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Un vizio che conquista: è il populismo. Un vizio che ha antiche radici, un modo di pensare, di parlare, di agire, oggi sempre più diffuso nelle dinamiche politiche italiane e non solo. “Populismo, un vizio che conquista: la politica dei pifferai” è stato il titolo scelto per il terzo appuntamento della rassegna Chiavi di Lettura, il ciclo di conferenze organizzato da Ferraraitalia in Biblioteca Ariostea.
Relatori dell’evento: il sociologo Fiorenzo Baratelli, direttore dell’Istituto Gramsci, e gli esperti di comunicazione Luca Foscardi (fondatore di Dinamica Media) e Michele Travagli (fondatore di Kuva), moderati dalla giornalista di Ferraraitalia Ingrid Veneroso.

Una parola, ‘populismo’, che il linguaggio politico odierno rischia di “banalizzare come già fa con altri termini”, ha spiegato da Baratelli in apertura. E’ importante ricordare che “il populismo ha accezioni sia positive sia negative, è letteralmente la parola del popolo e per questo non ha etichette né di destra né di sinistra”. Per questo è un termine e un fenomeno che va analizzato “all’interno del contesto democratico – ha continuato Baratelli – poiché il populismo stesso nasce dentro la democrazia”.
Perché oggi il populismo è così in voga? Secondo il direttore del Gramsci le cause sono principalmente la crisi dei sistemi di mediazione politica (sfociata nella crisi dei poteri e dello Stato-nazione) e gli effetti della globalizzazione: “siamo entrati nella democrazia del pubblico”, inteso naturalmente come audience dei mezzi di comunicazione di massa, e come in circolo vizioso questo ha accresciuto ancora di più la mediatizzazione, la personalizzazione e la banalizzazione del discorso politico.
Una dinamica che si può invertire solamente grazie ad un maggior funzionamento delle istituzioni e della classe politica ma, soprattutto, in seguito alla ricostruzione di un’opinione pubblica oggi “spappolata e incapace di riorganizzassi”, ha detto Baratelli. E questo può avvenire solo restituendole uno spazio pubblico in cui i cittadini si possano di nuovo formare le proprie opinioni in maniera consapevole e non seguendo, appunto, l’uomo forte, il pifferaio di turno.

Chi la comunicazione politica la vive da vicino da anni è Luca Foscardi, che ha individuato una delle cause principali della recente grande ondata populista nell’altissimo tasso di analfabetismo funzionale: “in Italia sfiora il 35% della popolazione”. Inoltre l’esperto di comunicazione ha segnalato il “grande cambiamento delle dinamiche e dei focus dei media che, contemporaneamente alla crisi dei partiti, a partire dai primi anni Novanta ci ha fatto assistere a una crescente mediatizzazione della politica. Politici come Renzi e Berlusconi – ha continuato – sono due grandi artisti, interpreti del proprio tempo, hanno avuto e continuano ad avere così tanto successo mediatico perché abili a dettare l’agenda politica”.
Dove stiamo andando quindi? Foscardi ha concluso ricordando a tutti che oggi viviamo “in una campagna elettorale permanente, governata da un’esigenza sempre maggiore di comunicare da parte della politica, l’azione senza la comunicazione non funziona più, oggi quello che si fa va comunicato immediatamente, altrimenti è come non averlo fatto”.

“E’ sbagliato accostare sempre il populismo alla democrazia”, ha affermato Travagli, ammettendo poi che “siamo noi esperti di comunicazione in primis a dover semplificare le cose”, soprattutto in un mondo dove “tutto cambia così velocemente da non riuscire a starci dietro”. Travagli ha sottolineato anche come, in questa veloce evoluzione, stia cambiando la genetica stessa del mondo del lavoro: un esempio emblematico è il caso di Pizza Bo, la start-up di recente ‘trasferita’ dal capoluogo emiliano a Milano.
“Siamo tutti complici di questa enorme semplificazione politica” ha concluso Travagli, indicando come unica vera soluzione all’avanzata populista il “rivoluzionare completamente le scuole, ripartire proprio dalle basi, dalle radici, perché non è più possibile basarsi su modelli scolastici arretrati e ancora ottocenteschi”.

Guarda il video integrale dell’incontro “Populismo, un vizio che conquista: la politica dei pifferai”

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Andrea Vincenzi


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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