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“Risultato storico… mi viene da fare un raffronto con un’altra storica conclusione, che era quella dell’Unione monetaria, che è stata costruita nei dettagli negli anni successivi”. Questo ciò che affermava il prode Saccomanni, confrontando la non più futura Unione bancaria con un grande ‘successo’ del passato: il trattato di Maastricht.

Con l’Unione bancaria verrà meno, dal 1 gennaio 2016, la sovranità finanziaria dell’Italia, che andrà ad aggiungersi alla perdita della sovranità monetaria, già attuata e apportatrice dei grandi progressi occupazionali, sociali, di benessere e dei miglioramenti generalizzati della nostra vita quotidiana degli ultimi anni.
Ancora una volta una riforma che segue gli esiti di una crisi, che in un sistema liberista servono proprio per convincere le persone ad accettare quella riforma con rassegnata serenità. Lo Stato cede ulteriore potere ai sistemi finanziari e bancari, affermando che ciò potrà servire a stabilizzare il sistema. Cioè: eliminano l’unica arma che uno Stato ha per poter risolvere una crisi bancaria, quella di far intervenire la sua Banca Centrale. Ci dicono però che in questo modo i nostri risparmi saranno meglio protetti.

Eppure non molto tempo fa abbiamo avuto una grande crisi (nel 2007-2008 ricordate?) e da quella crisi si è usciti perché le Banche Centrali sono intervenute con iniezioni enormi di liquidità. Dopo aver fatto misteriosamente fallire la LehmanBrothers, la Fed ha salvato altri colossi del credito e addirittura assicurazioni come l’Aig, schiacciando tasti, come ha raccontato il suo presidente di allora Ben Bernanke, cioè utilizzando il potere che può avere solo una Banca Centrale: creare moneta e “senza utilizzare i soldi delle tasse dei contribuenti”.

Nel farraginoso, e a tratti insensato, testo sull’unione bancaria si stabilisce che le perdite per una risoluzione delle crisi bancaria dovranno essere a carico dei clienti. Le banche falliscono, e lo sappiamo bene, solo quando fanno attività speculative sbagliate o azzardate, ma noi le tuteliamo facendo pagare il conto ai clienti, che vengono abilmente contrapposti ai contribuenti da tutelare, come se gli uni e gli altri non fossero la stessa cosa.
Viene istituito un Meccanismo di Vigilanza Unico, cioè la vigilanza passa alla Bce. Quindi dovremmo essere tutti più tranquilli perché la Bce è indipendente. Peccato però che, in realtà, sia composta dalla Banche Centrali nazionali, a loro volta sono composte dalle Banche Commerciali. Insomma non ci sarà, al solito, vigilanza perché controllore e controllato sono, ancora una volta, la stessa persona.
Perché allora investire in una banca, oppure semplicemente lasciare soldi su un conto corrente, sapendo che non ci sarà più una Banca Centrale a tutelare il risparmio, uno Stato a dare garanzie, ma dovranno essere i clienti a farlo? Se si vietano gli interventi di Stato, che fine farà la famosa garanzia dei depositi fino a 100.000 euro? Alla fine di sicuro – anche se di sicuro oramai resterà ben poco – ci sarà il previsto meccanismo di risoluzione unico, che avrà un’operatività di cassa, nel 2023, dell’1% dei depositi: per dare una grandezza maggiormente percepibile, significa che su un milione di euro di depositi verranno accantonati diecimila euro per far fronte alle crisi. Questo dà molta sicurezza, in effetti.
Le decisioni in tema di salvataggio delle banche, in questa riforma, non potevano che essere affidate a un Comitato sovranazionale, dotato di immunità, che potrà operare in piena autonomia. Quindi più tecnocrazia sovranazionale da una parte e meno entità nazionali dall’altra che possano tutelare i cittadini, idea tra l’altro obsoleta in un mondo in cui il cittadino non è più al centro dell’azione politica.
Il tutto in linea con il futuro nazionale, che prevede più potere alla maggioranza, in modo che siano sempre meno persone a comandare e non a governare, per evitare inutili perdite di tempo,con una Camera sola e la maggior parte dei deputati decisi dalle segreterie di partito o dai suoi segretari.

La nostra Costituzione dà ancora alla Repubblica il compito di tutelare il risparmio, ma chi firma i trattati lo ignora e si concentra per eleggere giudici costituzionali allineati, anche a costo di fare melina in parlamento per mesi. Questo perché, ancora oggi, se ci fossero costituzionalisti svincolati e non politici a sedere in tali consessi, probabilmente tanti oscuri e illeggibili trattati non riuscirebbero a trovare spazio nella normativa nazionale.
Il 10 febbraio prossimo verrà proposto ai cittadini ferraresi un incontro in Sala Estense sui temi dell’Unione bancaria: si cercherà di fare un po’ di luce, con l’avvertenza che la soluzione alle crisi bancarie, e alle crisi in generale, è opposta alla tecnocrazia e ai trattati europei, ma necessita di politica seria e capace e, inoltre, che il governo assicuri più garanzie, stabilità e meno chiacchiere.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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