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Vincenzo Mollica, giornalista famoso, scrittore di molte edizioni di successo, fantastico disegnatore e creatore del Boopismo.

Vincenzo Mollica, uno dei giornalisti più conosciuti in tutto il mondo, modenese di nascita, vive a Roma, in pensione ufficialmente dal 29 febbraio 2020 dopo 40 anni al Tg1. Non ha mai perso la sua buona dose di ironia, anche di fronte alla degenerazione della vista e al Parkinson, “perché oggi il Parkinson balla il Rock&Roll”, come ha detto al direttore Carboni mentre gli reggeva il microfono durante i saluti e i ringraziamenti alla Rai e ai colleghi; anche “ai figli di mignotta”, sempre fedele ai suggerimenti dell’amico Federico Fellini: “Vincenzo, non sbagliare mai il tempo di un addio o di un vaffanculo”.

Non è solo uno dei più importanti giornalisti della Rai, dove si è sempre occupato di spettacolo, cinema, musica e fumetto, ma da oltre trent’anni è anche un eccellente disegnatore fumettista con la grande passione per l’arte contemporanea. La sua arte, rivisitata in chiave fantastica e con una buona dose di ironia, ha come musa ispiratrice Betty Boop, cartoons/femme fatale vissuta tra il 1931 ed il 1939.
Betty Boop è un celebre personaggio del mondo dell’animazione, nato negli anni ’30 e considerato primo cartone erotico. Betty è una ragazza alla moda con il taglio dei capelli corti e frangetta nerissimi, indossa vestitini succinti che lasciano poco spazio alla fantasia. Data la morale del tempo, venne considerata talmente troppo sexy da richiedere un intervento drastico: iniziò così a fare le faccende domestiche e ad accudire animali, sostituendo la mitica mise con abiti castigati. Oggi Betty Boop è un fenomeno di costume, con magliette, borse, orecchini etc e innumerevoli altri gadget con la sua effigie.

“Non saprei dire quando sia apparsa per la prima volta nel mio cervello la parola boopismo” racconta Vincenzo Mollica. “Sicuramente è stata una sorpresa, un qualcosa che ha attraversato la mia mente. Col passare del tempo mi ci sono affezionato e l’ho coltivato come una pianticella, mi sono fatto travolgere dai vaneggiamenti che suggeriva, che cominciarono così….Il boopismo, pur appartenendo a pieno titolo alla categoria delle avanguardie storiche del Novecento, non è mai stato delimitato come movimento artistico, nessuno è riuscito a stabilirne i confini. E’ durata dieci anni questa mia ricerca inseguendo indizi di un movimento artistico che per la sua storia ufficiale non è mai esistito. Tutto è iniziato una notte di marzo in cui nacque mia figlia Caterina, fantasticando su quali immagini giocose avrebbero potuto accompagnare l’avvio della sua vita”.
Nel corso di questa avventura Vincenzo Mollica ha incontrato alcuni amici che hanno voluto testimoniare l’incontro tra l’artista e la fede boopista. Gli scritti di Francesco De Gregori, Pablo Echaurren, Milo Manara sono da considerarsi come vere perizie sulla sua bizzarria.

La modestia del carattere di Vincenzo e la totale negazione per le luci della ribalta hanno fatto sì che tenesse per sé gelosamente, per moltissimi anni, questi stupendi disegni. Solamente nei primi anni ’90 si lasciò convincere a renderli pubblici. Fu proprio nel 1994 che ebbi l’onore di conoscere Vincenzo e le sue “Tracce di Boopismo”, partecipando come collaboratrice durante le prime fantastiche edizioni del suo Festival dell’Umorismo nell’Arte a Grottammare (Ascoli Piceno).
La sua timidezza venne finalmente sconfitta nel 2006, con una prima personale dei suoi fantastici disegni, “Scarabocchi senza fissa dimora”, ospitata presso il Complesso del Vittoriano a Roma. “Nei 53 anni che mi sono toccati finora ho disegnato a corrente alternata quando la vista e la fantasia me l’hanno consentito. Non ho mai vissuto il disegno come un esercizio, piuttosto come una merenda fuori programma”.

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Laura Rossi

Curatrice e insegnante d’arte. Ha recensito vari libri e ha collaborato con alcuni mensili curandone la pagina dell’arte come “la cultura e l’arte del Nord-est” e la pagina dell’arte di Sport-Comumi. Ha curato la Galleria Farini di Bologna e tutt’ora dirige e cura a Ferrara la Collezione dello scultore Mario Piva. Ha ricoperto per circa dieci anni la carica di presidente della Nuova Officina Ferrarese, con decine di pittori e scultori fino agli inizi degli anni duemila. Sue critiche d’arte sono pubblicate sul “Dizionario enciclopedico internazionale d’arte contemporanea” 1999/2000

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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