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(pubblicato il 16 aprile 2015)

Sono un vero lettore, lo ammetto, di quelli convinti e inarrestabili. Di quelli coinvolti e quasi compulsivi, di quelli che vivono nei libri e per i libri, che nelle pagine si perdono.
Sono una profonda amante dei libri, dell’odore della carta stampata, del rumore leggero dei fogli che accarezza i pensieri, dei segnalibri colorati. Sono una vera book-addicted.
Così, quando ho letto un simpatico articolo su vizi ed eccentricità dell’autentico lettore, segnalatomi da una cara amica, mi ci sono immediatamente riconosciuta e non ho potuto trattenermi dal condividerlo [vedi] e rielaborarlo, a modo mio. Sicura, sicurissima, che molti di voi ci si ritroveranno. Vediamoci dunque.

Avere sempre un libro con sé
Ci sentiamo persi, se nella nostra pesante borsa, nello zaino o nella valigia (spesso a mano) durante ogni viaggio, metropolitana, treno, bus o aereo che sia, non c’è un libro (e dico almeno uno, perché spesso ve ne sono due o tre). Chi cartaceo, chi elettronico, l’amato compagno è sempre con noi. Nelle sale d’attesa di stazioni e aeroporti, del medico o del dentista, mentre aspettiamo il rientro a casa del fidanzato o del marito, mentre l’acqua della pasta bolle. Sempre con noi, lui, una sicurezza.

Spese compulsive
Circondarsi di libri, sempre e ovunque. Amiamo alla follia biblioteche e librerie (non vi è città al mondo, dove non siamo entrati nelle principali, anche se non capiamo una parola della lingua del paese ospitante, poco importa, quindi, se non leggiamo cinese, giapponese, russo o portoghese), trasformiamo le stanze di casa in biblioteche, depositi di carta stampata, con volumi di ogni epoca e ogni parte del mondo. Le pareti sono librerie, i muri non esistono più, compriamo libri in continuazione. Saldi, Amazon, Bol, siti vari online. Mamma riceve a casa plichi di libri ogni settimana, mi domanda dove li metto e se mai riuscirò a leggerli tutti, certo che sì. Se poi il libro è raro, facciamo di tutto per accaparrarcelo. Il portafoglio ne risente un po’ ma è l’unico vizio…

Riferimenti letterari, sempre
Ogni episodio quotidiano ci ricorda una frase, una parola, una scena di un romanzo, un personaggio amato e perspicace, un passaggio felice di una storia a lieto fine. Qualcuno non capisce e s’imbarazza. Ma a ripagarci c’è il momento in cui il vero lettore come noi riconosce quel passaggio, quella citazione che ci avvicina. Ci sentiamo amici e complici. Rispetto, amicizia e gratificazione si stampano sui nostri visi ritrovati.

Assenze
Seduti in un angolo, da soli, o anche in mezzo alla folla, leggiamo e ci assentiamo. Dimentichiamo la realtà, il mondo che ci circonda, i problemi quotidiani, le ansie e le preoccupazioni. Avvolti dalle pagine, ci accorgiamo che è tardi, che stiamo per perdere il treno, che è ora di preparare la cena o di andare a dormire. Ci piacciono altri mondi, è vero, spesso ci perdiamo in quelli immaginari, che fanno meno male. E’ bellissimo passeggiare leggeri per boschi lontani e favole d’altri tempi, fantastico sognare.

Che reazione!
Di solito siamo calmi e tranquilli ma, se ci toccate l’autore preferito, possiamo subire una metamorfosi irriconoscibile. Da docili agnellini possiamo diventare tigri siberiane. Se, però, abbiamo in comune il libro del cuore, saremo amici per sempre… spiriti affini che non si lasceranno mai, perché ci siamo riconosciuti, trovati e non ci tradiremo mai.
Potremo parlare per ore e scriverci lunghe email o lettere. L’argomento comune sarà facile da reperire, anzi, immediato, non bisognerà nemmeno cercarlo.

Ira (funesta) al cinema
Tutte le incongruenze fra libro e sua trasposizione cinematografica e televisiva ci saltano immediatamente all’occhio. Che il libro abbia 100 o 1000 pagine, le scoviamo tutte. E poi, come si fa a fare un film di quattro ore da un libriccino di 50 pagine e uno di due ore da uno di 4000? Incontentabili, critici ferocissimi. Cattivissimi, siamo.

Il segnalibro
Tutto può trasformarsi in segnalibro, quando non è stato concepito come tale. La passione per i segnalibri è immensa e resterà per sempre, ne compriamo ovunque. Da quelli di pelle fiorentini a quelli ricamati e adornati da disegni e belle frasi di Baudelaire, fino a quelli di carta pergamenata o di sughero. Quando non li troviamo, perché persi in altri lidi, ecco che vi ci si trasformano volantini, biro, matite, carte d’imbarco, biglietti d’auguri, scontrini, figurine, cartoline, documenti, foglietti vari. Una riconversione molto più che ecologica. Mai le orecchie alle pagine, quelle mai e poi mai.

Regalare sempre e solo libri
Da questo punto di vista siamo grandi egoisti. Regaliamo solo libri (e quelli che ci piacciono), come se tutti fossero come noi. Dovremo chiederci come sia possibile che amici e familiari ancora ci amino, per questo difetto. Cerchiamo di trasformare in lettore chi lettore non è. A volte proviamo a cercare un titolo che si avvicini al carattere e al gusto del malcapitato ricevente, ma è abbastanza raro. Di che migliorare, molto.

Gli altri, personaggi di un romanzo
Ogni individuo, amico, conoscente o semplice passante è il personaggio di un romanzo. Il migliore amico o il nipotino assomigliano al Piccolo principe, la vicina di casa alla portiera de L’Eleganza del riccio, il fornaio a un personaggio di un film.

Siamo incorreggibili, ma secondo alcuni, anche tanto romantici. Oltre che allegri, un po’ stravaganti, vivaci e simpatici (così dicono). Ci piace il mondo che ci creiamo, quello dei romanzi che ci affascinano da sempre. Che possiamo farci? Ben poco.
E voi, cari lettori, vi ci ritrovate? Altri difetti dimenticati?

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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