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Ha fatto bene Ferraraitalia, un quotidiano che alcuni accusano di amare troppo la Sinistra, a ospitare una lunga intervista a Nicola Lodi. Le sue parole sono molto istruttive: una lettura che consiglio a tutti i ferraresi maggiorenni che, fra poco più di due mesi, saranno chiamati a esprimere il proprio voto per il nuovo governo della città.
Nicola, detto Naomo, Lodi non è solo il segretario cittadino della Lega, ma l’esponente leghista di gran lunga più popolare, attivissimo sia nelle piazze fisiche che in quelle virtuali. E ha un grande pregio, sconosciuto alla gran parte della nostra classe politica, di destra ma anche di sinistra: Naomo è un libro aperto, non conosce sottigliezze e furbizie politiche: dice quel che pensa, e fa quel che dice.
Non è poco; intervistato da Jonatas Di Sabato, confessa: “Ultimamente mi sono istituzionalizzato. Ho fatto azioni meno eclatanti”. Sicuramente qualcuno più importante di lui gli avrà consigliato di abbassare i toni: siamo in campagna elettorale e non bisogna esagerare! Ma lui non ce la fa proprio; come si dice, ‘il ciliegio rimane ciliegio’, non si può forzare la natura. E Naomo è sincero per natura, un politico ruspante, un uomo che ama il megafono e il profumo delle barricate, non le trattative in giacca e cravatta.
Purtroppo le condanne che ha su groppone (l’ultima per la manifestazione non autorizzata anti-migranti a San Bartolomeo in Bosco) sbarrano a Naomo le porte del Consiglio Comunale. Ma Naomo è un uomo generoso e indomabile. Eccolo quindi impegnato in un tour de force nei quartieri e nelle frazioni di Ferrara per sostenere Alan Fabbri, suo superiore in grado e candidato sindaco di tutto il Centrodestra.
Ma Alan Fabbri è un animale – animale politico, intendo – del tutto diverso da Naomo. Alan è un ‘politico di razza’, un Matteo Salvini in sedicesimi, a suo agio su tutti i terreni: in consiglio regionale come su un palco ad arringare la folla, tra i pensionati del bar sport come nei circoli giovanili. Sa fare il Sindaco (per ora solo di Bondeno) come il fiero oppositore. Sa alzare il volume al massimo e parlare a bassa voce. Sa quando è il momento di usare le parole forti e quando invece conviene abbassare i toni, glissare, blandire, mediare, sedurre l’interlocutore.
Naomo è il gatto, Alan Fabbri è la volpe. Il gatto e la volpe, lo sanno anche i bambini, viaggiano sempre in coppia. Entrambi ci raccontano una Ferrara dei Balocchi e ci offrono un viaggio elettorale con un biglietto di solo andata. Ma che troveremo in questo paese meraviglioso? Ci saranno i fiumi di cioccolato e le montagne di zucchero filato? O rischiamo invece la stessa solenne fregatura capitata al nostro antenato Pinocchio?
Per capire quel che ci aspetta, per sapere come sarebbe davvero la Ferrara leghista, non dobbiamo ascoltare la volpe (decisamente troppo furba), ma il suo compare, il gatto Naomo. Un gatto tutt’altro che stupido, ma troppo genuino, troppo sincero per mentire o vendere fumo. Se vogliamo la verità dobbiamo ascoltare attentamente il gatto Naomo. Le sue parole sono d’oro zecchino.
Nella Ferrara dei Balocchi – parole di Naomo – l’unica cosa certa è che si moltiplicheranno le pistole e le divise: “Sarebbe bello in futuro vedere una pattuglia dell’esercito anche in centro”. Naturalmente non si lesineranno i “calci in culo” agli immigrati e si aprirà la caccia ai “nigeriani con i cappellini”. Pericolosissimi i cappellini! Quanto al Festival di Internazionale, non verrà cancellato ma servirà dare una bella regolata. Ugual sorte subirà il mondo dell’associazionismo e del volontariato sociale.
Insomma, per usare una ormai celeberrima citazione, anche a Ferrara “è finita la pacchia”. O, almeno, è quello che ci promette Nicola, detto Naomo, Lodi. Una Ferrara dove regna l’ordine e la sicurezza, con una camionetta o una pattuglia a ogni angolo di strada.
Pinocchio – anche questa è cosa nota a tutti i cittadini elettori – alla fine si lasciò tentare, prese la diligenza dell’Omino di Burro e arrivò nel Paese dei Balocchi. Finì malissimo.

 

in copertina elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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Francesco Monini
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