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14 Settembre 2020

Si torna a scuola

Tempo di lettura: 5 minuti


Enrico ha ricominciato a frequentare la scuola materna.  Contento e curioso. Dice che finalmente può stare con i suoi amici. Mi chiedo per quanto tempo (ma non glielo dico).
La scuola materna di Pontalba è molto spaziosa, ha aule grandi e un bel cortile. Ha anche  la mensa interna e un grande refettorio dove si può pranzare e fare merenda. I bambini possono stare a scuola tutto il giorno rispettando tutte le norme igienico-sanitarie per la prevenzione da contagio Covid-19. Questo fino a quando qualcuno non si ammalerà. A quel punto dovranno stare a casa tutti due settimane. Ma noi facciamo gli scongiuri (‘vai via brutto Covid, vai via brutto Covid, vai viaaaaa, bum, bum, bum !!!) e speriamo che possano continuare le loro attività.

Il difficile momento della scuola è chiarissimo: dove non ci sono spazi sufficienti, banchi sufficienti, personale ATA sufficiente e insegnanti sufficienti si concretizza un problema. Dove le corse degli autobus non sono state come minimo raddoppiate, si verifica una criticità non da poco: alcuni ragazzi arrivano nei pressi della scuola ore prima e poi staranno in giro facendo “non si sa cosa”, altri arriveranno in ritardo.
Inoltre alcune scuole hanno un bacino d’utenza così ampio che non riescono a gestire tutte le ore “in presenza” per cui ci saranno classi che andranno a scuola una settimana sì e una no. A fasi alterne, seguendo un po’ di didattica on-line e un po’ in presenza, cercheranno di accumulare il sapere sufficiente per accedere all’anno successivo senza danni e corsi di recupero da fare a settembre.

Gli insegnanti sono preoccupati, i dirigenti scolastici hanno passato l’estate senza fare le ferie, organizzando i turni di frequenza e litigando con le aziende di trasporto per raddoppiare le corse degli autobus.
Il dirigente scolastico di mia sorella Cecilia dice che sta rischiando il divorzio. Fa il preside da poco più di un anno, si è sposato da poco più di un anno, aspetta un bambino che si augura di poter vedere nascere.
I genitori sono in preda a dei tormenti organizzativi: portare i figli a scuola in macchina, iscriverli a scuole periferiche meno affollate, acquistare tutte le attrezzature informatiche che saranno comunque necessarie e, per i bambini più piccoli, trovare il modo di garantire sempre la presenza di una persona adulta che possa portare il bambino a scuola e andare a riprenderlo, essere di supporto durante le lezioni on-line, accudirlo intanto che i genitori lavorano, fargli la doccia e metterlo a letto se si fa tardi e i genitori non sono ancora rincasati.
Chi ha un bambino in casa sa quanto fermento ci sia in questi giorni, senza contare il dramma di tante donne che facendo lavori poco qualificati ricevono stipendi bassi.  Molto tristemente, conviene loro lasciare il lavoro, perché tutto quello che guadagnerebbero finirebbe nelle tasche della baby-sitter prescelta. E’ vero che ora esiste il bonus baby-sitter. Vedremo come funzionerà.

Enrico è sicuramente consapevole che alcune cose sono cambiate, anche se oggi è tornato dall’asilo dicendo che era felice perché aveva mangiato la torta di Roberto, un bambino suo coetaneo che oggi ha compiuto gli anni. Me l’ha raccontato soddisfatto.
Certe volte non lo vediamo con sufficiente lucidità, ma i bambini sanno interiorizzare le regole più di quanto noi pensiamo: Enrico non si dimentica mai la mascherina, si mette in fila senza prendere per mano nessuno, entra all’asilo da solo perché così non è necessario misurare la febbre  anche all’accompagnatore, mette i guanti di lattice tutte le volte che sono necessari senza che nessuno glielo ricordi, si disinfetta le mani da solo. Ha imparato le regole anti-contagio e le applica con una sistematicità da certosino. Eppure è un bambino vivace di quattro anni e mezzo che non ama per nulla le convenzioni. In questo momento lui è un esempio da seguire, un comportamento da imitare, una riflessione da condividere.

