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Secondo l’ultimo rapporto dell’Oms, pubblicato dall’ufficio europeo, le nostre ragazze e i nostri ragazzi sono stressati dalla scuola. Ci sarebbe da stupirsi del contrario. Se nel paese fiorisse un pensiero autonomo sul nostro sistema formativo, distante dal rincorrere gli altri e dai test dell’Ocse Pisa, forse saremmo in grado di porre un rimedio: non è questione di aggiustamenti o correttivi, ma di pensieri radicalmente nuovi, che necessitano di respiro e di tempo. È questione di una cultura diversa. Il nostro modello di scuola è ancora quello della classe, del banco, della cattedra, dell’intruppamento per scaglioni d’età. Piccoli eserciti che giorno dopo giorno, anno dopo anno vanno all’assalto con i libri di testo, le materie, i compiti, le lezioni frontali per conquistare un territorio che non potrà dare frutti per il futuro.
Se la scuola non piace, non è perché i nostri ragazzi sono tutti dei Pinocchio o dei Lucignolo. La prima domanda da porsi e a cui rispondere è: perché il modo di studiare che proponiamo nelle nostre aule non è in grado di motivare al piacere dell’apprendimento? Né dobbiamo cadere per questo in una sorta di attivismo mal digerito, per cui per rendere meno amara la pillola si inventano giochi e diversivi, ma la sostanza della didattica resta sempre la stessa.
Una scuola contro. Un sistema educativo che è di ostacolo al bisogno di apprendimento. Una scuola che produce stress nei suoi utenti semina la disaffezione al sapere, alla conoscenza, soffoca ogni motivazione ad apprendere, crea danni che costituiranno degli handicap difficili da rimuovere nella vita di milioni di persone. Alle responsabilità che come adulti portiamo nei confronti delle nuove generazioni, alle quali abbiamo sottratto buona parte del loro futuro, si aggiunge anche questa. Quasi che gli adulti odiassero i giovani.
Per uscire dallo stress e dalla noia la strada da intraprendere non può che essere quella della creatività. E come potrebbe essere diversamente. La nostra economia sta gradualmente trasformandosi in una economia basata sulla creatività, dove in modo crescente il valore aggiunto è costituito da attività di problem solving, dal pensiero critico, dall’autonomia, dallo sviluppo di competenze, dall’imparare a imparare. Del tutto in controtendenza con la didattica che resiste nelle nostre aule: ancora autoritaria, standardizzata e fondata sulle discipline.
La creatività è una chiave potente, perché coinvolge in prima persona, perché chiama all’appello le capacità individuali, dall’intelligenza al piacere di ricercare, di sperimentare, senza paura dell’errore, senza il pericolo della frustrazione e con una forte carica di gratificazione personale.
Le ricerche condotte dal “Learning 2030” del canadese Waterloo Globale Science Initiative hanno rispolverato e aggiornato un vecchio arnese della didattica attiva, l’apprendimento per progetti, che pare funzionare. Il centro di questa idea forte non è l’insegnante che insegna, ma lo studente che in autonomia apprende. Lo studente che sfida se stesso, che è motivato dal realizzare il progetto che ha scelto liberamente sulla base delle proprie potenzialità. Non c’è niente di meglio per chiamare in gioco la propria creatività che impegnarsi personalmente in un progetto grande o piccolo che sia. Vale per tutti, in particolare per i giovani che hanno bisogno di misurarsi con se stessi. È l’apprendimento operativo del costruttivismo piagetiano.
Gli studenti imparano attraverso progetti interdisciplinari e in collaborazione. Questi progetti consentono loro di costruire un equilibrio tra il fare e il sapere, di approfondire con rigore particolari aree della conoscenza. Di formarsi all’apprendimento permanente. Dal momento che l’interesse degli studenti per un argomento fa una grande differenza per la loro motivazione, sono gli studenti, con la guida degli insegnanti, a selezionare i soggetti dei progetti. Non solo, le attività di apprendimento sono direttamente correlate alle esigenze della società, per cui ogni studente è indotto a ricercare la collaborazione del territorio, di industrie, delle associazioni, dei media e di altri gruppi locali.
Il progresso nell’apprendimento viene misurato attraverso valutazioni qualitative delle capacità e delle competenze dello studente, documentate da tutta la sua esperienza, piuttosto che misurato su singoli risultati. Queste valutazioni sono determinate in modo collaborativo da parte del discente, degli insegnanti, dei compagni, dei genitori e dei tutori esterni.
Come risultato, gli studenti sanno in ogni momento quali sono i loro punti di forza, dove hanno margini di miglioramento e come stanno affrontando i loro progressi. Questo processo prende il posto dei convenzionali esami al termine della scuola.
Le scuole responsabilizzano studenti e insegnanti, incoraggiandoli a sperimentare nuove idee, senza timore di fallire, in modo che sviluppino la fiducia e l’abitudine ad assumersi dei rischi. Ciò include l’uso creativo delle tecnologie disponibili, situate nei diversi contesti all’interno dell’ecosistema di istruzione.
I fautori di questo progetto sono convinti che il passaggio verso questa visione dell’apprendimento contribuirà a plasmare un mondo pieno di creatività, fiducioso, di giovani formati all’apprendimento permanente, attrezzati per affrontare le sfide di una società complessa e in rapida evoluzione. Scuole esemplari, già in atto, testimoniano che questa organizzazione non costa di più del sistema educativo di oggi e la società ne raccoglierebbe immensi benefici.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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