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Se dovessimo stabilire qual è il derby calcistico più caldo e passionale di Spagna, la scelta ricadrebbe probabilmente su quello di Siviglia: non per via del clima subtropicale, bensì per l’impareggiabile esaltazione collettiva che si porta appresso, e che col passare degli anni ha fatto sì che il dualismo Siviglia-Betis diventasse uno dei temi più chiacchierati del calcio iberico. Gli spagnoli lo chiamano el gran derbi, e viene vissuto alla stregua di un’intensa finale di coppa, perlomeno nel capoluogo andaluso. D’altronde, basti pensare che il 10% della popolazione di Siviglia ha un abbonamento stagionale ai due stadi del derby, cioè il Sánchez Pizjuán e il Benito Villamarín, i quali distano appena 3,7 chilometri l’uno dall’altro.

Così vicini, eppure così lontani: da un lato, Siviglia e Betis hanno in comune un passato tutt’altro che dominante in Liga – entrambe le squadre hanno vinto il massimo campionato spagnolo una sola volta, e per giunta negli anni ’30 e ’40 – dall’altro, l’estrazione sociale delle due tifoserie è apparentemente agli antipodi, e si basa sull’antica contrapposizione fra proletariato (Betis) e nobiltà (Siviglia). Una contrapposizione, questa, che al giorno d’oggi non è più supportata dai fatti.

A proposito di attualità, el gran derbi che si giocherà domenica 27 febbraio (ore 16:15) al Sánchez Pizjuán sarà probabilmente il più importante degli ultimi anni, nonché il più visto di sempre. Sarà anche, e soprattutto, il primo derby di Siviglia con le due squadre così in alto in classifica: il Siviglia di Lopetegui è secondo con 51 punti, il Betis di Pellegrini è terzo a cinque punti di distanza. L’undici di Lopetegui ha la miglior difesa del torneo e, nonostante i numerosi infortuni, può contare su una rosa ben costruita e su un equilibrio tattico consolidato. Il Betis, invece, è il secondo miglior attacco del campionato, e al momento è una delle squadre più imprevedibili del calcio europeo. Insomma, persino sotto quest’aspetto Siviglia e Betis non potrebbero essere più differenti.

Infine, il bilancio dei due precedenti nell’attuale stagione è di una vittoria a testa. Più che il risultato, però, è ciò che è successo sul campo a far parlare di sé: grandi giocate, espulsioni, polemiche e persino un’asta lanciata sul prato del Benito Villamarín da un tifoso del Betis. L’asta ha colpito il centrocampista del Siviglia Joan Jordán [Qui], causando la sospensione e il rinvio dell’incontro, conclusosi il giorno successivo all’incidente senza più tifosi sugli spalti. Tutto ciò ha inasprito ulteriormente la polarizzazione calcistica della città andalusa, il cui derby, tuttavia, sta per scrivere una delle sue pagine più attese.

Cover: foto di LaLiga

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Paolo Moneti

Sono un pendolare incallito a cui piacciono un sacco le lingue straniere e i dialetti italiani. Tra un viaggio e l’altro passo il mio tempo a insegnare, a scrivere articoli e a parlare davanti a un microfono. Attualmente collaboro con Eleven Sports, Accordi & Spartiti, Periscopio e Web Radio Giardino.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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