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da: ufficio comunicazione ed eventi Unife

Parte da Ferrara una nuova fase di ricerca scientifica per combattere l’atassia spinocelebrale, una malattia degenerativa grave e incurabile.

Si chiama Atassia Spinocerebellare di Tipo I (SCA1) ed è una malattia genetica degenerativa che impedisce gradualmente alle persone di muoversi, rimanere in equilibrio, parlare, deglutire, respirare e, dunque, vivere.

Come accade per altre malattie genetiche rare, anche per l’Atassia è la ricerca scientifica la strada maestra per arrivare a mettere a punto terapie idonee a combatterla.

E proprio per far progredire lo studio di questa grave forma atassica, la Fondazione Acaref Onlus di Ferrara (Allied Community Ataxia Research Foundation) finanzierà un programma di ricerca presso il Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie dell’Università di Ferrara.

Nelle scorse settimane l’accordo tra Unife e Acaref è stato ufficializzato ed è iniziata una partnership che porterà un ricercatore a lavorare al programma di ricerca: “Costruzione di vettori non replicativi basati sul virus dell’Herpes Simplex di tipo 1 per lo studio di strategie terapeutiche mirate all’Atassia Spinocerebellare di Tipo I (SCA1)”.

«La nostra Fondazione – spiega Giampiero Domenicali, presidente Acaref – nasce per dare un sostegno concreto alle persone che soffrono di Atassia. Un impegno che riguarda, da un lato, la volontà di garantire assistenza e includere socialmente i malati di Atassia e dall’altro promuovere e sostenere la ricerca scientifica. Attivare, insieme all’Università di Ferrara, questo programma di ricerca è per noi un risultato importante, ma non è certamente un punto di arrivo. Vogliamo, invece, che sia l’inizio di una fase di ricerca mirata e continua che prenda in considerazione i risultati finora conseguiti e li porti avanti cercando nuove strade per conoscere e sconfiggere la malattia. Il nostro impegno è quello di finanziare i ricercatori anche nei prossimi anni per dare continuità alla ricerca».

Punta alla stessa continuità anche Roberto Gambari, Direttore del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie. «Il programma rientra perfettamente negli obiettivi di ricerca biomedica del Dipartimento. Qui esiste una collaborazione trasversale tra ricercatori che si interessano di biologia ed evoluzione, sviluppo e valorizzazione di prodotti per la salute, biologia molecolare e biotecnologie e biomedicina. Speriamo davvero che questo intervento abbia risultati scientifici importanti e possa rientrare in un programma di finanziamento continuativo da parte di Acaref».

Soddisfazione per l’attivazione del programma di ricerca anche da parte di Peggy Marconi, Responsabile Scientifica del progetto. «Il nostro obiettivo – spiega Peggy Marconi – è quello di sviluppare una terapia genica utilizzando vettori del virus dell’Herpes Simplex tipo 1 (HSV1). Un approccio nuovo che punta, sostanzialmente, a creare una proteina (Atassina Like 1) che riesca a sostituire quella patologica, causa della mutazione, e di modulare così l’evoluzione della malattia».

Nella foto, da sinistra: Roberto Gambari, Peggy Marconi e Giampiero Domenicali.

Per informazioni: Maria Grazia Campantico, cmpmgr@unife.it, tel. 0532 293243, cell. 335 1409739

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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