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di Laura Fogagnolo e Pier Luigi Guerrini

“Uno scrittore dovrebbe vivere in provincia, dicevamo: e non solo perché qui è più facile lavorare, perché c’è più calma e più tempo, ma anche perché la provincia è un campo di osservazione di prim’ordine. I fenomeni sociali, umani e di costume, che altrove sono dispersi, lontani, spesso alterati, indecifrabili, qui li hai sottomano, compatti, vicini, esatti, reali.” (L. Bianciardi, Il lavoro culturale, Ed Feltrinelli, 1974, p. 19)

Senza l’ambizione dell’esaustività, queste righe vogliono tentare una raccolta di autori e produzioni uscite negli anni settanta e ottanta nella provincia di Ferrara. Per scelta dei redattori di queste note, non si sono presi in considerazione gli autori dialettali. Nessuna spocchia intellettualistica ma solo una delimitazione del campo e degli autori.
A nostro giudizio, Lamberto Donegà è sicuramente un poeta che nasce artisticamente in questo periodo. Ad una prima ‘Domanda-confronto generazionale’, libro datato 1970, ne segue sei anni dopo ‘Il sollievo del sole’ in cui richiami/ricami bassaniani s’inseguono per tutta l’opera. Nel 1978 esce una piccola collettanea di poeti ferraresi di nascita o d’acquisizione. ‘Biottica delle parole superstiti‘, questo era il titolo, nelle intenzioni degli ideatori doveva essere una rivista di poesia e critica letteraria ma, come spesso accade e non solo nelle situazioni di provincia, si fermò al primo numero. Al suo interno, oltre a Donegà, c’erano tra gli altri Alberto Poggi e Pier Luigi Guerrini che idearono la rivista ‘Po/etica/mente‘, come testimonia un ciclostilato di due pagine con cenni poetici “mescolati” a spunti progettuali. Poi, il percorso di questa rivista prese una strada differente.Poeticamente‘ si ricompose in un’unica parola e la redazione di fondazione (1980), sotto la direzione responsabile di Donegà, vide la presenza di Emanuela Calura, Pier Luigi Guerrini e Roberto Guerra. La rivista venne diffusa in una rete di piccole librerie militanti dell’area della nuova sinistra e, dopo alcuni numeri in cui si pubblicavano diversi interventi in prosa o in poesia di vari autori, si scelse la strada dei numeri monografici. Ne ricordiamo tra gli altri: Selim Tietto, Alberto Bertoni, Carlo Villa, Roberto Guerra, Claudio Strano, Marco Chinarelli. ‘Poeticamente’ manterrà al proprio interno una vivacità intellettuale attraverso uno stretto legame con riviste pubblicate negli anni ottanta: i riferimenti saranno Anterem e Niebo.
Il poeta ferrarese Roberto Guerra inizia le sue prove poetiche alla fine degli anni settanta, partecipando alla redazione della rivista Poeticamente. Negli anni ottanta, ha partecipato (con Franco Ferioli), con Fiori della Scienza alla rassegna video U-Tape 1985, a cura del Centro Video Arte di Ferrara. Ha collaborato (anni ottanta e novanta) con il periodico Futurismo Oggi (a cura di Enzo Benedetto, Roma). La sua attività poetica e di produzione è tutt’ora molto fertile. E’ coordinatore del Llf, Laboratorio Letteratura Futurista (Ait).
Pier Luigi Guerrini, dopo la pubblicazione per le edizioni Ottantagiorni del libro di poesie ‘Il fenomeno scomposto’ (1984) e nell’antologia ‘Trame della parola’ (1985), Ed. Tracce a cura di Antonio Spagnuolo, ha lasciato segni di stampa collegati da vicino ai percorsi lavorativi intrapresi, mentre la produzione poetica è riemersa con decisione solamente dal 2010 in avanti.
Roberto Pazzi, scrittore e poeta di fama internazionale tutt’ora attivo e scrittore di romanzi che hanno incontrato i favori del pubblico, ha pubblicato le raccolte poetiche ‘L’esperienza anteriore’ (1973), Ed. I Dispari; ‘Versi occidentali’ (1976), Ed. Rebellato; ‘Il re, le parole’ (1980), Ed. Lacaita; ‘Calma di vento’ (1987), Garzanti Editore.
Verso la fine degli anni settanta, nasce la Coop. Charlie Chaplin che tenta senza successo di introdursi nel mercato editoriale con tre produzioni: il primo romanzo di Stefano Tassinari ‘Riflessi di ruggine’, una raccolta di poesie dialettali ‘Poesii fraresi’ e un’antologia sul cinema e la letteratura della science fiction curata da Alberto Poggi, a corollario di un convegno organizzato a Ferrara. Sotto la spinta determinante di Stefano Tassinari, nacque in quegli anni il mensile ‘Luci della città‘ che si rivelò anche un luogo di produzione e contaminazione poetica, letteraria e politica.