Noi adulti pensiamo che i bambini siano quelli più difficili da assoggettare a questo nostro nuovo modo di relazionarci, di stare insieme senza pericolo, ma l’evidenza dei fatti dimostra che non è così.
Invece chi davvero sta creando problemi ed è completamente “fuori banda” è l’esercito dei “non credenti” (chiamiamoli pure “negazionisti” con un termine mutuato dalla seconda guerra mondiale), quelli che dicono che il Covid-19 non esiste, che le vaccinazioni non servono, che la terra è piatta, che Einstein in realtà non è mai nato, che la Shoah non è mai esistita, etc. Sono davvero interessanti i meccanismi psicologici che portano il  cervello umano a negare cose del genere. E’ sicuramente un fenomeno intrapsichico e sociale che meriterebbe di essere studiato a lungo e analizzato in tutte le sue sfaccettature e conseguenze. Sta di fatto che nella storia i negazionisti ci sono sempre stati.

Ad esempio c’è stato chi nel seicento ha negato l’esistenza della peste per poi ammalarsi e morire proprio di questa malattia. C’è stato chi ha negato l’esistenza della Spagnola agli inizi del ‘900 per poi ammalarsi e morire di Spagnola. C’è stato chi ha negato la mortalità dei carcinomi per poi finire sottoterra grazie proprio a uno di loro. Senza arrivare al negazionismo della deportazione Ebraica e della Shoah. Una negazione tanto drammatica quanto inaccettabile.  Il fenomeno è talmente grave e si è talmente diffuso che anche la Commissione Europea ha preso posizione sul dramma. La reviviscenza delle teorie negazionistiche  ha spinto nel 2006  i ministri della Giustizia dell’Unione Europea a introdurre in tutti gli Stati membri sanzioni fra uno e tre anni di carcere per “incitamento pubblico alla violenza o all’odio razziale” e per “apologia in pubblico o negazione, banalizzazione volgare del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”. Nel gennaio 2007 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato il testo presentato dagli Stati Uniti e sostenuto da 103 nazioni che invita tutti gli Stati membri a rifiutare senza riserve ogni negazione, totale o parziale, della Shoah come evento storico.

Ritornando alla scuola di Pontalba, qui non esiste nessun “negazionismo”, sappiamo tutti che questo maledetto virus per ora è ancora con noi e che dovremo conviverci fino all’arrivo del vaccino che non sembra per nulla prossimo.
Enrico con la sua mascherina azzurra sembra un bambino leucemico (solo i bambini immuno- depressi portavano la mascherina in Italia fino a pochi mesi fa), ma i suoi occhi sono vivaci e lucidissimi, non si è perso nulla di questo Covid-19 e ha imparato a comportarsi di conseguenza.
“Tu zia ha paura del Covid?”
“Solo un po’ Enrico, qui a Pontalba si sono ammalate pochissime persone”.
“Ma zia devi avere paura! Questa malattia uccide i nonni! E io voglio molto bene alla nonna Anna. La nonna gioca con me a tombola, a oca e a dama cinese, fa con me i disegni e anche le torte e la frittata il venerdì”.
In quello che Enrico ha appena detto c’è davvero una grande saggezza. E’ la saggezza semplice ma diretta e lucida dei bambini, è la loro capacità di cogliere nel profondo,  senza mediazioni.
Negli occhi dei bambini brilla la verità.  Per questo sono belli.

Fra poco tutti torneranno a scuola, ognuno cercherà di proteggersi come può e speriamo che ci riesca. Ma negare l’evidenza e pensare che sia tutto frutto di una mente malata che vuole farci credere in una specie di immunità già acquisita (non si capisce né come né quando) è davvero impressionante e pericoloso. I bambini ne sanno più di noi e soprattutto sanno guardare le cose con maggiore trasparenza.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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