Skip to main content

Un ciclone. Un uragano. Un terremoto. Comunque la si voglia definire, l’immagine che queste storiche elezioni politiche 2018 restituiscono è quella di un impressionante cataclisma, destinato a segnare in maniera profonda il presente e il futuro del nostro Paese.
Ma se ampiamente atteso e prevedibile, almeno ai nostri occhi, appare il risultato nazionale, lo scenario locale che emerge ha invece un carattere in qualche misura sconvolgente, forse anche perché le scosse sismiche vissute in casa propria hanno un impatto emotivo più forte.
Specchio ed emblema della caduta degli dei è la sonora e inattesa – questa sì, inattesa e clamorosa – debacle del ministro Dario Franceschini, disarcionato da cavallo, proprio sulla pista amica, con la Lega che diventa secondo partito in città a un’incollatura dal Pd.

Tornando al panorama generale, l’affermazione del Movimento cinque stelle si presta a una duplice chiave di lettura: porta con sé la speranza di una politica di cambiamento improntata alla rottura dei rituali e delle liturgia della vecchia politica, delle rendite di posizione, proiettata verso la ricerca del bene comune e la semplificazione delle pastoie burocratiche; ma insieme è gravata dalla zavorra delle non poche ambiguità politiche, da una notevole dose di ingenuità e soprattutto dai sostanziali fallimenti che i Cinque stelle hanno registrato finora nelle loro esperienze amministrative, là dove hanno governato le città in questi anni.

Il risultato del Centro-destra, importante ma probabilmente insufficiente per propiziare la guida dell’esecutivo, era tutt’altro che inatteso, ma inquietante risulta l’affermazione della Lega che conferma nei numeri la sensazione di una cavalcata possente. Ed è questo un elemento che genera forte preoccupazione derivante dal carattere intollerante (sui temi interculturali in genere, non solo per gli aspetti razzisti) di cui il leghismo è espressione.

Inequivocabile e catastrofico invece è il giudizio sul fronte del centrosinistra. Rovinosa è la sconfitta del Pd le cui politiche sempre più moderate e distanti dai tradizionali orizzonti valoriali della sinistra sono sonoramente bocciate dagli elettori. E miseramente sprofondano anche le velleità del nuovo soggetto antagonista, Liberi e uguali, i cui propositi vengono castrati dalla trasformistica presenza fra le proprie fila di molti ingombranti vecchi rottami, emblemi della peggior sinistra ipocrita e affarista, che hanno presidiato (e inquinato) quest’area con la sola ambizione di consumare la propria personale rivincita e magari guadagnare il biglietto per un altro giro di giostra.

Ma, dato per acclarato lo scenario nazionale, la nostra analisi si incentra su quello locale dove il risultato – che pure è sostanzialmente specchio di quello nazionale – appare ancor più sconcertante, se non altro perché l’Emilia Romagna (e con essa Ferrara) è da sempre stata baluardo di una tradizione progressista oggi sonoramente messa all’angolo.

Qui, in casa nostra, ancor più che a livello nazionale, fa impressione la cavalcata delle valchirie leghiste e la loro debordante vittoria. Qui, fra un anno, si vota per il rinnovo dell’amministrazione comunale e l’attuale esecutivo locale unitamente alle forze politiche che lo sostengono, incapaci di fare argine, non possono rifugiarsi semplicemente nella constatazione che ciò che avviene è riflesso di ciò che è capitato in tutto il Paese. Tagliani, primo sindaco eletto in città estraneo alla storia politica della sinistra e in particolare dell’ex Pci, si è trovato catapultato in maggioranza in quanto esponente del Ppi e poi della Margherita, ma la sua vicenda di esponente della ex Democrazia cristiana e fino al 1999 di oppositore dai banchi del consiglio comunale dei sindaci alla guida delle locali amministrazioni di sinistra, ha forse contribuito al disorientamento del tradizionale elettorato cittadino che per decenni ha decretato i successi del Pci con la maggioranza assoluta dei voti.