Qualche anno prima, era approdato in edicola ‘Porto Ferrara‘ (si rinvia agli articoli ‘Porto Ferrara: una sinistra plurale col desiderio di capire’ e ‘Porto Ferrara, una rivista non provinciale’ per un approfondimento a due voci) che aveva tra i redattori e collaboratori diverse persone che, poi, intrapresero l’avventura di ‘Luci della città’.
Di Gianni Goberti ricordiamo l’ottima prova poetica di ‘Logica del caos’ (1979), Forum/Quinta generazione e ‘A due passi da Itaca’ (1983), Casa Editrice Alba.
Uno “spazio” importante va dedicato alla poesia visiva (dal medium libro cartaceo al medium quadro più parola): Michele Perfetti, Maurizio Camerani, Enzo Minarelli, Lola Bonora, Romolina Trentini, Federica Manfredini, Luciana Arbizzani, sono alcuni dei protagonisti di questo ambito. Luciana Arbizzani è autrice, per le Edizioni Rebellato, di ‘In parti uguali’ – 1972 e ‘Argille d’esistenza’ – 1975, poi, entrando sempre più in affascinanti percorsi di contaminazioni sperimentali, ha pubblicato ‘Che la goccia sia sferica’ – 1979, Ed. Geiger e ‘Transuraniche’ – 1981, Ed. TamTam, rivista di poesia totale di livello internazionale dove ha fatto parte della redazione. In quegli anni, a Ferrara la Sala Polivalente del Palazzo Massari fu un centro molto attivo ed importante di performances audiovisuali e di readings di poesia con presenze di livello internazionale.
Anche la Stanza di San Giorgio, ebbe importanti momenti dedicati alla poesia visiva da parte degli autori succitati. Ricordiamo, di quegli anni ottanta, la performance in progress curata da Sergio Altafini in cui Federica Manfredini, presentò esperimenti di rara comunicazione, parole libere, riflesso della migliore neoavanguardia filtrata da un lirismo visivo-orale pieno di femminilità/femminismo con anti-rime molto divertenti usando parole e lingue differenti. Poeta impegnata dagli anni ottanta in una progressiva costante ricerca di “aggregazione-disgregazione” della parola, per ricreare realtà diverse nella scrittura, nella poesia visuale e nella poesia sonora.

La Manfredini fu protagonista anche in numerose pubblicazioni, ad esempio ‘Dif-frazioni’ (dismisura testi, 1985), oppure i suoi interventi per la rivista trimestrale Edigraf, 1985, 1989, ecc. diretta da Carla Bertola e Alberto Vitacchio, fino alla sua prematura scomparsa nel 1997. Numerose le performance in varie sedi, dall’inizio degli anni ottanta.
Significativamente ogni sua mostra o installazione era completata dall’esecuzione di una performance. Vengono segnalate: all’Arte Studio di Ponte Nossa nell’84, a Bondeno, a Ferrara in varie occasioni, all’Emporium Arte Contemporanea ad Ivrea ’87. Ha partecipato a ‘Rendez-Vous’ a Villorba ’89, alla Galleria delle Donne di Torino ha esposto ed eseguito performance nel 1988.
Con ‘Ipotesi per un teatro di poesia’, ha iniziato negli anni settanta una lunga produzione Ines Cavicchioli, Dirigente Scolastica, regista e attrice di teatro, scrittrice e scultrice. Negli anni ottanta, la Cavicchioli ha pubblicato ‘Parole in nero’ (1981), ‘Poesia e immagine’ (1983), ‘I messaggeri dell’inquietudine’ (1984), ‘Prove di recitazione’ (1989). Altro poeta ferrarese, che negli anni ottanta ha fatto parte dell’avanguardia poetica della poesia concreta che s’ispirava ad Adriano Spatola, è Sergio Gnudi che ha ripreso a produrre nel nuovo millennio, dopo una pausa di una ventina d’anni. I volumi pubblicati nel periodo da noi preso in esame sono: ‘Tra due fuochi’, ‘Scorie padane’ e ‘Iperbolia’.

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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