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da Francesco Monini

Ho letto sulla stampa locale l’intervento critico e ben documentato di Corrado Oddi sullo stato delle biblioteche cittadine. E ho letto la risposta un po’ stizzita del Vicesindaco e Assessore alla Cultura Massimo Maisto e del Sindaco Tiziano Tagliani. Nonostante i toni, a me pare possa venirne comunque un bene a patto che questa polemica possa lasciare spazio a un dibattito franco ed aperto sulla missione e sul futuro delle biblioteche a Ferrara.
Non sono “l’ultimo arrivato” (mi ha stupito che con queste parole poco eleganti Tagliani abbia “richiamato al suo ruolo di dipendente comunale” Oddi, il quale Oddi rimane un libero cittadino), ho infatti lavorato per più di vent’anni come Assistente di Biblioteca, a Ferrara e in provincia, compresa la Biblioteca Bassani di Barco allora da poco inaugurata. Ma non credo si tratti di esibire curriculum o competenze specifiche, basta e avanza la qualifica di cittadino, essendo le biblioteche non solo un servizio pubblico (uno dei pochi gratuiti rimasti sulla faccia dell’Italia contemporanea) ma una preziosa e insostituibile risorsa per la cittadinanza.
Intervengo quindi non per prendere l’una o l’altra parte, ma per tentare di inserire qualche elemento di riflessione e di proposta per il futuro.
I dati bibliotecari degli ultimi anni (citati da Oddi e non confutati da Sindaco e Vicesindaco) segnalano quello che è sotto gli occhi di tutti. Se però il 2016 ci consegna numeri allarmanti (un calo record dei prestiti, uno stanziamento di meno 50,000 Euro per gli acquisti, l’incertezza sulla tenuta della pianta organica) per risalire la china credo sia necessario adottare uno sguardo più ampio. Dopo una stagione che ha visto Ferrara (Comune e Provincia) fortemente impegnata sul terreno del rilancio e dello sviluppo del sistema bibliotecario partecipato (parlo all’incirca del ventennio dalla metà degli Anni Ottanta ai primi anni 2000), tale spinta propulsiva si è andata via via affievolendo. Voglio ricordare i due eventi più significativi, entrambi guidati con passione e competenza dalla direttrice di allora Alessandra Chiappini: Il complicato, faticoso restauro di Palazzo Paradiso e l’apertura della Nuova Ariostea, non più solo Biblioteca di Conservazione ma grande polo culturale e moderna biblioteca pubblica cittadina. Quindi l’apertura della Biblioteca Bassani di Barco, un “polo periferico” che ha dimostrato – pubblico e numeri alla mano – di poter diventare un grande centro culturale al servizio della città.
Nel 1988 mi sono diplomato Assistente di Biblioteca dopo un corso provinciale di 800 ore. Da allora, nonostante i vecchi bibliotecari andassero via via in pensione, nessun altro corso per bibliotecari e documentalisti è stato programmato a Ferrara. Da almeno vent’anni (molto prima dei sempre più cogenti limiti nazionali) non è più stato indetto un concorso pubblico per addetti alle biblioteche adeguatamente formati. I “buchi” sono stati coperti dalla mobilità interna, e senza un cospicuo programma di riqualificazione ed aggiornamento professionale (e questo non suoni come una critica agli attuali dipendenti comunali assegnati alle biblioteche che stanno facendo del loro meglio).
Non fermiamoci quindi a “fare le pulci” all’ultimo governo cittadino. Il declino dell’impegno pubblico verso la qualificazione e lo sviluppo delle biblioteche (tra l’altro Ferrara è in buona compagnia con altre realtà municipali). Questo declino, questa perdita di interesse, questo declassamento delle biblioteche a favore del “ciclo aureo”: mostre – musei -eventi – turismo, si fonda, io credo, su un limite di fondo nella visione della politica culturale.
Le biblioteche – anche a Ferrara, non solo a Ferrara – rischiano cioè di essere viste unicamente come “servizio di pubblica lettura”. quel luogo dove il cittadino-utente va a chiedere a prestito un libro o un video e se lo porta a casa. Per questo (soprattutto per chi preconizza la morte prossima ventura della lettura) rappresenterebbe un servizio di retroguardia, una realtà dove è inutile investire: nessuno sviluppo, al massimo sopravvivenza.
Questo modo di guardare alla biblioteca (una istituzione con più di 3.000 anni di storia e che si è saputa mille volte rifondare e reinventare) non coglie (lo coglie invece la sterminata letteratura a livello mondiale sull’argomento, basterebbe dargli una scorsa) la realtà di oggi, non assume la grande funzione sociale delle biblioteche, non individua le potenzialità di questi strumenti di servizio, di incontro, di partecipazione. In una società dell’informazione (un valore centrale e sempre più conteso e discusso) le biblioteche (chiamiamole pure mediateche) possono e devono diventare “agenzie della democrazia informativa”. Una agorà, una piazza aperta dove il cittadino trova risposta e orientamento al suoi bisogni informativi. Trova libri, giornali, video, informazioni di pubblica utilità, accessi a internet… e trova personale adeguatamente formato che lo assiste nella ricerca. Un spazio inoltre dove è possibile proporre e fare cultura, a partire dalle tante soggettività.
Quindi a Ferrara non serve solo recuperare alcuni anni di magra. Certo, anche questo. Sarebbe giusto stanziare, cioè spendere 1 euro per abitante per l’acquisto di patrimonio documentario (140.000 euro), e sarebbe perciò realistico raggiungere circa 170.000 prestiti annui (poco più di 1,2 prestiti per abitante, contro i 2 prestiti di altre città e regioni italiane o i 4 prestiti dell’Austria). Ma occorre soprattutto pensare un programma per la valorizzazione e lo sviluppo del servizio delle biblioteche pubbliche cittadine.
Occorre moltiplicare i rapporti tra biblioteche, scuole e musei cittadini (era questo in fondo il circolo virtuoso alla base del Gymnasium di Platone).
E occorre fondare nuove biblioteche (quei “granai pubblici” di cui parla l’imperatore Adriano di Marguerite Yourcenar), nuovi centri pulsanti di cultura e democrazia informativa, laddove non ci sono o sono insufficienti. Bene quindi la /nnn nnuova Biblioteca Ragazzi, ma ampliamo anche la Biblioteca Rodari (nel nuovo complesso edilizio previsto al posto del palazzo degli specchi? Sarebbe una buona idea), dotando la Zona Sud di un grande spazio polivalente. E pensiamo a fondare una biblioteca multiculturale e interetnica per le 80 etnie presenti a Ferrara, come stimolo fattivo a una politica del dialogo tra le diverse culture. Da questo punto di vista il contenitore ideale sarebbe già pronto: la grande sala al piano terra del grattacielo. Oggi è un luogo disadorno, degradato e isolato come tutta la Gad. Un centro culturale polivalente, con il coinvolgimento attivo delle varie comunità straniere sarebbe finalmente un modo per “riempire” un vuoto lasciato al degrado, alla illegalità e alla repressione.

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Riceviamo e pubblichiamo

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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