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Da: Slow Food

Le Comunità Slow Food: la risposta dell’associazione alle sfide del futuro

96 rappresentanti da 32 Paesi riuniti a Chiusi per trovare insieme le soluzioni alle emergenze ambientali e alimentari.

Ripartire dal basso, dalla forza dirompente degli individui che si alleano quando, di fronte a una crisi comune, manca un chiaro indirizzo politico. La crisi è quella ambientale con le sue minacce alla vita sul Pianeta così come la conosciamo oggi. Ma è anche quella agricola e alimentare che riduce le nostre possibilità (reali) di scegliere un cibo buono, pulito e giusto, con tutte le conseguenze sul patrimonio culturale, la coesione sociale e la salute delle persone. Ed è nella creazione di comunità in tutto il mondo che Slow Food ha individuato la risposta alle sfide più importanti: ognuno di noi può infatti, più volte al giorno, contribuire a cambiare alla radice il sistema alimentare, partendo dal proprio cibo quotidiano.

La Comunità Slow Food diventa quindi la prima forma di partecipazione alla vita dell’associazione, istituzionalizzata all’interno dell’impianto organizzativo globale di Slow Food in occasione dell’ultimo Congresso internazionale tenutosi a Chengdu (Cina) nell’autunno 2017. Non dimentichiamo però che le Comunità hanno iniziato a popolare la vita del movimento della chiocciola sin dal 2004, con la prima edizione di Terra Madre. Le Comunità Slow Food si fondano sulla condivisione di uno o più progetti a livello locale e sulla contaminazione con altre realtà. Ogni Comunità sceglie quindi di impegnarsi nella realizzazione di almeno un obiettivo nella dimensione locale in cui opera. I progetti pescano dall’ampio bagaglio di esperienze maturato in oltre 30 anni di esperienza di Slow Food, ma hanno sempre al centro i due fondamentali del movimento: tutela della biodiversità ed educazione alimentare e del gusto.
«Per noi, al centro dell’idea di Comunità c’è il bene comune, legato al cibo, all’ambiente, alla socialità, alla spiritualità. Il suo cemento è la sicurezza affettiva, che lega tra loro le persone che ne fanno parte. Abbiamo tanto lavoro da fare per creare una miriade di Comunità Slow Food nel mondo, ma partiamo dalle reti già attive in seno al movimento e dai progetti già realizzati: l’Arca del Gusto e i Presìdi, l’Alleanza dei cuochi, i Mercati della Terra, gli orti. Con loro proveremo ad affrontare le sfide che ci attendono nei prossimi dieci anni: l’emergenza climatica e il collasso degli ecosistemi minacciano la nostra stessa sopravvivenza e noi siamo convinti che la soluzione sia nel cibo, nelle scelte alimentari quotidiane di ognuno. È per questo che occorre poter piantare ovunque nel mondo una bandiera di Slow Food» afferma Carlo Petrini accogliendo a Chiusi i 96 rappresentanti di Slow Food da 32 Paesi riuniti nel Consiglio internazionale da giovedì a domenica 16 giugno per l’incontro annuale durante il quale si tracciano le linee guida per il lavoro dei 12 mesi successivi.

Quanto auspicato da Petrini è già messo in pratica dalle prime Comunità costituitesi in tutto il mondo: dalla Russia al Sudafrica, dall’Ecuador al Canada, sono già 80 le Comunità Slow Food nate in questa prima parte del 2019. In un ideale giro del mondo per scoprirle, partiamo proprio dall’Italia con la Comunità dell’orto condiviso vesuviano: biodiversità e tradizione, che a Cercola (Na), trasforma le attività di coltivazione e semina in strumenti concreti per favorire la socialità e l’inclusione di bambini, persone con disagi e fasce più deboli della popolazione, che proprio nella comunità e nel contatto con la terra trovano un approdo sicuro.

Mirafood – per la valorizzazione del quartiere di Mirafiori è l’ambizioso nome di questa comunità urbana, nata in uno dei quartieri periferici di Torino, ricco di spazi verdi e orti. Al centro delle attività troviamo il recupero di cibi non più valorizzati e la lotta allo spreco alimentare, la memoria delle tradizioni culinarie, l’orticoltura urbana e il coinvolgimento delle comunità straniere su tematiche legate al cibo.

Cambiamo continente e andiamo in Colombia per conoscere la Comunità di Bocachica, che coinvolge un centinaio di pescatori, cuochi, produttori locali e consumatori. Insieme organizzano incontri, laboratori di cucina e momenti di confronto per far conoscere la ricchezza dei mari e soprattutto la necessità di tutelare gli ecosistemi dei Caraibi. Dall’altra parte del mondo, e precisamente nelle Filippine, troviamo i 138 membri della Comunità di Pasil/Kalinga, la prima indigena creata nel Paese, impegnata a difendere e conservare le sementi tradizionali e portare avanti alcune varietà di riso coltivate ad altitudini elevate.

«Il viaggio iniziato a Chengdu nell’autunno 2017 è solo l’ultima tappa di un più ampio cammino, cominciato a metà degli anni ’90 in Italia e poi diffusosi in 160 Paesi del mondo. Oggi facciamo tappa a Chiusi ma guardiamo già all’ottobre 2020 quando saremo a Torino, con una nuova edizione di Terra Madre che accoglierà al suo interno il nuovo Congresso internazionale di Slow Food. Sarà un Congresso più aperto che mai, per scrivere insieme il futuro di Slow Food e consegnare la guida a una nuova generazione di leader, che avranno la grande responsabilità di guidare tutto il movimento nei prossimi dieci anni, quando si deciderà buona parte del futuro dell’umanità. I lavori di Chiusi hanno un valore straordinario nella piccola ma grandiosa storia di Slow Food» conclude Petrini.

Il Consiglio internazionale di Slow Food è reso possibile grazie al sostegno del Comune della Città di Chiusi e del Centro Commerciale Naturale Chiusi Città, alla collaborazione con la Condotta Slow Food Montepulciano Chiusi, i produttori e le istituzioni culturali del territorio.

Da: Slow Food

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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