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2 ottobre 2021 : Anche oggi a Milano continua la  passerella di ministri e primi ministri all’incontro internazionale di preparazione della COP26 (qui) la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite che si riunirà a Glasgow, in Scozia, dal 31 ottobre al 12 novembre prossimi .

Fuori dal palazzo, in contemporanea, gli attivisti dei movimenti per la lotta al riscaldamento globale ci sono tutti per partecipare al contro-vertice: l’Eco-Social Forum, l’incontro delle associazioni e dei movimenti  (qui il programma degli eventi).
Decine di migliaia di manifestanti, soprattutto giovani e giovanissimi, chiedono a gran voce un reale cambiamento di rotta nella politica e nell’economia degli Stati/Nazioni. Uno STOP definitivo al consumo di fonti fossili per produrre energia, causa principale dell’aumento della temperatura atmosferica  e dei cambiamenti climatici.

L’obiettivo è chiaro ed è sempre lo stesso: bisogna limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi, Un obbiettivo che  purtroppo negli ultimi vertici tra gli Stati è già stato messo in discussione, tanto che ora si parla di non superare i 2 gradi.
Tra i due valori c’è un’enorme differenza rispetto all’impatto sugli ecosistemi e alla vita delle persone che vivono nelle zone più a rischio.

Non è più tempo di raccontare bugie e di fare discorsi inutili, ai quali nessuno crede più. Le connessioni causali esistenti tra quanto succede nel mondo per effetto dei cambiamenti climatici e le attività umane che generano i gas serra – tra cui l’anidride carbonica e il metano sono quantitativamente i più rappresentati –  sono conosciute da almeno 40 anni. E da tanto tempo climatologi e scienziati ne denunciano gli effetti devastanti per la vita umana e animale sul pianeta. Fino ad ora inutilmente.
Oggi non si può più aspettare, denunciano gli attivisti, si deve agire subito e in modo radicale! (leggi l’appello)

Da anni e, più intensamente, negli ultimi mesi, decine di organizzazioni grandi e piccole di ogni parte del mondo si sono preparate, studiando i problemi ambientali del proprio territorio, a questo momento di confronto per elaborare una piattaforma comune da portare alla COP26 di  Glasgow.

Cambiare rotta significa cambiare sistema sociale, economico e produttivo, perché il capitalismo (vecchio e nuovo) non ha prodotto solo gli enormi danni all’ambiente che tutti conosciamo, ma anche una forte ingiustizia climatica.

Ci sono Paesi del Sud del mondo – come Le Filippine, l’India e il Bangladesh, le isole del Pacifico, i Paesi dell’Africa sub-sahariana e dell’America del Sud –  nei quali gli effetti del riscaldamento climatico si fanno già sentire fortemente e gli attivisti denunciano come i Paesi più ricchi, dove vengono prodotte le maggiori quantità di gas climalteranti, sono rimasti completamente indifferenti  ai loro appelli e alle loro proteste, proseguendo colpevolmente nelle loro attività distruttive.

Gli attivisti per il clima di questi Paesi hanno rifiutato di riconoscersi come Sud del Mondo e la discriminazione basata su criteri produttivistici e si sono organizzati in una rete chiamata MAPA (Most Affected People and Areas) che significa: Popoli e Territori Maggiormente Colpiti, sottintendendo dai cambiamenti climatici.
Dalla loro protesta nasce il Movimento per la Giustizia Climatica (Climate Justice), rivendicata anche da molti gruppi europei quali Fridays for Future, Parents for FutureExtintion Rebellion, Ende Gelände, Giudizio Universale. Sono loro ad affermare chiarezza lo stretto legame tra diritti umani e diritto al clima come un unico diritto alla vita.

