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Secondo Oscar Wilde (“Il Critico come Artista”), il vero critico è un artista, un poeta. In Italia, e non solo, nessuno come Vittorio Sgarbi, forse ma strumentalmente più celebre come polemista e dandy moderno, incarna questa rara e nobile arte-vita.
Nei suoi libri d’arte, Sgarbi, con incredibile e rarissima quasi fotosintesi, mixa scienza della critica e poesia pura, archetipica ma dinamica: “una cosa bella è una gioia per sempre”, disse il grande poeta romantico John Keats; così la parola di Sgarbi come artista della critica.
Controcorrente, Sgarbi, come sempre: gioia e passione, scintillano nelle numerose esplorazioni estetiche; mai solo critica colta ed elevata al quadrato, quasi minuetti alla Mozart, per certa sublime leggerezza, e rara comunicazione, espressiva e profonda superficie psicologica e analitica sintetica.
Vera e propria arte-terapia contro certa estetica da addetti ai lavori, spesso autisticamente quasi criptici e morbosamente preda del dolore e della sofferenza incoronati essenza del fare bellezza, con focus a una dimensione, più pertinenti alla psicologia, semmai.
Malinconia e disperazione, il tragico della vita umana, naturalmente attraversa la dimensione umana, dell’artista forse in particolare: ma logica del senso dell’arte stessa è trasformare le lacrime in meraviglia, come fa Sgarbi.
“Piene di grazia. I volti della donna nell’arte” ( Bompiani, 2012), tra le numerosissime pubblicazioni, forse, è il vertice della penna desiderante e felice del celebre critico d’arte: un excursus stupefacente, attraverso capolavori dell’arte di ogni eone, dal Rinascimento al contemporaneo in particolare, del volto e l’anima e la bellezza e la sensualità della Donna.
Un inno alla Natura innamorante, incarnata dalla figura femminile: un inno in certa sinfonia quasi cosmica della Storia dell’arte, espressa, creata dal genio dei vari Cimabue, Masaccio, Van Eyck, Piero della Francesca, Antonello da Messina, Carpaccio, Leonardo, Raffaello, Gentileschi, Tiziano, Picasso, Klimt…
La donna, molto più dell’anima gemella Uomo, simultaneamente archetipo e corpo reale, Madonna e Madre e Amante, piena di vita, di futuro, di grazia e felice peccato di libertà…
“Piene di grazia” del libertino Vittorio Sgarbi è il manifesto del post femminismo del futuro prossimo, preludio geniale della Donna autenticamente libera, dal dolore e dalle paure non naturali, dal mito del femminismo stesso, libera da sé stessa, in quanto tale… la Donna, scienza della felicità e della creazione umana.

Sgarbi non ha bisogno, né sogno… di presentazioni: poeta come critico letterario, è forse il più creativo critico d’arte italiano contemporaneo… le parole sono fatti diceva Jonesco, basta scorrere ad esempio la sua bibliografia, di seguito solo alcuni testi, su Wikipedia l’elenco completo: “ll sogno della pittura” (1985, premio Estense 1985), “Davanti all’immagine” (1989, premio Bancarella 1990), “Il pensiero segreto” (1990), “Aroldo Bonzagni. Pittore e illustratore” (1887-1918), “Ironia, satira e dolore” (1998), “Giorgio De Chirico. Dalla Metafisica alla “Metafisica”. Opere 1909-1973″ (2002), “La stanza dipinta. Saggi sull’arte contemporanea” (2002), “Da Giotto a Picasso”, (2003), “Un paese sfigurato. Viaggio attraverso gli scempi d’Italia” (2003), Andrea Palladio. La luce della ragione. Esempi di vita in villa tra il XIV e XVIII secolo” (2004), “Dell’anima” (2004), “Guercino. Poesia e sentimento nella pittura del Seicento” (2004), “Le ceneri violette di Giorgione. Natura e Maniera tra Tiziano e Caravaggio” (2004), “Davanti all’immagine (2005), “Vedere le parole. La scrittura d’arte da Vasari a Longhi” (2005), “Le meraviglie della pittura tra Venezia e Ferrara dal Quattrocento al Settecento” (2006), “L’Italia delle meraviglie” (Bompiani, 2011), “Le meraviglie di Roma. Dal Rinascimento ai giorni nostri” (Bompiani, 2011) “Piene di grazia. I volti della donna nell’arte (Bompiani, 2011), “L’ombra del Divino nell’arte contemporanea” (Cantagalli, 2012), “L’arte è contemporanea. Ovvero l’arte di vedere l’arte” (Bompiani, 2012), “Nel nome del Figlio. Natività, fughe e passioni nell’arte” (Bompiani, 2012), “Il tesoro d’Italia. La lunga avventura dell’arte” (Bompiani, 2013), “Mattia Preti – Rubbettino” (2013), “Il punto di vista del cavallo. Caravaggio” (Bompiani, 2014), “Porto Franco. Gli artisti sdoganati da Sgarbi (EA Editore, 2014), L’Italia delle meraviglie. Una cartografia del cuore” (Bompiani, 2015).

Per saperne di più visita il sito di Vittorio Sgarbi [vedi] e la pagina di Wikipedia [vedi]

* da Roby Guerra, “Dizionario della letteratura ferrarese contemporanea”, Este Ediiton-La Carmelina ebook [vedi]

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Roby Guerra


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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