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da: Festina Lente Edizioni

Un’ esilarante giro d’Italia, regione per regione, dalla A alla V

“Il fatto è che più nessuno studia la geografia”.
Marco Bottoni, medico e scrittore con numerose pubblicazioni all’attivo, si lamenta così nella presentazione della sua ultima fatica letteraria.
“Ai miei tempi – continua – lo studio di regioni e province d’Italia con i relativi capoluoghi, nonché di mari, fiumi, laghi (immissari ed emissari compresi) costituiva un imprescindibile caposaldo del sapere, fino dalle scuole elementari, ma i ragazzi di oggi non conoscono più la geografia dell’Italia”. Così, quasi a cercare di riempire un vuoto, Bottoni consegna alle stampe ben venti racconti che Festina Lente Edizioni raccoglie in un volume intitolato “Venti buone regioni… per sorridere ancora”. E il sorriso è assicurato, visto che si tratta di racconti di genere umoristico, ognuno dei quali è, se non esplicitamente ambientato, almeno in qualche modo legato a una delle venti regioni italiane.
Il lettore viene accompagnato, in un insolito e divertente viaggio, a incontrare i protagonisti dei racconti e a scoprire nelle loro storie, sapientemente illustrate dal bravo Biagio Panzani, l’autentico spirito padano del “lumbard” e il non meno famoso spirito etilico del veneto, la proverbiale tirchieria del ligure e l’ideale filosofico di vita che è proprio del campano.
La geografia, si sa, è considerata dai più materia inutile e noiosa, ma accostarsi a questo libro può renderla un po’ meno ostica, e mettersi a leggerlo può farla diventare, se non avvincente, almeno divertente.
Non si tratta di una guida né di un atlante geografico, e il lettore non troverà, nelle 200 pagine (tutte di facile e godibilissima lettura) indicazioni stradali o itinerari consigliati. Non risposte a quesiti precisi, ma piuttosto l’assonanza, perfetta a livello umoristico, con la famosa domanda di Totò: “Per andare dove vogliamo andare, per dove dobbiamo andare?”
Con “Venti buone regioni… per sorridere ancora”, ognuno potrà andare dove vuole, anche senza usare il navigatore satellitare: in Abruzzo a sorridere di Saverio e dei suoi conigli, in Basilicata a ridere (anche se non starebbe bene) delle disgrazie di Aldo Mario; in Calabria a misurarsi con la diabolica intelligenza di Vincenzo e nelle Marche a conoscere un sindaco appassionato di pesca e poi in giro per una Italia fotografata per istantanee, passando da un racconto breve e fulminante a una storia che sembra non dovere finire mai.
Al lettore basterà girare le pagine una dopo l’altra e andare avanti così, via leggendo ma, più di tutto, via ridendo, perché se è vero che “fa buon sangue”, il riso che si miete a pieni occhi in questi venti racconti non abbonda solo in Piemonte, ma anche in Umbria, in Puglia, in Trentino, in Sicilia, in Sardegna…

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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