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“La disgrazia è una pianta dal legno resistente; a ficcarne un germoglio nella terra non c’è bisogno di occuparsene, cresce da sola, frondeggia, ne son piene le strade. Nel cortile dei poveri, poi, la disgrazia nasce in quantità, ma il popolino che abbia razza e coraggio sufficienti a far fronte a tanta disgrazia continua a vivere lo stesso.”
Teresa Batista, una mulatta bellissima e appassionata, è una di quelle creature che con la disgrazia ci è nata e per lei la pianta è fiorita molto presto. Ha sempre vissuto con il peso del suo fardello senza dare mai importanza alla disgrazia. Per lei contava l’allegria, “pianta capricciosa, difficile da coltivare, che fa poca ombra, che dura poco e che richiede terreno concimato, né secco né umido, né esposto ai venti.”
Le era difficile piangere, testarda come un mulo, audace, temprata dalla vita fin da bambina, “cuore di burro” solo per chi amava totalmente. Questo è il ritratto di Teresa nelle pagine di “Teresa Batista Cansada de Guerra”, “Teresa Batista stanca di guerra”, il memorabile romanzo dello scrittore brasiliano Jorge Amado (1912-2001), pubblicato nel 1972. Orfana di entrambi i genitori, ancora ragazzina tredicenne era stata venduta dalla zia al temibile Capitano Justiniano Duarte da Rosa, diventandone la sua schiava sessuale. Dopo numerosi tentativi di ribellione e fuga da quella vita insostenibile pervasa da una costante paura, Teresa si innamorò del giovane Daniel, sfidando le ire del Capitano che finì con l’uccidere. Salvata dalla prigione dal fazendero Emiliano Guendes, passò a un nuovo capitolo della sua vita diventando la mantenuta del suo salvatore, il quale la istruisce e le offre l’occasione di riconsiderare la vita in un’ottica diversa.

L’epilogo di questo legame tra i due coincide con la morte dell’uomo e Teresa, alla ricerca del filo conduttore della propria esistenza lasciata fino allora in balìa degli eventi, decide di seguire il medico Oto Espinheira nel sertão, la zona del nord est del Brasile dove le condizioni climatiche proibitive alternano siccità a inondazioni improvvise. Ma la guerra di Teresa Batista non è ancora terminata e la “disgrazia” questa volta ha il volto del vaiolo. Un’epidemia rapida e devastante: “Fosse, casse da morto, pianto e lutto. Più tardi i tempi si restringono; non c’è più spazio per il pianto e la preghiera.” E in quei giorni di vaiolo nero, uno strano e sparuto battaglione di prostitute di quei luoghi, capeggiate da Teresa, si sparpagliarono per la città di Buquim e le campagne circostanti a somministrare il vaccino, lavare gli indumenti degli appestati e gli ammalati con il permanganato, scavarono fosse e seppellirono la gente. Soccorsero i contagiati cacciati dalle fazendas, in cerca di un lazzaretto, che morivano spesso in cammino.
Finita l’epidemia, Teresa Batista decide di esibirsi come sambista in un cabaret di Salvador de Bahia e in seguito diventa prostituta per “non essere costretta a simulare affetto al protettore di turno”.

La sua vita però non è destinata a concludersi in un bordello e l’occasione per darle una nuova traiettoria arriva con l’ordine della corrotta Amministrazione locale di traslocare le case di tolleranza dal centro alle periferie, in fatiscenti e malsane costruzioni di proprietà di un politico ingordo di guadagno e consenso popolare. ”Tutto il meretricio deve sloggiare dal centro e andare a installarsi nella Città Bassa ai piedi della montagna.” imponeva l’ordinanza. “Chi godrà delle buone grazie della polizia avrà facilitazioni e vantaggi, ma guai a quelli che fanno parte della lista nera!”

La donna non esita ad organizzare uno sciopero tra le prostitute, che ha il sapore di una vera e propria rivolta, e sui giornali compaiono titoli come: VIOLENTO CONFLITTO NEL MERETRICIO; IL TRASLOCO DELLA “ZONA” SI INIZIA A LEGNATE; I CAMION DELLA POLIZIA FANNO IL TRASLOCO DELLE PROSTITUTE A RUA DO BACALHAU, con tanto di fotografie. Un provvidenziale incendio di vaste proporzioni, di origini sconosciute (!), che divora nelle fiamme i vecchi casoni designati dalla polizia come nuova residenza delle prostitute cacciate da rua Barroquinha, riporta tutta la vicenda a ragionevoli soluzioni. E mentre Teresa Batista, una volta ritrovata un’apparente normalità, incontra inaspettatamente il suo primo e vero amore, Januario Gereba, sparito nel nulla e creduto morto, tutto sembra rientrare in una nuova e più giusta dimensione, un nuovo inizio, perché la guerra di Teresa Batista è definitivamente conclusa.

Illustrazione di Erika Kuhn

Chissà quante altre donne, Anna, Caterina, Nunzia, Irene, Giorgia, Piera, Olga… stanno combattendo la loro guerra, armata, personale, familiare, sociale, e sono stanche di guerra. Le loro storie magari non avranno i colori di eterno carnevale che Jorge Amado riserva alle donne del suo libro, come in una ballata travolgente, condita di elementi fantastici e realistici mescolati insieme, ma saranno sicuramente storie degne di una rispettosa attenzione, storie che meritano un epilogo che rende giustizia e colloca tutte le tessere al loro posto, lontano dalla guerra.

 

Cover: illustrazione di Erika Kuhn 

 

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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