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Nessuna come Marsiglia. Nessuna città ho desiderato visitare, girare, annusare come Marsiglia. Nessuna ho, come Marsiglia, amato prima di vederla, sentirla, viverla.

Perché prima di riuscire, finalmente, ad andarci, l’ho vista, sentita, vissuta grazie agli scritti di Jean-Claude Izzo [Qui] , seguendo il suo “poliziotto” Fabio Montale nelle inchieste, nei suoi incontri, nei suoi percorsi.  E quando ci sono riuscita è stato per una breve ma intensa vacanza, tre settimane fa, con quattro amiche di canto e di avventure intellettuali.

Dopo la rapida ed efficiente fase di organizzazione logistica (aerei, hotel) parliamo poco, di questo viaggio, nei mesi precedenti. Forse i due anni di COVID ci hanno disabituate, forse tutte e cinque, ognuna a modo suo, desideriamo che questa città, subito ed inaspettatamente nominata come prossima meta dopo il precedente viaggio insieme, sia da scoprire in loco.

Di certo ognuna si aspetta qualcosa, si prepara a modo suo a questo incontro, ma ce lo diciamo solo in parte, prima di partire e, stranamente, non sentiamo il bisogno di un incontro comune per pianificare, proporre e studiare itinerari.

Condividiamo solo qualche brano di Jean-Claude Izzo riletto o appena scoperto e i consigli di una giovane amica architetta sulle tracce di novità urbanistiche, edifici e strutture assolutamente da non perdere.

Io ho con me il quadernetto su cui ho trascritto i posti preferiti di Fabio Montale, ricavati essenzialmente dalla trilogia (Casino totale, Chourmo, Solea) e dal gustosissimo, uscito postumo nel 2006, Aglio, menta e basilico.

Le parole che mi colpiscono mentre aspettiamo il volo all’aeroporto di Bologna, contenute nel primo capitolo di Chourmo, mi sembrano insieme un viatico e un pugno:

Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per sempre contro. Essere, violentemente. Solo allora ciò che c’è da vedere si lascia vedere. E allora è troppo tardi, si è in pieno dramma. Un dramma antico dove l’eroe è la morte. A Marsiglia, anche per perdere bisogna sapersi battere. 

Più una visione del mondo e della vita che la descrizione di una città, per di più una visione del mondo che mi affascina e che vorrei che fosse anche mia.

Ma noi ci fermeremo solo quattro giorni, pochi per vivere davvero alla maniera di Izzo e di Montale.

In aereo vedo per la prima volta due delle mie amiche di viaggio tirar fuori le loro guide e le sento enumerare e commentare. Siamo sedute su due file diverse per cui non colgo tutto, ma quanto basta per individuare già quelle che saranno, anche perché sanno un po’ di francese, a fasi alterne le ‘capogruppo’; ma so anche che il rapporto che c’è fra noi cinque è garanzia di una vera collaborazione e rispetto e condivisione di idee, desideri, proposte.

Come viene immediatamente dimostrato quando, arrivate all’aeroporto, ci basta una rapida consultazione sotto il sole caldo per decidere di preferire un taxi al treno-navetta, perché, nonostante sapessimo che il nostro hotel era vicinissimo alla Gare Saint-Charles, desideravamo arrivare più in fretta possibile.

Che si sarebbe arrivate in fretta abbiamo compreso appena partite: guidare e sorpassare erano la stessa cosa, per Messa il magrebino, come pure la sua velocissima parlata e il suo intrecciare racconti personali e offerte di tour personalizzati nei giorni successivi.

Ma noi i tour li volevamo decisamente personalissimi, nel senso di pensarli e realizzarli seguendo e interpretando alla lettera i nostri impulsi e desideri del momento. E, trattandosi dell’ora di pranzo, il momento, una volta entrate nelle stanze e posati i bagagli, doveva essere decisamente culinario.