Ciò che più preoccupa, qui e ora, è che la protervia e la tracotanza dei Naomo Lodi, che popolano le stanzette dei bottoni dell’emergente leghismo, possa trovare consenso e seguito nei prossimi dodici mesi anche nel cuore del futuro esecutivo locale. Occorre quindi, fin da subito e senza indugi, una profonda, seria e impietosa autocritica da parte di tutti i soggetti che gravitano nell’area progressista, una loro coerente presa di coscienza e la conseguente assunzione di responsabilità, con l’immediata discesa in campo di tutte le forze sociali in grado di contrastare una deriva di civiltà che potrebbe risultare devastante. E, accanto a loro, serve l’impegno attivo dei singoli individui che per mille ragioni in questi anni si sono progressivamente distaccati dalla politica attiva: solo così si potrà ridare ossigeno e credibilità al progetto di città futura.

Di fronte a un risultato che anche in città ha proporzioni sconcertanti, il sindaco Tagliani non può fare spallucce e attribuire la responsabilità alle ricadute della politica nazionale. Certo, si è votato per il Parlamento e non per il Consiglio comunale, ma il giudizio degli elettori ferraresi non prescinde dalla considerazione di quello che è il valore dell’azione politico-amministrativa svolta e la qualità degli amministratori che rappresentano a livello cittadino le forze politiche che si propongono per il governo del Paese.

Di certo, quella che è apparsa a molti una sostanziale inerzia, l’assenza di un disegno politico-programmatico per la città – cioè la chiara visione di un futuro sostenibile e e la coerente definizione di un progetto teso a garantire a Ferrara una prospettiva desiderabile, l’incapacità di contrastare i fenomeni di imbarbarimento della vita civile e di fornire serie risposte alle sottovalutate emergenze sul terreno della criminalità – sono macchie che sporcano la pagella dell’esecutivo locale e condizionano il giudizio dell’elettorato, a prescindere dai trend generali.
Prenderne atto con serietà e impegnarsi fin da subito a ridefinire un percorso virtuoso che riporti al centro della scena i valori ideali propri di una comunità che deve tornare ad essere coesa e solidale nel nome della civile convivenza e del reciproco rispetto e che sappia definire un orizzonte programmatico e un modello di sviluppo adeguato ai bisogni alle attese della comunità è ciò che i superstiti di questa squinternata sinistra devono immediatamente impegnarsi a fare. Ma, lo ribadiamo, non nel chiuso dei palazzi, bensì in un’ideale piazza aperta al concorso e al contributo di quella che tradizionalmente si è definita società civile, cioè quelle componenti libere, attive sul territorio, impegnate nel fare e profonde conoscitrici della realtà concreta che scaturisce dalla quotidianità. E questo deve avvenire subito, prima che questi valori di civiltà e di coesione sociale siano fagocitati dal gelido vento del nord.

Ripartire, per le componenti progressiste, non sarà facile. Il rilancio, per avere speranza di successo, dovrà necessariamente avvenire al di fuori degli steccati delle forze partitiche. Lo ribadiamo: la linfa deve arrivare da quei soggetti attivi sul territorio, che vivono a contatto con la cittadinanza, caratterizzati dalla concretezza del fare, capaci di coniugare i valori propri della sinistra con una schietta e realistica analisi del presente e in grado di definire nuove inedite ricette per una società malata che ha bisogno di ritrovare il proprio collante sociale senza ignorare i danni che al proprio interno dissennate politiche tese a tutelare un ipotetico sviluppo senza reale progresso e un imperante individualismo hanno determinato in questi ultimi decenni.
Bisognerà mettere da parte per un po’ l’io e tornare al noi, accantonare la vuota retorica e rimboccarsi le maniche, misurarsi con i problemi concreti e gli affanni delle persone in carne ed ossa, affrontare il gorgo della realtà con tutte le sue contraddizioni, sporcarsi le mani mantenendo però sempre lucida la mente, limpido il pensiero e specchiata la coscienza.

tag:

Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it