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Non ci si può arrabbiare subito subito. Proviamo allora a prenderla con ironia.
Nella nostra bella Ferrara, città d’Arte e di Cultura, sta prendendo piede un nuovo tipo di turismo. Non il turismo di massa dei nostri Lidi, o quello culturale del centro storico, o quello ‘dolce’ e ‘intelligente’, ma il turismo del pattume, più precisamente il ‘turismo Indifferenziato’.
Si tratta di un turismo locale, a corto raggio, e funziona pressappoco così. Dopo l’avvento improvviso, confuso, non documentato, delle fatidiche calotte, prima a Pontelagoscuro e a seguire in via Bologna e in altre zone urbane, il bravo cittadino ha davanti a sé quattro scelte. La prima: utilizzare la tessera personale, se ce l’hai, se ti è arrivata, se hai capito come funziona, e aprire la cassaforte della calotta. Ma è una scelta quasi impossibile. Rimangono tre alternative. Le prime due sono molto comode, anche se disdicevoli: lasciare il sacco della spazzatura ai piedi del cassonetto, o peggio, infilare il sacco del pattume indifferenziato nei cassonetti della carta e della plastica, essendo questi privi di calotte, quindi ad apertura libera.
Da ultimo, che altro può fare il buon cittadino, lo stesso cittadino che da anni fa diligentemente la sua brava raccolta differenziata e paga alla concessionaria Hera Spa la sua tassa?
Il buon cittadino ferrarese utilizza l’ultima alternativa, quella più civile, anche se fuori dalle regole. Non prende a picconate il cassonetto con in cima la calotta – anche se quel pensiero violento forse gli attraversa la mente – ma usa una specie di ‘difesa popolare non-violenta’. Prende il suo sacchetto di immondizia indifferenziata, inforca la bicicletta, o lo carica in macchina, oppure semplicemente cammina per qualche isolato verso… Verso il quartiere, la zona, l’isola ecologica dove ancora le calotte non sono state montate. Colà giunto, apre il cassonetto dell’indifferenziata e deposita il suo sacchetto. Pensate a una persona anziana o a un disabile, andare in cerca di un ‘cassonetto accogliente’ diventa una bella impresa, ma al paciug in qualche modo deve essere smaltito.
L’effetto è notevole. Se girate per Ferrara troverete che nelle zone senza calotte, la maggioranza, i cassonetti bollono, traboccano, eruttano sacchetti. Compresi quelli diligentemente e civilmente portati dai ferraresi che, ahi loro, abitano nelle zone di sperimentazione delle calotte.

Ma non si può continuare solo con l’ironia…
L’indecoroso e offensivo – per i ferraresi – spettacolo delle calotte merita qualche considerazione più seria.
Dopo svariati anni, proprio alla fine di questo 2017 scade la concessione a Hera Spa del ciclo dei rifiuti. La Giunta del Comune, compreso l’Assessore all’Ambiente Ferri, sembrano in difficoltà, anche se provano a difendere le scelte dell’azienda profit di cui sono ancora un piccolissimo azionista. Le minoranze sparse e i vari capipopolo non perdono l’occasione per incitare alla rivolta popolare; schiamazzano, promettono manifestazioni di piazza. Il solito copione.
C’è, invece, un’altra strada da percorrere. Più diretta, più intelligente, più democratica. Mettere in discussione la concessione in scadenza e procedere alla ri-pubblicizzazione del ciclo dei rifiuti. Il comune di Forlì, insieme ad altri dodici comuni del suo comprensorio, lo sta facendo. Ha già costituito una azienda pubblica – si chiama Alea – che a fine 2017 rileverà da Hera gli impianti e tutto il servizio rifiuti. Lo può fare anche il Comune di Ferrara. Basta volerlo. Basta organizzarsi.

I risultati della gestione Hera – questo nelle tardive assemblee informative di quartiere viene taciuto – sono più che deludenti. La raccolta differenziata a Ferrara è ferma attorno al 60%. Decisamente più bassa rispetto a molte realtà del Centro e Nord d’Italia.
Ma le calotte – è quello che ci viene raccontato – faranno innalzare questa percentuale. E’ possibile, forse probabile. Peccato che ‘la campagna delle calotte’ sia iniziata tardi e sia stata condotta malissimo. Nessuno ci dice quale sarà la tariffa che, a parità di rifiuti, una famiglia dovrà pagare con il nuovo sistema. Di meno? Quanto di meno? L’assessore Ferri dice che si stanno facendo dei calcoli, delle simulazioni. Ma non era più rispettoso – sempre verso il cittadino utente – che queste simulazioni fossero fatte prima di introdurre le calotte? Non era più civile e democratico informare per tempo i cittadini sul come e sul quanto? A oggi non è dato sapere nemmeno a quanti “conferimenti in calotta” (leggi: sacchetti del pattume) ogni famiglia avrà diritto, senza sfondare il tetto e quindi incorrere in una sovrattassa.
Il dubbio fondato è che questa tardiva, raffazzonata, mal gestita “campagna delle calotte” serva ad Hera Spa per dimostrare che è in grado di aumentare la percentuale della raccolta differenziata e quindi di meritare la conferma della concessione da parte del Comune di Ferrara.
Sinceramente a me non pare meritarsela. A fine 2017, salvo proroghe, scade la concessione a Hera per il trattamento del ciclo dei rifiuti. Hera Spa è una grande azienda animata da uno spirito privatistico, che fa utili per i suoi azionisti pubblici e privati. Hera pratica tariffe alte, a Ferrara le più alte di tutti gli altri capoluoghi emiliani.
I profitti di Hera Spa – anche se sul suo bilancio sono scritti con un altro nome – gravano sui cittadini utenti. In più, come si è detto, la qualità del servizio Hera e i suoi risultati sono tutt’altro che buoni. Nel ciclo dei rifiuti, ma sia detto per inciso, anche per l’acqua: a Ferrara si registra il 38% di perdite sull’acqua immessa in rete.
Non so come la pensino i cittadini ferraresi, a me pare che sul bene comune per eccellenza, l’acqua, o su un servizio essenziale come il trattamento dei rifiuti, sarebbe equo pagare non un euro di più rispetto al costo puro del servizio e dei necessari investimenti. Nessun profitto per favore.

Per ri-pubblicizzare l’acqua – come imponeva un referendum stravinto ma tradito – occorre un processo di una certa complessità. Si potrebbe almeno cominciare a pensarci. Ma sul ciclo dei rifiuti il processo è più semplice. E qualche città ha già fatto la scelta di assumere direttamente la gestione del servizio, per tutelare i diritti (e le tasche) dei suoi cittadini.
Un vero atto di coraggio e di sano realismo del Comune di Ferrara sarebbe questo. Far togliere le calotte. Ammettere di aver sbagliato i tempi e i modi. Chiedere scusa ai ferraresi per un metodo calato dall’alto, senza una vera consultazione e partecipazione. Ci pensi il sindaco: valuti seriamente la disdetta della concessione a Hera Spa del ciclo dei rifiuti.
Non sarebbe un piegarsi alle solite speculazioni di una minoranza dedita al cecchinaggio e al populismo di bassa Lega, ma un atto di responsabilità. Un modo per rispondere in modo civile e democratico ai buoni ferraresi che, giocoforza, si dedicano oggi al turismo del pattume.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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