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agguato all'incrocioUn romanzo degno del grande Jules Verne, pubblicato oggi per la prima volta in Italia, una riscoperta avventurosa e piacevole quella fatta dall’editore Marcos y Marcos con Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame. Un gioiello. Paragonato anche ai Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift per il sapere coniugare fantasia e satira in un’allegoria dell’Inghilterra e della Francia settecentesca nonché nell’animo umano e della sua vanità, Lo strano manoscritto è uno dei romanzi di James de Mille più noto in Inghilterra, pubblicato per la prima volta nel 1888 e recentemente rivalutato, riletto e rilanciato (ne ha parlato anche The Guardian, vedi).

Come Swift faceva il resoconto di viaggi presso strani popoli, imitando e parodiando lo stile delle avventure di quel periodo (si pensi al Robinson Crusoe di Daniel Defoe), e criticava la società e il comportamento umano del tempo, così de Mille trova ogni pretesto per irridere i meccanismi del potere, la politica, la pretesa razionalità dell’uomo, i valori della società, i vizi e i comportamenti dei suoi contemporanei, l’assurdità delle convenzioni sociali, l’irrazionalità della guerra, il ruolo della morte e dell’amore.

James de Mille

Tutto si presenta alla rovescia, in un crescendo di storie e suspense.

Siamo sul Falcon, un elegante veliero bloccato dalla bonaccia tra Madeira e le Canarie, dove Lord Featherstone e i suoi tre compagni di viaggio, il dottor Congreve, lo scienziato Oxanden e l’amico Malick, ingannano l’attesa facendo gareggiare barchette di carta nella calma piatta dell’oceano trasparente. Così giocherellando, s’imbattono in un misterioso cilindro metallico, incrostato di conchiglie, che contiene un manoscritto affidato al mare da Adam More, naufrago in una terra lontana e sconosciuta, oltre i confini del mondo.

Gli amici, a turno, leggono quelle incredibili pagine, increduli, meravigliati e stupefatti: passano tra vulcani minacciosi, attraversano ghiacci e arrivano a verdi baie, dove uomini strani vivono con una filosofia, valori e tradizioni tutte loro. Paiono accoglienti e gentili, ma odiano la luce, (sopravv)vivendo in caverne buie, tristi e spoglie, e considerano la povertà come un grande privilegio, la ricchezza e il potere una temibile maledizione, la morte una meta ambita e l’amore corrisposto un’autentica e terribile calamità. Tutto l’inverso di quello che abitualmente si crede, di quanto sente Adam More, rappresentante di un’altra specie.

Fortunatamente, accanto a lui si trova Almah, anch’essa straniera, giunta lì per caso, molto simile a quell’uomo venuto da lontano. Entrambi sono legati e uniti dall’amore per la vita e la luce e s’innamorano perdutamente l’un l’altra. Ciascuno è pronto a sacrificarsi per l’altro, se non fosse che morire, in quel paese di ombre, è la più bella cosa, il più alto onore che si possa tributare a qualsiasi essere vivente… e poi chi si ama, in quelle terre, deve separarsi, quella è la felicita più grande. Ma per loro, cosi diversi, come poter fuggire insieme?

Fra le varie avventure, fra una pausa e l’altra, i quattro amici discutono, cercano spesso spiegazioni realistiche di quanto emerge dal manoscritto: forse si tratta di popolazioni di origine semitica, dalla «spiritualità» sviluppata fino alle estreme conseguenze e questo spiegherebbe la scelta della povertà come distacco dai beni materiali e l’esaltazione della vita ultraterrena, tipica di molte religioni successive, per esempio il Buddismo o il Bramanesimo. Forse si tratta di altro. Idee, discussioni, riflessioni e congetture di uomini colti e razionali.

Fra supposizioni e citazioni di classici, come L’Edipo a Colono di Sofocle, la Germania di Tacito, Il Paradiso perduto di Milton, eccoci allora proiettati nel non senso, in un’atmosfera avventurosa che ci chiede pathos, in una storia che ci fa viaggiare lontano e perdere nell’immensità della ragione e del suo contrario, evadendo forzatamente dalla realtà. E cercando una chiave di lettura del diverso che spesso ci disorienta. Da leggere.

 

Residenza di James De Mille al 72 South Park Street, Halifax

Il Kohen si strinse le mani, sempre più smarrito. / «Non riesco a capire» disse. «Un pazzo può anche pensare di amare la vita e desiderare le ricchezze, ma quanto all’amore, nemmeno un pazzo potrebbe pensare al contraccambio, perché la natura stessa della passione d’amore è la più assoluta dedizione, che escludeva di per sé ogni contraccambio; di conseguenza, il sentimento che porta a desiderare il contraccambio non può essere amore. Non ho idea di cosa potrebbe essere, anzi, non ho mai sentito parlare di una cosa del genere, non è mai stata registrata negli annali. Cos’è l’amore? È il flusso ardente di tutto l’essere, il desiderio di un cuore umano di sperperare tutti i suoi tesori per un altro. L’amore è più dell’annullamento di sé; è dedizione e assoluta abnegazione. / L’amore dà tutto e non può assolutamente ricevere nulla in cambio. Un amore ricambiato vorrebbe dire egoismo, sarebbe una contraddizione. Quanto più si ama, tanto meno si desidera qualcosa in cambio». / «Cosa?» esclamai io. «Tra voi gli amanti non si sposano mai?» / «Amanti che si sposano? Assurdo!» / Il Kohen scosse la testa. / «Purtroppo a volte capita» disse «ed è una situazione, ovviamente, angosciante. Per il bene dei figli i genitori spesso rimangono insieme, ma in molti casi si separano. È davvero una terribile disgrazia quando marito e moglie si amano». (…)

Da Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame, Marcos y Marcos, 2015, 332 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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