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Acuto (oksys) e ottuso (moros) sono i due etimi greci che compongono la parola ossimoro, che significa accostamento di parole dal senso opposto; proprio come acuto e ottuso insieme. Ossimoro, appunto.
Bonomia, nel dizionario Treccani, è la “bonarietà, il carattere di un uomo mite e alla buona”. No, non è un articolo di linguistica. E’ che Carlo Bonomi, neo presidente di Confindustria, sembra avere ingaggiato una battaglia con il suo cognome basata sulla strategia dell’ossimoro. Buon uomo e cattivo, mite e bellicoso insieme.

Lumbard purosangue, non era ancora in carica, ma solo designato, che già tuonava contro i contratti nazionali di lavoro, affermando che erano da superare in favore degli accordi aziendali. Ora, siccome nel diritto sindacale l’accordo aziendale già supera il nazionale se prevede migliorie per i lavoratori rispetto alla norma generale, l’affermazione del mite bellicoso aveva un solo significato (altrimenti avrebbe ribadito l’ovvio): trattiamo i lavoratori nelle singole aziende peggio delle regole generali, laddove sia possibile (possibilmente ovunque). Un nuovo contratto nazionale virtuale, insomma, fondato sulla scomparsa del contratto nazionale: in altre parole, fondato sulla sottrazione di diritti e tutele per chi lavora. 

Appena eletto è andato ovunque, anche in televisione, a dire che il Governo tratta male le imprese (e parliamo di imprese grandi, perché Confindustria non rappresenta gli artigiani e i bottegai). Motivo? Emette assegni per il reddito di cittadinanza invece che girarli ai suoi associati. Peccato che nel frattempo ci sia chi letteralmente fa la fame; che il problema semmai è quanto lentamente arrivano questi soldi alle persone fisiche; e che questa lentezza mette fasce crescenti della popolazione nelle mani degli usurai e dei criminali (la mafia e la camorra stanno già facendo la spesa gratis per interi quartieri). Naturalmente i soldi in questione – soldi pubblici – dovrebbero arrivare alle imprese, ma senza che lo Stato possa ficcare il naso nella loro gestione. Altrimenti si crea una nuova Alitalia, altrimenti il governo è comunista. Veramente noi non siamo né comunisti né giacobini, visto che in Francia, invece, il Governo le mani le mette eccome, sulle sue aziende strategiche.

Il buono e cattivo capo degli industriali impartisce anche lezioni di buonsenso al Governo. Invece di erogare la Cassa Integrazione, che arriva tardi o non arriva, tagli l’Irap, l’odiata Imposta sul Reddito delle Attività Produttive (anche io odio l’Irpef, ma la pago fino all’ultimo centesimo da quando per mia fortuna ho un lavoro stabile, altra bestemmia per il buon Carletto). Peccato che il Governo abbia, appunto, tagliato l’Irap sia per il saldo 2019 sia per l’acconto 2020. Quindi, il Governo ha ascoltato il mondo delle imprese. No: secondo il Mite, questo governo ascolta solo i sindacati.

Su una cosa il mite e feroce Bonomi ha ragione: a reclamare il pagamento dei crediti scaduti da parte dello Stato. Basta andare sul sito del Mef per accorgersi dello scandalo: lo Stato “ha reso disponibili risorse e strumenti finanziari pari a oltre 56 miliardi per il pagamento di debiti maturati al 31 dicembre 2013”. Avete letto bene, scaduti da sette anni. Ormai e da tempo, chi lavora con la Pubblica Amministrazione salta per aria, perché chi ti paga dopo sette anni è come se non ti pagasse. Nel frattempo sei morto.

Sospetto che, al fondo, il problema grande sia proprio questo. Non è il malvagio Bonomi o il mangiabambini Landini, non è più Stato o più mercato. E’ che nessuno si fida di nessuno, e a giusta ragione, ciascuno dalla sua prospettiva.
Come fa un’impresa a fidarsi di uno Stato che la paga dopo sette anni? E come fa lo Stato a fidarsi di un settore che evade, secondo le stime, 35,6 miliardi di IVA, 33 miliardi di Irpef, più evasione Irap, Imu, Ires che porta il totalizzatore a circa 100 miliardi l’anno di mancate entrate? Il più pulito c’ha la rogna, con l’aggravante che uno dei rognosi è colui che dovrebbe dare l’esempio, e che invece si comporta peggio di un estorsore. Disperato, peraltro, visto che per rimediare aumenta le percentuali di aliquota, oppure introduce nuovi balzelli, e se la fotografia fiscale della nazione è fasulla alla fine chi paga questi extra? Gli unici onesti, ricchi o poveri che siano. Gli unici la cui dichiarazione dei redditi rispecchia la realtà della loro bottega, o famiglia.

Non c’è da stupirsi che, se siamo un Paese in cui tutti si guardano reciprocamente le spalle, gli olandesi e gli svedesi non si fidino di noi. Ursula Von Der Leyen ci sta facendo un’apertura di credito che le fa molto più onore di quanto traspaia in superficie. Sfidando l’impopolarità dei popoli che l’hanno politicamente allevata, la Presidente della Commissione Europea fa il primo passo: mostra di fidarsi di un paese che non si fida di se stesso.

SCHEI, la rubrica sui soldi, euri, denari, ducati, piotte, cucuzze, fiorini ed affini, a cura di Nicola Cavallini, torna tutti i giovedì su Ferraraitalia.
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In copertina: elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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