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A Ferrara – lo scrivevo qualche giorno fa –  continuano i contatti sottotraccia, i messaggi incrociati, le proposte di alleanze elettorali. Qualcuno comincia già a fare il nome del “candidato ideale”: chissà se per lanciarlo o per bruciarlo. Ma è proprio questa la politica? Forse la politica vera, quella fatta di contenuti, di idee, di proposte, magari anche di provocazioni, abita altrove: sempre a Ferrara, ma nel vivo della società, lontano dalle piccole strategie dei partiti e degli schieramenti politici. Basta guardarsi intorno; la città è tutt’altro che addormentata, anzi, è una città che si interroga sul nuovo, si riunisce in assemblea, parla, discute, chiede, propone. Gli esempi virtuosi sono davvero tanti.

Un bell’esempio, molto significativo – nuovo nel merito ma anche nel metodo –  andrà in scena tra un paio di giorni. Lunedi 22 ottobre il Consiglio Comunale di Ferrara, per la prima volta nella sua storia, si troverà a discutere una proposta di delibera di iniziativa popolare. Il testo, che reca la firma di 955 cittadini, chiede di istituire un tavolo partecipato per produrre uno studio di fattibilità finalizzato alla ripubblicizzazione del Servizio di Raccolta dei Rifiuti. Vedremo come andrà a finire.

C’è però un’altra iniziativa, direi clamorosa, che circola in queste ore nelle vene della società ferrarese. Simbolica? Certo, ma tutta politica, che chiede a Ferrara di compiere una precisa scelta di campo. Un gran numero di gruppi, associazioni di volontariato, sindacati, movimenti ed  enti laici e di ispirazione cattolica, sindacati, ong, cooperative sociali (l’elenco, già nutritissimo, è destinato ad allungarsi nelle prossime ore) ha sottoscritto una lettera aperta  indirizzata al Sindaco di Ferrara, alla Giunta e al Consiglio Comunale.  Chiedono di fare qualcosa  per salvare “il modello Riace”: dare la cittadinanza onoraria al Sindaco Mimmo Lucano e di gemellare la Città di Ferrara con il Comune di Riace.

In cosa consista il “modello Riace” si può dire in poche righe. Ed è un racconto che assomiglia a una favola. C’era una volta un sindaco, una persona normale – non un intellettuale, o un politico di rango, o un capopopolo –  a cui viene un’idea normale, tutt’altro che “rivoluzionaria”. Ha visto che anche a Riace arrivavano profughi, disperati, richiedenti asilo. E ha visto diminuire anno dopo anno gli abitanti del paese, le tante case vuote, i campi lasciati andare alla gramigna. Nasce così, dal riempire di vita il vuoto di un paese morente, dall’inversione del circuito tra una (secolare) emigrazione e una dolente (nuova) immigrazione, un modello di accoglienza e integrazione che ha fatto il giro del mondo, ricevendo premi e riconoscimenti internazionali.

Ora la favola si è spezzata. Qualcuno ha deciso di “rompere la favola” –   non è un reato previsto dal codice penale ma se vi è capitato di essere stati bambini sapete bene che si tratta di un peccato mortale. Mimmo Lucano, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per abuso d’ufficio, è stato sottoposto prima agli arresti domiciliari e quindi allontanato (ma perché?) dal suo paese. Intanto con una circolare il Ministro dell’Interno (di cui ora non ricordo il nome) ha deciso di smontare pezzo per pezzo il modello Riace, tagliando tutti i fondi al Comune e sloggiando i “clandestini”. Siamo così al colpo mortale. Se l’esperienza di Riace era un modello riuscito di umanità e convivenza, il suo azzeramento suona come un monito (e una minaccia) per tutti gli immigrati e per coloro – Chiesa compresa – che in tutta Italia si adoperano per l’accoglienza, il dialogo, l’integrazione.

Forse Domenico Lucano è colpevole di “disubbidienza civile”. Seguendo la sua coscienza ha disobbedito a norme ingiuste in nome di leggi superiori: il dettato della nostra Costituzione, la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, le leggi non scritte del diritto naturale. Solo per questo merita la Cittadinanza Onoraria di Ferrara. Ma in gioco c’è molto di più, salvare cioè quella straordinaria esperienza di umanità e solidarietà, salvare un paese come Riace che era tornato a vivere e che ora rischia di morire del tutto, tendere la mano ai nuovi arrivati come ai vecchi abitanti di Riace. Decidere di gemellare Ferrara con Riace non è quindi un semplice segno di vicinanza, ma comporta l’impegno a sostenere concretamente le tante iniziative – economiche, sociali, culturali –  che in questi anni erano fiorite a Riace. Se il governo italiano ha azzerato i fondi, quell’esperienza potrà continuare grazie al sostegno di Ferrara, delle sue istituzioni come della sua cittadinanza. Ferrara e tutte le città che vorranno seguire questa strada.

Il Sindaco, la Giunta, il Consiglio Comunale di Ferrara riceveranno a breve la Lettera Aperta. C’è da sperare che ne facciano motivo di attenta riflessione. Questa volta il gemellaggio non sarà l’occasione di piacevoli e spensierati viaggi in comitiva, ma qualcosa di molto impegnativo. Un impegno che tanti ferraresi sono pronti ad assumersi in prima persona: “Per favore, non rompeteci la favola”.

 

Continuano ad arrivare le adesioni alla Lettera Aperta. Dal GAD-Gruppo Anti Discriminazioni (che ha lanciato la proposta) alla Cgil, dalla Rete per la Pace ad Arci a Unicef,  da Pax Christi al Arcigay, dal CISV alla Coop. Meeting Point. Tantissime le associazioni:  Viale K, Cittadini del Mondo, Ferraraincomune, Orto condiviso, Filippo Franceschi. Papa Giovanni XXIII …

 

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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Francesco Monini
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