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da: ufficio stampa Ferrara Art Festival

Dopo la ripartenza, domenica scorsa, con l’inaugurazione di 4 mostre internazionali, il Ferrara Art Festival torna sabato 13 settembre accompagnato dal parallelo Racket Festival.
Il pomeriggio artistico inizia alle 17.30, alla Galleria Il Rivellino, con la mostra “Wonderland” dell’artista Alberto Besson.
Si prosegue poi la sera, con inizio alle 21.30, con un doppio appuntamento a Palazzo Racchetta: un momento narrativo e poetico che vedrà protagonisti due autentici outsider ferraresi, Pier Francesco Betteloni e Maurizio Ganzaroli, seguiti dal concerto in acustica dei Re Cane e Suo Marito.
Il momento artistico pomeridiano con l’arte del pittore cremasco Alberto Besson pone l’accento su di un mondo pieno di colore e frastagliato. La visione della realtà viene scomposta e stilizzata in tasselli di forme geometriche irregolari dalle tinte forti e piatte, in una mirabile e modernissima sintesi di reminiscenze colte della storia dell’Arte come il Puntinismo e il Cubismo filtrate da uno sguardo avvezzo ai pixel e ai colori accesi e innaturali dell’immagine elettronica. Così i fitti pois della trama puntinista si allargano in tessere più ampie di colore piatto e pure la scomposizione dei piani cubista si appiattisce e si semplifica in una sintesi più contemporanea dai colori squillanti. Accanto al canto gioioso del colore c’è il controllo della ragione cartesiana che tutto riduce a forme geometriche. E tutto, tutto… la sintesi formale, la scomposizione e ricomposizione geometrica delle immagine al limite dell’astrazione nel senso etimologico del termine, l’uso di colori squillanti e virati, innaturali… tutto ci conduce in un mondo fantastico e visionario. Una terra della Meraviglia…
Il momento serale con il Racket Festival vede invece le parole e la poesia del “poeta di strada” Francesco Betteloni e l’arte di Maurizio Ganzaroli.
Betteloni, poeta da tre generazioni, tra i protagonisti più inconsueti del recentissimo Buskers Festival col suo banchetto di improvvisazioni poetiche, leggerà alcuni suoi componimenti lirici con l’accompagnamento di spunti musicali sperimentali e post-futuristi di Ganzaroli, subito dopo a sua volta protagonista come scrittore con alcuni suoi brevi e incisivi racconti.
Quindi, dopo questo preludio letterario, seguirà un vero e proprio concerto in versione acustica dei Re Cane e Suo Marito.
Dice di sé il duo ferrarese: “Re Cane e Suo Marito esprime l’esigenza di tradurre emozioni e concetti in musica, percorrendo e proponendo una personale visione della realtà e del proprio vissuto”.
Re Cane e Suo Marito debutta originariamente con brani in versione elettronica proposti in diversi locali dell’Emilia Romagna (il Patchanka di Ferrara, Spartaco di Ravenna, Artlab di Parma, CCa Lughé di Lugo e diversi altri) accostando uno spettacolo teatrale al fine di interpretarne i significati. Nel tempo poi gli stessi brani sono stati rielaborati a due voci e portati in scena (e in strada) in versione acustica facendo emergere un impatto melodico, aulico e allo stesso tempo di vitale energia. I testi sono l’espressione di un vissuto reale con richiami a significati onirici e viscerali. Tra i luoghi dove si è esibito recentemente il duo è stato ospitato presso il centro sociale La Resistenza, a Cervia in occasione di una spettacolo estivo, a Punta Marina in occasione dell’evento “Open your mind Open your mic”, presso il centro sociale “Capolinea” di Faenza.
“La finalità ultima è di lasciare un’impronta significativa nell’animo di chi ascolta”.
Ripartono così a pieno regime gli appuntamenti del Ferrara Art Festival e del Racket Festival, il cui programma, fitto di spettacoli, concerti e presentazioni di libri, ogni mercoledì e sabato, sempre alle 21,30, sempre a Palazzo Racchetta, e sempre ad ingresso libero e con servizio bar, accompagnerà il pubblico fino ai primi di Ottobre.
Più spazio, in questa seconda parte del Racket Festival, verrà dato a letteratura e teatro, con autori e attori ferraresi e non, senza tuttavia dimenticare la musica, dal punk-rock di Re Cane e Suo Marito al blues di Paolo Bertelli e la sua Uncle Paul Blues Band. Sempre e comunque all’insegna dell’originalità.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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