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C’è un angolo del centro storico, che a dispetto della sua aria tranquilla, ultimamente è animato da alcune tensioni.
C’è un signore che è molto arrabbiato perché la casa dove si è da poco trasferito è vicina ad un centro sociale in cui ci sono dei ragazzi che fanno rumore. E siccome non gli danno pace, ha deciso di far loro la guerra, mandando ogni tipo di controllo, dalle forze dell’ordine all’Asl. Una sera che per l’ennesima volta gli hanno rovinato la cena con le prove dei loro concerti, si è anche presentato là dentro, tirando fuori tutta la sua disperazione, urlando “zecche di merda, vi mando Forza Nuova”. Visto che là dentro sono tutti “rossi”, gli è sembrata la minaccia più appropriata. Loro poi hanno annullato il concerto, e ora lui sta meditando le prossime mosse, perché non è finita qui.
Poco distante da lui vive Mariella, una signora che trent’anni fa ha preso casa in questa che è una delle zone più belle di Ferrara, via della Resistenza, abbracciata dalle storiche via Mortara e via Montebello. Un quartiere tranquillo di gente rispettosa e perbene. Di fianco a casa sua c’è sempre stato un centro anziani, di cui si percepiva la presenza solo quando qualcuno esultava per una tombola.

Poi tre anni fa la musica è cambiata. “Da quando al centro sono arrivati quei ragazzi che fanno i concerti, d’estate i miei amici non mi vengono più a trovare perché tanto in casa non si riesce a parlare per il rumore. E poi finito quello, quando vorremmo dormire, non possiamo perché la gente rimane sotto le nostre finestre a parlare. Non ne faccio un discorso politico, ma di regole civili”.
E mentre Mariella è sul pianerottolo che parla, esce anche Roberta. L’ha sentita e vuole dire la sua. “Io sono giovane come quei ragazzi, e capisco le loro necessità, sono contenta che facciano dei concerti, anche io suono, e non ho mai chiamato la polizia, né sono mai scesa a litigare, ma certe volte esagerano con il rumore, e poi una volta ero in salotto con le coinquiline e ci hanno lanciato un uovo, proprio a noi che li avevamo sempre difesi! Un episodio isolato, però ci siamo rimaste male”. Intanto dal portone entra Sandra, che sorride sconsolata perché ha già capito di cosa si sta parlando. “Si può essere d’accordo con le iniziative – dice – ma non con il rumore, d’inverno con le finestre chiuse non ci sono problemi, ma d’estate vien voglia di andare via. Io non voglio che questo diventi un quartiere morto, ma ormai l’unica che resiste è mia madre che è sorda!”.
L’argomento nel condominio è molto sentito e Stefania interviene dal citofono. “A noi non danno fastidio – afferma cercando di quietare gli animi – hanno abbassato la musica e i concerti finiscono prima, non ho lamentele da fare!”. Ma poco dopo un signore apre la finestra. “Non se ne può più di quelli là! Se sono mai andato a parlare con loro? Non ci penso neanche! Gli mando i carabinieri e basta”. E richiude la finestra.
C’è questo signore esasperato, c’è l’altro molto arrabbiato, ci sono Mariella, Roberta, Sandra, Stefania, e probabilmente ci sono altri vicini che avrebbero da dire la loro.

E poi c’è il centro sociale la Resistenza, al numero 34 dell’omonima via.
E’ ormai sera e sul viale d’ingresso gli anziani che hanno trascorso lì il pomeriggio se ne vanno incerti sulle loro biciclette mentre un gruppo di ragazzi arriva per l’aperitivo.
Lo stesso ricambio generazionale è avvenuto anche nel centro sociale tre anni fa, quando un gruppo di giovani volontari è subentrato nella gestione del posto, che rischiava di rimanere deserto.
Pur mantenendo l’affiliazione Ancescao e garantendo le aperture mattutine e pomeridiane del bar e delle sale ricreative per gli storici frequentatori, i nuovi arrivati hanno affiancato alle partite a trionfo e biliardo, anche altre attività.

