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21 Settembre 2021

Voilà mon greenpass

Tempo di lettura: 2 minuti


Una nuova settimana è iniziata, una nuova settimana in cui sentiremo parlare ancora di qualcosa di sorprendente: il green pass.
Questa parola entrata così di forza nel nostro vocabolario – traducibile in italiano come “passaverdure” – rimarrà con noi per molto tempo, c’è da scommetterci.

Tralasciando il deludente dibattito favorevoli/contrari, davvero di basso livello, mi stupisco che questa cosa non abbia ancora avuto ricadute sulla moda.

In fondo quando furono introdotti i pacchetti di sigarette stampati con raccapriccianti immagini atte a scoraggiare l’uso delle paglie, ben presto presso i tabaccai sbucarono dei pratici “copripacchetto” pensati per infilarci dentro proprio lui, il pacchetto.
Mi chiedo allora come mai non siano ancora comparsi dei pratici “portagreenpass”.

Perché è certamente vero che ormai siamo tutti smart – specie i fan del greenpass – ma: molte persone facenti parte della cosiddetta “terza età” non hanno uno smartphone e quindi si vedono costrette a stampare il loro greenpass presso le copisterie.
Questo porta poi spesso a rovinare il proprio greenpass in vari modi: utilizzandolo ai controlli, confrontandolo al bar con quello dei propri amici, giochicchiandoci a casa mentre si è intenti a rimirarlo.

È per questo che spero vivamente che la moda faccia il suo dovere, riportando in auge l’orologio da collo reso celebre dal mitico Flavor Flav dei Public Enemy fra fine anni ’80 e inizio anni ’90.

Un tale accessorio si presta davvero molto a essere riconvertito in un simpatico e ridanciano “portagreenpass”: basta infilare il proprio greenpass nel quadrante dell’orologio, sempre pronto all’uso ma con un tocco di giovialità.

Lancio dunque questo appello e spero che qualcuno lo ascolti provvedendo a una celere immissione sul mercato di quest’accessorio utile senz’altro ai non possessori di smartphone ma – perché no – anche a chi persino in tempi così tristi ha sempre a cuore il buonumore.
Buona settimana.

Welcome to the Terrordome – Terrormental (Public Enemy, 1990)

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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