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Da: Ibo Italia

Era il gennaio del 1957 quando Padre Angelo Marcandella, giovane sacerdote italiano inviato dal Belgio, dove viveva, a Cognola di Trento, scrisse una lettera indirizzata a 600 aderenti alla FUCI per far conoscere i Soci Costruttori, movimento creato nel 1953 da Padre Werenfried van Straaten che nei primi anni aveva già riunito in Europa alcune migliaia di giovani nella ricostruzione di case, scuole e chiese. Proprio da quella prima “mail” dell’epoca e grazie alla donazione ricevuta da una famiglia del luogo (1.500 lire) nasce, sessant’anni fa, l’Associazione Italiana Soci Costruttori, conosciuta oggi come IBO Italia.

“Parlare di volontariato gratuito e in più chiedere di contribuire economicamente per lavorare per gli altri, era considerata una proposta pazzesca – ricorda Padre Angelo, classe 1930, che oggi a 87 anni è il Presidente Onorario di IBO Italia – Le prime reazioni, venute da ambienti vicini al mondo cattolico, esprimevano bene il clima che si viveva a quei tempi”.

Nel 1957 molte delle ferite della seconda guerra mondiale erano ancora aperte, i ricordi ancora vivi e presenti, profughi e ricostruzione i temi anche allora più attuali. L’Europa muoveva i primi passi ufficiali, con i trattati di Roma di marzo che videro Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo riunirsi nella CEE, molti stati africani lottavano per l’indipendenza, iniziava Carosello, debuttava la FIAT 500 e usciva “On the Road” di Jack Keruoac. Durante questo periodo di cambiamento anche le Tute Bianche, come venivano chiamati allora i volontari IBO (acronimo fiammingo di Internazionale Bouworde), portarono un decisivo elemento di novità: il volontariato e l’impegno condiviso con giovani di altre nazioni per l’aiuto concreto a persone in difficoltà, come basi per la pace e la giustizia.

“La spinta iniziale di – continua Padrea Angelo – era di creare un movimento di giovani europei che, dimenticando gli orrori della guerra e ogni spirito di vendetta, fossero disponibili a sporcarsi le mani per condividere le condizioni di vita delle popolazioni, specialmente profughe, dai paesi dell’Est”.

L’ispirazione non poteva che essere cristiana, ma di una Chiesa che usciva dalle proprie stanze ed era pronta a rimboccarsi le maniche, a farsi trovare lì dove c’era bisogno, ad intervenire dove era necessario. Le parole d’ordine, rintracciabili nei primi notiziari di quel periodo, erano infatti Testimonianza Cristiana, Servizio Concreto, Collaborazione Internazionale, Arricchimento Personale. Le condizioni d’ammissione erano di avere 17 anni compiuti, di essere di sana costituzione fisica, di aver l’autorizzazione scritta dei genitori (per i minorenni), di riempire un modulo d’iscrizione e versare la quota di partecipazione (di Lire 3.000,00) e soprattutto di impegnarsi al lavoro per 8 ore al giorno senza remunerazione partecipando attivamente alla vita comunitaria.

“Nascevano così i primi Campi di Lavoro e di Volontariato, esperienze fondamentali per giovani di tutta Europa e vere e proprie palestre di vita e di formazione – racconta Dino Montanari, l’attuale direttore di IBO Italia – Per ogni singolo Campo, e sono centinaia di migliaia da allora, ci sarebbe da scrivere un intero libro per le storie, i ricordi, le emozioni, le amicizie e i risultati raggiunti in quelle due o tre settimane dedicate agli altri”.

Nel 1968 ci fu poi la formalizzazione in Associazione di Volontariato, la campagna per poter fare il servizio civile (allora alternativo alla leva militare) all’estero, nel 1972 il riconoscimento da parte del Ministero degli Esteri come ONG per gli interventi di sviluppo nel Sud del Mondo che in quegli anni si andavano ad unire ai Campi di Lavoro. Sempre dello stesso anno è infatti di IBO Italia il primo progetto di Cooperazione Internazionale ufficialmente finanziato dallo stato italiano (nell’ex Zaire) a cui si aggiunge la fondazione, insieme ad altre realtà cattoliche, della Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario – FOCSIV. Una necessaria strutturazione che però non ha mai tolto la linfa vitale, l’energia e lo spirito della nascita. Dopo Cognola di Trento la sede passò poi a Pontenure (PC) , Cesate (MI), Casalpusterlengo (LO), Cassana (FE), per poi approdare a in centro città a Ferrara nel 2001.

A sessant’anni di distanza, quando ormai il volontariato è parte integrante della vita di molte persone, quando sono cresciute di numero le realtà impegnate nella solidarietà internazionale, quando, oggi come allora, l’Europa sembra a un bivio e uomini, donne e bambini di spostano nuovamente nel continente a causa di guerre e povertà, sono ancora tanti i giovani (5.000 negli ultimi 10 anni) che trovano in IBO Italia un punto di riferimento per diventare volontari con i Campi di Lavoro e Solidarietà, il Servizio Civile o il Servizio Volontario Europeo (IBO nel 1998 ha accolto il primo volontario SVE in Italia). Accanto ai Volontariato, non mancano i progetti di Cooperazione Internazionale (Romania, Perù, Ecuador, Tanzania fra i paesi più coinvolti) e soprattutto forme innovative di Partecipazione Locale con attività di educazione, sensibilizzazione e informazione con studenti e professori, dalle scuole primarie fino alle superiori. Perché volontari non si nasce… si diventa.

E questi primi 60 anni di IBO Italia sono dedicati proprio a loro: a chi si impegna oggi, nel 2017 e a chi lo ha fatto ieri, nel 1957. “Cittadini del mondo”, riprendendo l’espressione di Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, di cui ricorre oggi l’anniversario del rapimento, come Vittorio Arrigoni che proprio con IBO mosse i primi passi nel volontariato internazionale o come Lucrezia Rendina, giovane volontaria IBO partita nell’estate 2016 per un Campo di Volontariato in Estonia e scomparsa, insieme alla mamma, nel terremoto del 24 agosto, a Pescara del Tronto.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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