Ci avviamo e imbocchiamo quasi subito (ce l’abbiamo a due passi) la Canebière e l’aria che respiriamo è proprio quella che ci aspettavamo: tanta gente, tanti colori, tanti odori.

Non posso dimenticare che Izzo, nel capitolo ottavo di Casino totale (1995), manifesta la sua contrarietà alle ristrutturazioni avviate in quegli anni “I cinema avevano chiuso, uno dopo l’altro, poi i bar. La Canebière non era, oramai, che un susseguirsi di negozi di vestiti e scarpe. Un grande ciarpame, con un solo cinema, il Capitole”.

Per rafforzare, nel capitolo dodicesimo, il concetto: ”Non c’era più neppure un bar. Alle sette, le strade diventavano vuote e tristissime come alla Canebière”.

Quasi vent’anni dopo, a noi appare una Canebière affollatissima, giorno e notte, di gente diversa e variegata, e purtroppo anche di famiglie intere di indigenti che dormono su materassini stesi sul largo marciapiedi.

Torniamo al nostro primo giorno, alle nostre prime ore marsigliesi. La fame è tanta e ci fermiamo nel primo bugigattolo etnico che incrociamo: come spesso capita quando non si è programmato nei minimi particolari un itinerario, ci tocca accontentarci di quello che a Ferrara si definirebbe ‘un pustazz’, ma è così bello stare qui che tutto va bene.

Poi, fin da subito, diventiamo più esigenti, per cui la tappa successiva è un barettino nella piazzetta del Marché Des Capucins per un profumatissimo the alla menta.

Ristorate e rinfrancate iniziamo una delle lunghe camminate che caratterizzeranno le nostre giornate: ora la meta è Le Vieux Port. La sua collocazione, su una baia ad arco, consente di arrivarci ogni volta da una strada diversa e, quindi, di cogliere ogni volta una diversa prospettiva.

Oggi ci arriviamo da sinistra, praticamente sotto la collina su cui domina la Basilica di Notre-Dame-de-la-Garde, come scopriremo una volta spostateci sulla riva opposta.

Mentre ci facciamo accarezzare dal vento e annusiamo l’aria del mare e respiriamo la luce azzurra, siamo attratte dalla vista di un gran numero di persone che sostano sotto una struttura rettangolare, che si svela compiutamente solo quando ci arriviamo sotto e alziamo gli occhi.

Ci vediamo specchiate sull’immensa volta: l’Ombrière, la pensilina realizzata nel 2013 su progetto di Norman Foster [Qui], uno dei miei architetti prediletti.

Visto che l’altro polo nostro di attrazione è l’architettura contemporanea, decidiamo di andare alla ricerca dei Docks, i magazzini portuali  riqualificati dallo studio di architetti genovesi 5+1, inaugurati nel 2015 a completamento della rivoluzione estetica che nel giro di pochi anni ha letteralmente cambiato volto alla città. Sono diventati centri commerciali e luogo di incontro e passeggiate sulla Joliette.

In tanto camminare e ammirare è arrivata la nostra ora del Pastis (per onorare l’affermazione del ‘nostro’ Jean-Claude “il Pastis faceva parte dell’arte di vivere marsigliese”) e approdiamo in un bistrot, sulla cui lavagnetta del menu tutte leggiamo “Pastis à toute l’heure“.Solo dopo esserci sedute al tavolino scopriamo, nel faticoso cercare di comunicare con la cameriera burbera e gesticolante, che in realtà c’era scritto “Plats à toute l’heure“.Comunque il Pastis ce l’ha (ci raccomanda di mettere un solo cubetto di ghiaccio) e ci accordiamo pure su due vassoi di affettati e sottaceti e pane a volontà.

