comunicativi delle loro conferenze stampa le massaie farebbero bene a studiarsi quella “del “cantiere ecosostenibile” del Palaspecchi allestita giorni fa dal Comune di Ferrara. Hanno illustrato ai giornalisti che gli avanzi del cemento armato, ferro, alluminio, vetro, ecc. (rame niente, perché riciclatosi spontaneamente in precedenza), si possono vendere a chi sa riutilizzarli invece di darli ad Hera. Però, e qui sta il segreto, secondo un protocollo d’intesa!
Un altro affascinante uovo di Colombo! È un vero peccato che non ci dicano come i giornalisti presenti abbiano potuto reggere all’impatto emotivo della sorprendente novità.

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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