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da: ufficio stampa Jazz Club Ferrara

Cucina lucana e musiche folkloriche del Mediterraneo s’incontrano fondendosi alle spericolate tarante di un esplosivo trio guidato dal miglior maestro di ukulele al mondo
Danilo Vignola, ukulele;
Giò Didonna, percussioni;
Valeria Cimò, voce, percussioni e danza

Venerdì 14 novembre tornano le prelibatezze proposte da Somethin’Else. Questa settimana piatti della cucina lucana e musiche folkloriche del Mediterraneo sposano le spericolate tarante di un esplosivo trio guidato da Danilo Vignola, decretato miglior ukulelista al mondo da Eleuke. Completano la formazione Giò Didonna alle percussioni ed il canto unito alla danza di Valeria Cimò.

Venerdì 14 novembre, a partire dalle ore 20.00, tornano le prelibatezze proposte da Somethin’Else.
Questa settimana succulenti portate della cucina tradizionale lucana si sposano a musiche folkloriche del Mediterraneo sulle note di spericolate tarante eseguite dall’esplosivo trio guidato da Danilo Vignola e completato da Giò Didonna alle percussioni e dal canto unito alla danza di Valeria Cimò.
Durante un’intensa attività che lo ha condotto a viaggiare tra Italia e Europa alla ricerca di poeti da accompagnare con il suo ispirato chitarrino a quattro corde, Danilo Vignola ha scoperto l’incredibile versatilità dell’ukulele, strumento con cui ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali fra cui il premio di miglior suonatore di ukulele elettrico al mondo conferito da Eleuke (2010).
Sperimentatore estremo, Vignola ha ‘strappato’ l’ukulele da radici prettamente hawaiane per proiettarlo in una dimensione del tutto unica e personale. Tra le sue mani questo strumento diviene canale prezioso per esportare sonorità legate all’identità del Sud Italia e soprattutto della Lucania insieme al percussionista e batterista Giò Didonna, unanimemente riconosciuto come uno dei più interessanti ed attivi maestri del ritmo.
Un’esplosione di suoni, colori e sapori da cui lasciarsi completamente travolgere tra ritmi sincopati e delicate melodie, strascinati all’Ndrupp’c (all’inciampo) e pizzicanelli lucani.

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JAZZ CLUB FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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