Quando ripassiamo dal Vieux Port per dirigerci verso l’hotel decidiamo che domani sarà il momento de Les Calanques. Tre ore e mezza in battello, il cielo azzurrissimo, il vento tra i capelli e la voglia di catturare con lo sguardo e trattenere dentro di te tutte quelle meraviglie: le isole, le falesie bianche e grigie, che disegnano l’orizzonte coi loro contorni, l’acqua ora blu ora color smeraldo. E ogni tanto girarsi per vedere Marsiglia dal mare.

Fabio Montale, in Solea: “Se potessi arriverei a Marsiglia solo dal mare. L’ingresso del porto, una volta superata l’ansa di Malmousque, mi dava ogni volta grandi emozioni… La città, stamattina, era trasparente. Rosa e blu nell’aria immobile.. Marsiglia respirava la propria luce

In quel momento Marsiglia profumava di anice…Il porto era magnifico in quel punto. Entrava negli occhi. Le banchine. I cargo. Le gru. I traghetti. Il mare. Il castello d’If e le isole del Frioul in lontananza. Tutto era bello da vedere.

 

Dopo tanta bellezza, prevalentemente naturale, la giornata si arricchisce di altra bellezza, frutto della creatività e maestria e progettualità umana: il MuCEM, museo della civilizzazione europea e del Mediterraneo, realizzato nel 2013 su progetto dell’architetto marsigliese Rudy Ricciotti [Qui], che ingloba il Fort Saint-Jean. In un cubo in acciaio e vetro avvolto da un rivestimento esterno in cemento accoglie collezioni permanenti, mostre e un piacevole tetto terrazza con caffè e ristoranti.

Ci spostiamo poi verso la Ville Méditerranée ‘centro per il dialogo e gli scambi nel Mediterraneo’ costruito, sempre nel 2013, nell’ambito delle iniziative per Marsiglia capitale europea della cultura, su progetto dell’architetto italiano Stefano Boeri [Qui].

Il nostro ‘corso di aggiornamento dal vivo’ sull’architettura contemporanea prevede, il mattino successivo, la visita alla Cité Radieuse, vale a dire l’Unité d’abitation progettata da Le Corbusier [Qui], come manifesto di un nuovo sistema abitativo, funzionale e sociale e realizzata nel 1952.

Visitiamo il quarto piano, dove uffici, negozi e gallerie d’arte aperti al pubblico permettono di immaginare strutture e dimensioni degli appartamenti privati in cui vivono oggi circa 1000 persone. La terrazza al nono piano si spalanca ai nostri occhi con il biancore di grandi elementi architettonico-scultorei e ci riempie lo sguardo dei panorami grandiosi della ‘città radiosa’.

Siamo praticamente in zona Prado, dove ci attende la passeggiata nel Parc Borely, dal quale approdiamo alla spiaggia!!!! Siamo in spiaggia insieme ai marsigliesi: tante famiglie, quasi tutte magrebine, bimbi e bimbe che si gettano nella schiuma dei marosi, il vento che richiama il pericolo, il ‘bagnino’ o ‘gendarme di spiaggia’, che invita ripetutamente e calorosamente, dall’altoparlante, alla prudenza.

Il giorno seguente saliamo alla Gare Saint-Charles: non ho sbagliato verbo: per arrivare ai binari si affronta una monumentale scalinata in stile Novecento, con una profusione di statue allegoriche dedicate alla Marsiglia ‘porta dell’Oriente’.

Attraversata la bella galleria in pietra e vetro, aggiunta in occasione della ristrutturazione del 2007, scendiamo dalla parte opposta per raggiungere, con un altro dei nostri lunghi percorsi a piedi, La Friche La-Belle-de-Mai, centro culturale polivalente, ricavato nel 1992 attraverso il recupero delle ex manifatture di tabacco.

Raggruppa oltre 70 strutture e comprende, tra gli altri, una galleria d’arte, una sala da concerto, Radio Grenouille, teatri e sale espositive e una terrazza sul tetto dove in serata è previsto uno spettacolo teatrale.

