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di Roberta Trucco

Circa una settimana fa sul quotidiano ‘La Repubblica’ è stata pubblicata la traduzione di una lettera di Vargas Llosa, precedentemente apparsa su ‘El Pais’: ‘Care femministe, lasciate in pace i libri’. La lettera, una invettiva aspra e dura contro le femministe radicali, cominciava così “cerco di essere ottimista ricordando che, nonostante tutto, l’umanità non è mai stata migliore di adesso” (Popper).
Anche io sono ottimista, ma a differenza dello scrittore spagnolo, lo sono proprio perché oggi la rivoluzione femminista sembra uno tsunami inarrestabile. Nessuna risacca. E’ il femminismo che “ha aiutato e aiuterà a liberare l’umanità, liberando prima le donne e poi l’altra metà” (Punkrhuste).

Nel suo lungo articolo Vargas Llosa definiva certo femminismo, quello radicale – ma che significa? Uno modo subdolo per dividere le donne – il più risoluto nemico della letteratura. Addirittura più pericoloso della religione e dei totalitarismi. Elencava i nomi di grandi scrittori, premi Nobel per la letteratura, le cui vite e modi di stare al mondo vengono messi in discussione da scrittrici femministe con una certa dose di ragione. Inaccettabile per lui che l’assertività femminista possa avere la forza di mettere in discussione “i più grandi capolavori mai scritti”.”Se il male non si manifesta attraverso i libri il rischio è che si manifesti nella vita stessa”, argomentava in loro difesa. Peccato che alcuni degli autori messi all’indice dalle femministe hanno realmente condotto azioni fortemente discutibili, ma per Vergas llosa, dato che “la letteratura salverà il mondo” è giusto riconoscergli l’immunità. Certo suona bene la definizione secondo cui la letteratura è il veicolo che permette di far tornare in superficie quanto dell’umano mistero teniamo represso e che ci aiuta a comprendere meglio la vita e le contraddizioni insite in ognuno di noi. Ma gran parte dell’umano mistero resta represso e non torna in superficie perché nell’immaginario maschile le parole delle donne, fuori dall’ambito privato, continuano a rappresentare un pericolo. Nessuno confronto alla pari, nessuna discussione.
La sua invettiva contro le femministe mi ricorda tanto anche il suo discorso contro il referendum sulla Catalogna indipendente. Oggi chiunque mostri alzare il capo e ribellarsi pacificamente, ma con determinazione, contro l’establishment viene visto come un nemico e dunque va annientato. Sarebbe bene che la paura maschile di perdere posizioni di potere interrogasse nel profondo i maschi.
Se Nabokov ha scritto uno dei migliori romanzi del ventesimo secolo ne sono felice, ma a mia figlia voglio anche potere raccontare che era un pedofilo incestuoso e renderla curiosa verso altre voci della letteratura non incensate dai soliti circuiti di potere. I giovani l’hanno capito. Emma Gonzales, una delle leader del movimento studentesco #enough is enough, lo ha detto chiaramente: “Gli adulti amano i giovani quando prendono buoni voti a scuola e li odiano quando esprimono le loro opinioni con forza”. Vale la stessa cosa anche per le donne. Il patriarcato non tollera che vengano palesate le enormi contraddizioni che ci troviamo a vivere in questo momento storico tanto più se a farlo sono i ‘suoi’ figli e le ‘sue’ donne. Sarebbe auspicabile che ‘La Repubblica’ e ‘El Pais’ provvedessero a offrire ai lettori e alle lettrici un’intervista alle scrittrici femministe su questo tema. Mi interesserebbe molto un loro punto di vista. Siamo all’inizio di una nuova era e il mondo ha bisogno di una sinergia creativa tra uomini e donne e non di una guerra tra i sessi, né di una guerra tra generazioni, ma per fare questo, oggi, c’è bisogno che gli uomini di potere si mettano di lato e passino il testimone!

Ps. Per chi è interessato a leggere il breve decalogo proposto dalle femministe spagnole che ha suscitato la reazione del premio Nobel Vargas Llosa, lo può trovare QUI.

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Redazione di Periscopio


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Caro lettore

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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