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da: Ilary Bottini

Lo scandalo delle emissioni di gas truccate costa a Volkswagen il primo rosso trimestrale in oltre 15 anni

Commentando le enormi perdite del Gruppo Volkswagen, Andre Spicer, Professore di comportamento organizzativo alla Cass Business School di Londra, dichiara: “I dirigenti di Volkswagen devono affrontare decisioni difficili. Alcune opzioni a breve termine possono includere tagli della forza lavoro, la vendita di marchi in perdita (come Bugatti), oppure una maggiore enfasi sulle marche incontaminate (come Audi o Skoda). Le enormi perdite comunicate da Volkswagen ieri non sono altro che il prezzo da pagare per un cattivo comportamento. Come molte altre società, in un primo tempo la casa automobilistica si è posta obiettivi impossibili e, non essendo in grado di raggiungerli, ha deciso di imbrogliare per compensare il gap. Per tornare ad essere il più grande fabbricante automobilistico europeo in termini di redditività, i dirigenti di Volkswagen devono affrontare decisioni difficili. Alcune opzioni a breve termine possono includere tagli della forza lavoro (Volkswagen usa quasi il doppio dei lavoratori per la produzione di auto rispetto ai concorrenti), la vendita di marchi in perdita (come Bugatti), oppure una maggiore enfasi sulle marche incontaminate (come Audi o Skoda). C’è come una tendenza tra gli alti dirigenti a voler spazzare via tutte le cattive notizie in una sola volta.
Tuttavia, a più lungo termine, le cose possono farsi complicate. Bisogna ripensare la dipendenza attuale ai diesel puliti e esplorare altre tecnologie, come gli ibridi. Ma i concorrenti hanno già un grande vantaggio competitivo. Volkswagen deve ricostruire la sua fiducia, gli espedienti a corto termine e le PR sono insufficienti. Infine, l’organizzazione ha bisogno di applicare processi e provvedimenti per garantire che analoghe infrazioni non accadranno più in futuro. Questo significa riformare le strutture di governance e trasformare la cultura della società, garantendo ai dipendenti il diritto di parlare quando vedono che qualcosa va storto. La mia ricerca su On the Forgetting of Corporate Irresponsibility (Il dimenticare dell’irresponsabilità aziendale) suggerisce che, quando le imprese si trovano di fronte a una crisi come questa, è fondamentale che vengano messi in atto meccanismi per garantire che non si dimentichino le lezioni apprese. La grande ironia è che questa non è la prima volta che Volkswagen è in difficoltà a causa dei dispositivi di montaggio difettosi. L’azienda è stata multata dalle autorità statunitensi nel 1974. La vera tragedia è che non sembra ricordare nè aver imparato qualcosa da questa dura lezione. “
A proposito di… Cass Business School
La Cass Business School della City University di Londra offre programmi d’istruzione, formazione, consulenza e ricerca innovativi, qualificati e all’avanguardia. Situata nel cuore di uno dei maggiori distretti finanziari al mondo, Cass è la business school della City di Londra.
I programmi MBA, i Master specialistici e i corsi universitari offerti godono di un’ottima reputazione a livello internazionale grazie all’eccellenza accademica; la Scuola accoglie circa 100 studenti PhD. Cass offre il più ampio portafoglio di programmi Master specialistici in Europa, e il suo programma Executive MBA occupa il decimo posto nella classifica mondiale stilata dal Financial Times.
Nelle aree Finanza, Scienze attuariali e Assicurazioni il corpo docenti di Cass è il più nutrito d’Europa. La Scuola rientra tra le prime dieci business school britanniche per la ricerca nelle aree business, management e finanza; il 90% delle ricerche svolte ha rilevanza internazionale.
Cass è il luogo dove studenti, docenti, esperti dei vari settori, business leader e responsabili politici possono arricchirsi grazie alla condivisione delle idee. Per maggiori informazioni visitate il sito www.cass.city.ac.uk.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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