Noi non ci saremo: ci figuriamo troppo stanche per pensare di ritornarci, visto che nel pomeriggio prevediamo di salire alla Basilica di Notre-Dame-de-la-Garde, perciò ci accontentiamo di pranzare nel ristorante e di girare negli spazi, pochi aperti ma comunque suggestivi e coloratissimi di migliaia di graffiti.

Un tram affollato, nel quale siamo le uniche con mascherina, ci porta alla base della collina su cui si erge la basilica; saliamo sotto il sole caldo solo in tre e veniamo premiate dalla splendida vista dall’alto, a 360 gradi, della città.

Il giorno conclusivo lo dedichiamo al Panier, il primo sito colonizzato di Marsiglia e il quartiere più antico di Francia; nel XX secolo magrebini, italiani, corsi vi si stabilirono a ondate e per anni è stato un quartiere decisamente popolare.

Ora è attrazione turistica, pur con le dovute contraddizioni, come Izzo aveva previsto e come appare chiaro in queste parole che leggiamo nel capitolo decimo di Chourmo: “il Panier somigliava a un gigantesco cantiere. La ristrutturazione era al suo apice. Chiunque poteva comprarsi una casa per un pezzo di pane e, tra l’altro, risistemarla completamente grazie ai crediti speciali del Comune.

Si abbattevano case, addirittura pezzi di strade, per costruire graziose piazzette o dare luce a quel quartiere che ha sempre vissuto nell’ombra dei suoi vicoli. Il giallo e l’ocra cominciavano a dominare Marsiglia italiana. Gli stessi odori, le stesse risate, gli stessi scoppi di voci delle strade di Napoli, Palermo e Roma. Anche lo stesso fatalismo rispetto alla vita. Il Panier sarebbe rimasto il Panier. Non si poteva cambiare la sua storia. Così come quella della città.”

Si sarà notato che, dopo gli aneddoti relativi ai nostri primi incontri col cibo marsigliese, non ho più descritto i nostri pranzi e cene; questo perché il nostro non era un Esperimento Marsiglia, come intitola Paolo Di Paolo [Qui] il suo appetitoso scritto sul suo peregrinare lungo Cours Julien in cerca di ristoranti e cucine, che ivi abbondano, delle più svariate parti del mondo.

Noi abbiamo mangiato salades e daurades e riso e salsa aïoli e ci è piaciuto quasi tutto, ma in realtà, ovunque ci fossimo fermate, cercavamo la bouillabaisse, un po’ per curiosità e molto per omaggiare, anche in questo modo, la nostra guida letteraria, Jean-Claude Izzo ça va sans dire. E non l’abbiamo trovata mai…

E allora mi piace dirmi che, un po’ come quando si dimentica qualcosa in un luogo come traccia di sé o come pretesto per poterci ritornare, a Marsiglia ci dovrò tornare e questa volta la bouillabaisse di certo riuscirò a trovare.

I libri citati:

Jean-Claude Izzo, Casino totale, Ed. E/O 1999 (prima edizione Gallimard 1995)
Jean-Claude Izzo, Chourmo . Il cuore di Marsiglia, Ed. E/O 2000 (prima ed. Gallimard 1996)
Jean-Claude Izzo, Solea, Ed. E/O 2001 (prima edizione Gallimard 1998)
Jean-Claude Izzo, Aglio, menta e basilico. Marsiglia, il noir e il Mediterraneo, Ed E/O 2006
Paolo Di Paolo, Esperimento Marsiglia, Ed. EDT 2019

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Maria Calabrese

Pugliese di Foggia, trapiantata a Venezia, poi a Ferrara, il che dimostra che amo le città belle. Amo altresì i libri, i quadri, i dischi, l’archeologia. Ho studiato letteratura e lingue classiche e le ho insegnate per molti anni con grande passione. Canto in un coro, studio la fisarmonica di papà. Amo scrivere ma ancor più leggere, anzi nel leggere e nell’incontrare scrittori mi capita di trovare linfa per il mio scrivere.

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(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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