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12 Gennaio 2019

Se questa è informazione

Tempo di lettura: 2 minuti


I tempi che sta vivendo l’informazione non sono certo facili. Tra fake news e difficoltà nel verificare l’attendibilità delle notizie, i lettori sono sempre più diffidenti e i giornali faticano a conservare la loro buona reputazione. Ma cosa succede se, nel nome di una sempre più abusata libertà di opinione, si trascende nell’insulto?

È il caso della prima pagina di ‘Libero’ di ieri (11 gennaio), il quale, senza mezzi termini, afferma che il governo è nelle mani dei “terroni”.

Non è nuovo questo quotidiano (direttore editoriale Vittorio Feltri) a titoli provocatori, che gli hanno causato anche qualche denuncia. Ma tralasciando gli aspetti giudiziari, quello che interessa è il messaggio veicolato e la sua forma espressiva. Un quotidiano non satirico può permettersi titoli del genere? E a che pro? Per diventare virale? Per far parlare di sé? È espressione di una reale convinzione o semplicemente il disperato tentativo di attrarre l’attenzione? Leggendo l’articolo sembra ci sia ben poco di ironico. La piaga sarebbe costituita dagli incarichi di governo affidati a meridionali che starebbero sabotando l’operato di Salvini, costringendo perciò il Ministro degli Interni a “calare le brache”. Il messaggio è chiaro: nord e sud sono entità diverse e inconciliabili. E se costrette a lavorare insieme ciascuna tenterà di prevaricare l’altra. Questione vecchia quanto l’Italia. E al diavolo i sogni di una nazione unita e quant’altro. L’Italia era e resta quella espressa nella caricaturale dicotomia che oppone terroni e polentoni.

Ma che ne è della serietà (quindi della credibilità) dell’informazione quando i giornali assecondano gli istinti più bassi e si rivolgono alla pancia dei loro lettori, spesso con un linguaggio zeppo di invettive, giusto per attrarre l’attenzione? È un problema non da poco, perché sulle valutazioni deontologiche prevalgono le logiche del commercio: si dà al pubblico quello che il pubblico cerca. E, in fin dei conti, l’obiettivo sembra essere stato raggiunto: Di Maio si è indignato, molto altri quotidiani hanno commentato la prima pagina di Libero, le persone hanno condiviso la notizia, c’è chi si è scandalizzato e chi invece ha apprezzato. E il circo mediatico ha fatto il suo giro di giostra. Le reazioni sono differenti, ma un paio di cose sono certe: primo, l’Italia non è mai stato un Paese unito e forse mai lo sarà; secondo, in Italia, pur di vendere, si farebbe di tutto: “pecunia non olet”. E al diavolo “i moralisti”.

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Jonatas Di Sabato

Giornalista, Anarchico, Essere Umano

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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