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da: ufficio stampa Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna

La comunicazione in rete offre illimitate occasioni di contatti sociali, ma nasconde anche significativi rischi. La presenza costante su internet che caratterizza l’uso dello strumento da parte di alcuni giovani – e anche di altri meno giovani – può portare al fatto che ciò che accade in quel “mondo” possa avere forti conseguenze sulla vita delle persone. Per esempio chi utilizza la rete con finalità aggressive, come avviene per il cosiddetto “cyberbullismo”, provoca stati psicopatologici sulla vittima e non solo.
Il bullismo si concretizza in un’azione di prevaricazione – contraddistinta da violenze fisiche, verbali e morali – che viene esercitata in maniera continuativa da ragazzi nei confronti di una vittima predestinata. Gli effetti di queste azioni riducono spesso la vittima a una condizione di soggezione, di sofferenza psicologica e d’isolamento ed emarginazione nei confronti di tutto il gruppo di amici e conoscenti. Le conseguenze psicologiche possono essere estremamente gravi, può essere colpita sia l’area individuale che relazionale con effetti anche importanti sull’autostima, sulle capacità socio-affettive, sull’identità personale. Possono riscontrarsi anche difficoltà scolastiche, stati d’ansia, d’angoscia, depressione ed, in alcuni casi, idee suicidarie che a volte si possono tramutare in atti concreti.
Lo spostamento del bullismo su internet aumenta esponenzialmente le conseguenze negative del fenomeno essenzialmente per due ragioni: la diffusione pubblica dei dati relativi alla vittima e l’anonimato dell’aggressore. Quando il materiale finalizzato alla violenza viene diffuso in rete, è trasmesso contemporaneamente a moltissime persone, rimane disponibile online senza limiti di spazio e di tempo, e molto difficilmente può essere rimosso o cancellato. Queste peculiarità rendono l’aggressione così potente da avere effetti devastanti, anche se di fatto l’azione compiuta è una sola. L’essere costantemente connessi rende l’attacco sempre possibile, esponendo la vittima a una incessante azione persecutoria che la porta a sentirsi sempre più impotente, in uno stato di imminente pericolo e d’angoscia.
L’altro elemento specifico è l’anonimato: i cyberbulli, nascondendosi spesso dietro a pseudonimi e a IP (indirizzi di riconoscimento del proprio pc) camuffati, possono agire senza rivelare la loro identità. Un messaggio o un video denigratorio anonimo pone in una condizione di incertezza la vittima, che può sperimentare sensazioni di paura senza sapere da chi provengono gli attacchi, estendendola così a tutti i compagni, amici e conoscenti che vengono quindi temuti come possibili nemici. La mancanza di conoscenza dell’identità del bullo crea una vulnerabilità psicologica che si può manifestare in uno stato di ansia generalizzata, con possibili ripercussioni sullo stato fisico. L’anonimato ha un effetto particolarmente dannoso anche sul bullo che può aumentare la sua tendenza ad azioni aggressive. Nascondendo la propria identità, l’aggressore non teme di essere scoperto e punito. Inoltre, la mancanza di un contatto reale, visivo, con l’altro, e quindi anche con il suo malessere, fanno sentire il persecutore meno responsabile del dolore che procura.
La prevenzione di situazioni di cyberbullismo è possibile soprattutto con una buona informazione ed educazione che deve essere fornita dai principali ambiti di riferimento degli adolescenti: la famiglia e la scuola. Tali contesti, per il loro ruolo centrale nella crescita e nello sviluppo dei ragazzi, permettono di individuare, attraverso un’attenzione affettiva e un’osservazione costante, i comportamenti a rischio, accompagnandoli a un utilizzo corretto della rete. Sono fondamentali azioni di sostegno, anche se diversificate, sia alle vittime che ai bulli, per farli uscire dalla propria condizione di vittime/persecutori, chiedendo, se necessario, la collaborazione di specialisti.
Interventi specifici che si pongono l’obiettivo di potenziare le abilità sociali sono indispensabili all’azione preventiva. Progetti di educazione all’affettività e alla socialità sono opportuni per il potenziamento delle abilità psico-sociali, la promozione della cooperazione e della solidarietà e la mediazione del conflitto tra pari. Interventi di questo tipo favoriscono l’apprendimento di nuove modalità per comunicare in modo costruttivo e sviluppano l’empatia, la capacità di comprendere gli stati mentali altrui. Capacità indispensabile per lo sviluppo di quelle abilità sociali che rappresentano un elemento di protezione dal disagio psicologico.

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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