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19 Febbraio 2018

Un simile grossolano errore

Tempo di lettura: 2 minuti


Come faccio ormai da un bel po’, ultimamente cerco di astenermi dal “leggere di musica”.
La scorsa settimana però, complice la mia recente fissa per “Paperback Writer/Rain” dei Beatles, ci sono ricascato.
Pensavo di muovermi in un campo sicuro, privo di mine e completamente ricoperto di fiorellini e altre cose belle.
Ma: mi sbagliavo.
Mi sarei dovuto lmitare a sparare tutto il giorno quei due pezzi a palla, avrei dovuto continuare a studiare le parti di basso del buon Macca ma niente, non ho ancora capito se sono troppo curioso o troppo stupido.
Ero partito bene, mi ero messo a cercare solo un po’ di dati tecnici su quel singolo rivoluzionario e poi sbam!
Ho pestato il rastrello che era nascosto su quel bel campo pieno di fiorellini e il manico mi ha beccato dritto in fronte.
Copio/incollo direttamente dalla fonte:
“L’esecuzione combina elementi di grande qualità, in particolare la sezione ritmica, ad altri che tradiscono la consueta fretta della prima parte della carriera dei Beatles. In particolare le esitazioni delle parti vocali, a tratti insolitamente a cappella, macchiano in modo significativo una performance che avrebbe potuto essere migliore. È difficile dire come mai i Beatles commisero un simile grossolano errore: l’evidente ilarità con cui John e George cantano Frère Jacques (la versione francese di Fra’ Martino) nel secondo gruppo di strofe rivela anche una noncuranza del tutto estranea alla consueta cura che il gruppo riservava ai propri 45 giri.”
Non lo so, sarò io che ho troppo senso del sacro o sono agro di questi giudizi lanciati lì dopo aver subito la tortura del trinciapollo ma: con tutta la musica orribile che ci sciroppiamo ogni giorno, dobbiamo davvero fare le pulci a un capolavoro come “Paperback Writer”?
Come ci si può riferire a quell’accenno a “Fra’ Martino” in questo modo?
Non è che forse, John & George, quel giorno, erano solo un po’ più cazzari del solito?
Che problema c’è?
I Beatles l’hanno sempre fatto ed è una delle cose che li rende grandiosi.
Evidentemente per molti non è possibile accettare questa cosa: molto spesso il genio usa un po’ di sana idiozia come appoggio.
Per me non è possibile accettare che molte persone non riescano ad accettare questa cosa che a me manda fuori di testa.
Quindi niente, torno nel mio buco dopo aver inflitto a chi legge, come pezzo della settimana, proprio questa “performance che avrebbe potuto essere migliore”.
Cordiali saluti.

Paperback Writer (The Beatles, 1966)

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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