Al piano di sotto si stanno radunando i primi arrivati per l’assemblea pubblica sulla gestione del centro che si tiene ogni mercoledì alle 20. Intanto al piano di sopra è in corso una diretta radiofonica nella sede di Radio Strike, emittente indipendente on line nata proprio nel centro. I conduttori, due insegnanti, stanno parlando dei problemi della scuola in un programma settimanale che si chiama Conflitti di Classe. Nella stanza accanto un gruppo di ambientalisti sta discutendo di come contrastare la realizzazione della Orte-Mestre. Attorno ci sono ancora i giochi utilizzati nel laboratorio teatrale per bambini che l’associazione Camaleonte ha tenuto nel pomeriggio.
In ogni angolo accade qualcosa.

“Sono ancora tante le attività che vorremmo avviare – dice Maria Lodi, presidentessa del centro – per esempio un corso per dj che si terrà il lunedì pomeriggio, o la biblioteca di quartiere intitolata a Stefano Tassinari, che inaugurerà sabato 15 febbraio dopo la manifestazione Via la Divisa, con la presentazione dell’Associazione contro gli abusi in divisa. Chiunque voglia venire per partecipare e darci una mano è bene accetto”.

Nessuno percepisce una ricompensa per il lavoro, ma tutto viene reinvestito nel centro.
“La gestione della Resistenza è un modello che viene studiato da diverse città italiane, perché non esiste una cosa del genere da altre parti” afferma Federico, una delle anime del posto.
“E poi – prosegue Maria – ci sono la ciclofficina dove si può imparare a riparare la bicicletta, il mercato contadino che si tiene due sabati al mese, le riunioni dell’Unione degli studenti, quelle dei migranti, i corsi di giocoleria e hip-hop. Questo posto è diventato un punto di riferimento per centinaia di persone, come ha dimostrato la partecipazione all’assemblea convocata d’urgenza dopo le minacce del nostro vicino”.

E poi ci sono anche i concerti del lunedì e del giovedì, che tanto fanno arrabbiare gli abitanti del quartiere.
Gli stessi organizzatori riconoscono che ci sono momenti, soprattutto d’estate, in cui la musica è alta, e diverse decine di persone si raccolgono all’esterno del locale.
“Siamo consapevoli di stare in mezzo alle case – dice Maria – quindi abbiamo abbassato i volumi e anticipato gli orari di chiusura a mezzanotte, abbiamo chiuso uno degli ingressi per non far sostare le persone sotto le case, ci stiamo dotando di materiali insonorizzanti per l’interno.
Ci hanno mandato un controllo dell’Asl e abbiamo chiuso la cucina perché non era conforme e per noi è stato grave perché era un’attività a cui tenevamo molto. Però ci stiamo adeguando a tutto quel che ci chiedono”.

Allora probabilmente la sfida più grande della Resistenza, accanto ai tanti temi di cui si occupa, è risolvere la questione più prossima a sé, ovvero quella della convivenza col vicinato, dell’integrazione col quartiere. Il rischio è la chiusura, e l’obiettivo di un centro che si definisca sociale diventa allora mediare tra le proprie necessità e il luogo in cui si trova ad operare.
La mediazione però, è un punto di incontro, al quale non si arriva né con le minacce né arroccandosi in difesa, ma con un’unica strategia: il dialogo.
Forse varrebbe la pena immaginare una riunione di quartiere con i ragazzi del centro e i vicini, o meglio ancora un pranzo, dove iniziare a condividere altro che non sia la tensione. I ragazzi ci avevano già provato, ma la riunione era andata deserta. E’ probabile che prossimamente sarà la stessa circoscrizione a proporre un’assemblea per cercare di far incontrare le due parti, in modo da garantire la tranquillità dei residenti, ma anche l’apertura del centro.

(La foto che correda l’articolo è di Luca D’Andria)

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Stefania Andreotti

Giornalista e videomaker, laureata in Tecnologia della comunicazione multimediale ed audiovisiva. Ha collaborato con quotidiani, riviste, siti web, tv, festival e centri di formazione. Innamorata della sua terra e curiosa del mondo, ama scoprire l’universale nel locale e il locale nell’universo. E’ una grande tifosa della Spal e delle parole che esistono solo in ferrarese, come ‘usta’, la sua preferita.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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