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‘Banana split’ è il racconto di un’estate. Basterebbero queste parole a racchiudere il lavoro di Elisabetta Mazzullo e Davide Lorino, che andrà in scena domani sera alle 21 nello spazio teatrale di Ferrara Off, nuovo appuntamento della stagione invernale ‘Uno, nessuno, centomila’.

Banana split, una delle coppe più desiderate nelle lunghe serate estive, proprio quelle lunghe serate che Lu e Gillo, i protagonisti della pièce, passano insieme conoscendosi, loro malgrado. E poi l’estate, come ‘Sogno di una notte di mezza estate’ di Shakespeare, autore che entrambi, aspiranti attori, adorano e che diventa lo scrittore galeotto per i loro incontri.
Liberamente ispirato al racconto di Tobias Wolff ‘Due ragazzi e una ragazza’ con musiche originali dei Bettedavis, alias Elisabetta e Davide, ‘Banana Split parla di un’età magnifica, esplosiva e fragile allo stesso tempo: la giovinezza. E parla anche di come l’amore cambi continuamente forma e di quanto ci si innamori di idee fino a che non si trova qualcuno con cui si ha voglia di fare veramente un pezzo di strada. Poi, a un certo punto arriverà uno split, un taglio per decidere, per scegliere, per scegliersi.

Elisabetta è nata a Milano, ma vive a Rovigo, la musica la accompagna fin da piccola: canta in formazioni corali locali e studia pianoforte e oboe; studia filosofia e parallelamente crea con quattro amiche un quintetto vocale a cappella con cui per qualche anno si esibisce in Italia e incide un disco. Poi scopre la passione anche per il teatro ed entra alla scuola dello Stabile di Genova. Al suo attivo ha diverse collaborazioni sia in teatro, per esempio con Tullio Solenghi, sia in tv. Anche Davide, originario di Alessandria, ha studiato alla scuola del teatro genovese; nel suo bagaglio di attore teatrale ci sono per esempio il progetto U.r.t diretto da Jurij Ferrini e una collaborazione con il regista Giorgio Gallione; mentre al cinema ha recitato ne ‘Il partigiano Johnny’ e in ‘Gomorra’ di Garrone. Se lo strumento di elisabetta è l’oboe, il suo è la chitarra classica.
Ecco cosa ci hanno raccontato del loro ‘Banana Split’.

Elisabetta, Davide, come e quando nasce questo spettacolo?
Lo spettacolo nasce a seguito della vittoria della ‘Residenza Bellandi’ presso il Teatro Comunale di Pergine, un anno fa. Avevamo mandato solo una bozza, un’idea per partecipare alla residenza: è piaciuta e abbiamo vinto la possibilità di lavorare per un mese in una sala prove e di poter poi debuttare sul palcoscenico del teatro. In quel mese abbiamo scritto il testo, ispirandoci a un racconto di Thobias Wolff che era piaciuto a entrambi e che abbiamo modificato e rivisitato. Il tema di cui avevamo voglia di parlare era quello della giovinezza e questo racconto aveva al suo centro proprio due giovani che scoprono l’amore, perciò ci è sembrato perfetto per il nostro desiderio di raccontare le nostre fragilità e le nostre paure in uno dei periodi più ricchi della nostra vita: quello dell’adolescenza.

Il testo parla di una coppia e per di più di una coppia di aspiranti attori: credo il partner sia molto importante, come del resto lo è sempre. È il primo lavoro che recitate insieme o avevate già collaborato? Come vi siete scelti?
Ci siamo conosciuti qualche anno fa grazie a uno spettacolo del Teatro Stabile di Genova, ‘Amadeus’. Prima di diventare coppia nella vita era nato in noi il desiderio di creare qualcosa che potesse unire le nostre due passioni: il teatro e la musica. L’occasione è arrivata con la scrittura di questo spettacolo.

Ci raccontate qualcosa in più sui protagonisti? Quanto c’è di voi in loro, magari di quando anche voi stavate imparando questo mestiere o di quando vi siete scoperti innamorati?
I due protagonisti sono Lu e Gillo. C’è tantissimo di noi in loro, non solo per quanto riguarda l’apprendimento del mestiere di attori, che forse c’è in minima parte in questo racconto, quanto piuttosto per l’attitudine che questi personaggi hanno nei confronti della vita, di loro stessi, dell’amore, nel loro rapporto con il cibo e con il loro corpo, nelle loro paure e soprattutto nelle loro fragilità. Tuttavia non interpretiamo solo Lu e Gillo, ma anche alcuni personaggi che ruotano intorno a loro. Il gioco sta proprio nell’entrare e uscire da diversi piani di narrazione e, con pochi elementi, trasformarci.

‘Banana Split’, il titolo, gioca sulla coppa di gelato e sul ‘taglio’, sulla scelta che i due protagonisti saranno costretti a compiere a un certo punto…
Cercavamo un riferimento al cibo per dare il titolo al nostro spettacolo. Quando un pomeriggio al bar ci è caduto l’occhio sul menu che proponeva la ‘Banana Split’ ci è sembrato che fosse il titolo ideale. La coppa banana split è un dolce che ci ha riportati immediatamente alla nostra adolescenza, è un dolce colorato, ipercalorico, pieno di vita. Tra l’altro la parola ‘split’ che contiene sembrava richiamare il taglio, lo split che questi personaggi saranno chiamati a fare per crescere.
In quell’attimo nel quale si rendono conto che non sono più i genitori a scegliere, ma loro stessi.
Forse la prima volta in cui questo accade coscientemente e con gusto è proprio durante l’adolescenza.

‘Banana split’ incrocia più testi e linguaggi: la parola e la canzone, la prosa del racconto di Tobias Wolff da cui è tratto e i sonetti di Shakespeare. Come avviene questo intreccio? Come si crea la trama che armonizza tutto questo?
Diciamo che il testo ha avuto un suo percorso di scrittura autonomo, traendo spunto dal racconto di Thobias Wolff, ma rivisitandolo poi totalmente. Le canzoni sono state scritte in precedenza, ispirandoci ai testi dei sonetti di Shakespeare e questo ci ha aiutati a entrare meglio nel mood, nel colore delle situazioni che volevamo raccontare. Per questo le scene cadono dentro la musica, che fa da sfondo emotivo a ciò che accade e diventa azione teatrale, come se fossero i personaggi a parlare in quella canzone, o come se i loro pensieri e i loro sogni si facessero musica.

‘Banana Split’ arriva dopo ‘Sonnets’. C’è qualche altro progetto in futuro per il vostro Bettedavis duo? Come procede il vostro lavoro di ricerca fra musica e teatro?
Dopo questo spettacolo saremo impegnati nella messinscena di un altro lavoro, che prevede il contributo anche di un danzatore butoh, con cui collaboreremo per rendere i sonetti di Shakespeare non solo musica ma anche danza. Ci piacerebbe esplorare ancora di più, in un linguaggio del tutto personale, l’uso della parola parlata che cade nella parola cantata e l’uso sempre più forte di un movimento espressivo del corpo.
Abbiamo poi anche un progetto con un testo di una giovane autrice, che ci piacerebbe mettere in scena, ma di questo ancora non sveliamo nulla!!

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Federica Pezzoli


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