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Uno strano agosto, questo, vissuto in punta dei piedi sui ritagli della paura e delle insicurezze che ci hanno accompagnati nei mesi scorsi, ma anche su ciò che rimane dell’impellente voglia di andare avanti, di quella speranza che, in fondo e per fortuna, non ci abbandona.
Ricorriamo al nostro almanacco mentale per richiamare i ricordi belli di annate più fortunate, sorridendo al richiamo di luoghi, fatti e persone che abbiamo incrociato sulla nostra strada nello stesso mese, in un agosto diverso, quando tutto sembrava libero dal vincolo del timore, dell’ansia, della circospezione, degli interrogativi.
Se poi gettiamo lo sguardo a un passato comune, tra fatti ed eventi che hanno segnato molti dei grandi cambiamenti, scopriamo che l’ottavo mese del calendario non è affatto la parentesi di tempo in cui tutto riposa e viene ricondotto all’inattività, alla sospensione di quell’operatività legata semmai al resto dell’anno.

Agosto del 1904, Weed brevetta – e lo raccontiamo con un briciolo di ilarità – le catene da neve, mentre qualche anno più tardi a Le Mans in Francia, stesso mese e stesso entusiasmo, Wilbur Wright, in elegante abito grigio e berretto da golf, si libra in aria con il prototipo di aereo messo a punto con il fratello, per ben un minuto e 45 secondi. Nel secolo precedente, nell’agosto del 1891, Thomas Edison aveva brevettato il kinetoscopio, precursore del proiettore cinematografico, rivoluzionando lo spettacolo e l’intrattenimento, mentre nel lontano agosto del 1609, Galileo Galilei presentava al cospetto del Senato di Venezia il suo telescopio rifrattore, perfezionato da un modello olandese già esistente. L’alacre lavoro e la fervida inventiva dell’umanità non si fermano mai, nemmeno in agosto, come non si fermano i suoi aspetti estremi: la crudeltà demoniaca e la santità. Nell’agosto del 1934, dopo la morte del presidente von Hindenburg, Adolf Hitler si attribuì il titolo di Führer e Cancelliere del Reich, accentrando nelle sue mani i poteri dello stato, instaurando il regime totalitario che conosciamo. Nel periodo agostano del 1910 Padre Pio, destinatario di venerazione popolare di imponenti proporzioni, viene ordinato sacerdote e nel 1978 venne eletto pontefice Giovanni Paolo I, Papa Luciani, che segnò la storia della Chiesa con il suo brevissimo pontificato di 33 giorni e la sua prematura e sconcertante scomparsa. Volti che in quei giorni di agosto, epoca dopo epoca hanno impresso la loro eredità, scellerata o santa che sia, nel ricordo di oggi. E nel sangue finisce il 23  agosto del 1927  con la sentenza di morte e condanna alla sedia elettrica di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, anarchici italiani emigrati in USA. L’accusa è omicidio per rapina, un addebito fazioso, un verdetto pretestuale in un clima di ‘politica del terrore’ a sfondo politico, un’ingiusta condanna che suscitò proteste in tutto il mondo; un errore ammesso pubblicamente solo nel 1977 dal governatore del Massachusetts. Un agosto di sangue anche quello del 1990, che racconta dell’omicidio efferato della giovane Simonetta Cesaroni, accoltellata per 29 volte. Un delitto mai risolto, avvolto ancora nell’ombra, che ricorda molti femminicidi attuali. E poi ancora, l’uccisione di Libero Grassi (1991), un uomo tutto d’un pezzo che osò sfidare la mafia. Ed è proprio in agosto che viene ritrovata nel quartiere degradato di Whitechapel a Londra, la prima vittima del non identificato Jack lo Squartatore, Ann Nichols, a cui seguiranno altri macabri ritrovamenti tra agosto e novembre dello stesso anno, il 1888. Un’estate tragica, quella dell’agosto del  1956 nelle miniere di carbone di Marcinelle in Belgio, dove un devastante incendio produsse fumo asfissiante nei cunicoli, uccidendo 262 lavoratori, dei quali 136 immigrati italiani. Un agosto nero da ricordare con cordoglio anche quello delle stragi nella stazione di Bologna (1980) e dell’Italicus (1974), in un’Italia colpita al cuore che si confrontava con l’eversione e il terrorismo, in cui oggi commemoriamo le vittime. E’ agosto anche quando avviene la prima scalata del monte Bianco nel 1956 e due anni dopo viene intrapreso il primo viaggio in sommergibile, sotto i ghiacci del Polo Nord, da parte di W. Robert Anderson e il suo equipaggio, in una missione definita ‘impossibile’. Nemmeno le guerre si fermano ad agosto: la prima guerra del Golfo Persico (1990) e il bombardamento atomico di Hiroshima (1945). Ad alleggerire i ricordi legati a questo mese e conferire una nota di autentica bellezza, ci pensano gli avvenimenti di agosto datati dei secoli scorsi: nel 1483 l’inaugurazione della Cappella Sistina, nel 1778 la prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, nel 1793 l’apertura del Louvre, oltre che la più recente prima rappresentazione alla Mostra del Cinema di Venezia (1932). E ad agosto tocca anche l’onere e l’onore di essere depositario della proclamazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, testo elaborato durante la Rivoluzione francese, contenente una solenne elencazione dei diritti dell’individuo e cittadino. Un agosto da dimenticare, il nostro? No, un agosto da ricordare che comparirà negli annali, come tutti gli altri, contornato da una narrativa che creerà suggestioni, solleverà ricordi, scatenerà curiosità in chi vivrà altri tempi, intento a commentare volti mascherati, barchini strabordanti di esseri umani alla deriva, inondazioni e ondate di calore, inaugurazioni di ponti figli di un disastro, politici allo sbaraglio e cittadini alle strette. Ma la vita è bella, e l’estate dura poco. Andiamo avanti.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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