Milano, Friday for Future (su licenza Wikimedia Commons)
Milano, Friday for Future (su licenza Wikimedia Commons)

Il 29 settembre ha avuto luogo presso l’Università Statale di Milano l’evento Next generation: climate litigation, durante il quale è stata presentata la prima causa climatica contro lo Stato italiano che ha preso il via il 5 giugno scorso-
Più di 200 ricorrenti, tra cui 162 adulti, 17 minori (rappresentati in giudizio dai genitori) e 24 associazioni impegnate nella giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani hanno deciso di intraprendere un’azione legale (qui) contro lo Stato Italiano per inadempienza  climatica, ovvero per l’insufficiente impegno nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti, cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dalla nostra Costituzione.
L’azione legale, attraverso un atto di citazione davanti al Tribunale Civile di Roma, chiede la condanna dello Stato, imponendogli di realizzare un drastico abbattimento delle emissioni di gas serra entro il 2030, in modo da centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi sul clima: il contenimento massimo del riscaldamento globale entro 1,5°C

In contemporanea, all’Eco Social Forum, sempre a Milano, si svolgono i lavori e gli eventi della Climate Justice Platform (qui il programma), aperti il 30 settembre e che proseguiranno fino a domenica 3 ottobre.

Che cosa caratterizza questa piattaforma? Due cose: l’analisi della relazione tra la  crisi ecologica/climatica e quella sociale e politica globale e l’età dei partecipanti, in prevalenza giovani e giovanissimi.
Sono loro le vittime predestinate del cambiamento climatico, pertanto i principali soggetti interessati a che la crisi globale venga affrontata dai governi in modo definitivo. Vogliono partecipare ai processi ed essere coinvolti nelle scelte. Vogliono farla finita con il paradigma della crescita infinita, costruita sul dominio esercitato sui territori e sui corpi, sullo sfruttamento e la speculazione sul lavoro.

Salvare il pianeta vuol anche dire mettersi dalla parte dei popoli indigeni, contro la supremazia colonialista che i Grandi del mondo esercitano sui Paesi meno avanzati. Qui a Milano, a difendere i diritti dei popoli nativi e delle società rurali, sono presenti organizzazioni come Survival International, il Movimento per la Decrescita Felice, A SUD onlus, Animal Save international.

Dopo lo sciopero globale per il clima di venerdì 24 settembre che ha visto scendere in piazza tantissimi giovani in 70 città italiane [Vedi qui], il 1 ottobre un fiume di 50,000 ragazze e ragazzi, anche giovanissimi, arrabbiati ma pieni di speranza, hanno sfilato per le strade di Milano per il Friday for Future.

In testa al corteo, due ragazze con le idee chiare, Greta Thunberg (svedese) e Vanessa Nakate (ugandese), per dire che dal Nord al Sud del mondo, i giovani lottano per il medesimo obiettivo: la giustizia climatica. E contro gli stessi nemici: l’indifferenza e le bugie dei politici e degli Stati, la non volontà dei governi a compiere azioni urgenti ed efficaci per ridurre le emissioni inquinanti e contenere il riscaldamento globale.

Infine Ieri, sabato 2 ottobre 2021 – a conclusione di una ‘settimana verdissima’ piena di seminari, incontri, scambi culturali e di lotte – la Global March for Climate Justice, organizzata da Climate Open Platform e Fridays for Future Milano. Un corteo di almeno 30.000 persone, cui hanno aderito decine di gruppi, associazioni e movimenti, nazionale e locali.

A Milano il pensiero e il variegato movimento antagonista ha mostrato tutta la sua forza. Vuole salvare la Terra (“E’ l’unica che abbiamo”) e vuole cambiare il mondo. Dopo Milano la lotta continua, fra meno di un mese c’è un appuntamento importantissimo.
In Scozia, dal 31 ottobre al 20 novembre 2021, si terrà la 26esima edizione della COP, il vertice tra le nazioni del mondo per fare il punto sui cambiamenti climatici. Potrebbe essere l’ultima occasione per trovare un accordo. Ma a Glasgow convergeranno anche tutti i movimenti e gli attivisti ambientalisti. La loro voce è sempre più forte. I governi sono avvertiti.

Cover: Fridays For Future, Berlin, 24.09.21 (licenza Wikimedia Commons)

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Marina Carli

Nata x sbaglio a Ferrara, migrata in Toscana per studiare vi è rimasta per amore degli ulivi e delle viti, a cui ha dedicato gran parte della sua vita di studentessa e di agronoma, promuoverndone la cura attraverso tecniche agricole migliorative di agricoltura biologica, ed imparando ad apprezzarne i prodotti nei panel di assaggio. Hobbies: appassionata di cicloturismo. Politicamente: impegnata nel movimento femminista, nel movimento No Tav, nel Consumo critico e nel volontariato a favore delle persone migranti. Ma la vera aspirazione della sua vita è’ fare la contadina… e prima o poi ci riuscirà!

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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