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Da Regione Emilia Romagna

Welfare. Dalla Regione oltre 4 milioni di euro per migliorare e qualificare le Scuole dell’infanzia (3-6 anni) paritarie, comunali e private, frequentate da più di 57.500 bambini. La vicepresidente Gualmini: “Luoghi splendidi di cura, integrazione, crescita e sviluppo di talenti. Il nostro impegno per sostenerli non verrà mai meno”
Secondo i dati Istat, l’Emilia-Romagna è la regione che più investe per l’infanzia e le famiglie: 237 euro pro-capite l’anno. I fondi per il 2017 sono suddivisi tra tutte le province e sono destinati a finanziare progetti di formazione degli insegnanti, a valorizzare la figura professionale del coordinatore pedagogico e a sostenere la continuità educativa nei primi anni di vita dei bambini.

Bologna- Accrescere la qualità dell’offerta educativa, promuovere il raccordo tra scuole dell’infanzia, asili nido ed elementari e incentivare la formazione del personale. A questo punta il “Programma annuale degli interventi di qualificazione delle scuole dell’infanzia” (bambini 3-6 anni) approvato dalla Giunta regionale, che assegna 4 milioni e 100 mila euro per il 2017 a tutte le Province e alla Città metropolitana di Bologna. Per qualificare ulteriormente le 832 scuole dell’infanzia paritarie, comunali e private, presenti sul territorio e frequentate da oltre 57.500 bambini.

Le risorse saranno così distribuite: Piacenza 254.004 euro; Parma 403.670; Reggio Emilia 715.651, Modena 677.743; Bologna 723.289; Ferrara 335.924; Ravenna 387.157; Forlì-Cesena: 325.004; Rimini: 277.553.

Un investimento che rafforza ulteriormente l’impegno della Regione Emilia-Romagna, la quale, secondo i dati Istat 2016, è quella in Italia che investe di più a favore dei minori e delle famiglie, preceduta solo dalla Provincia autonoma di Trento: 237 euro pro capite l’anno (valore calcolato sul rapporto tra spesa totale dei Comuni per i servizi famiglie e infanzia e il numero dei componenti delle famiglie residenti, con almeno un minore).

“La scuola dell’infanzia ospita i nostri bambini e le nostre bambine in una fase molto importante e delicata della crescita, il periodo dai 3 ai 6 anni- sottolinea la vicepresidente della Regione e assessora al Welfare, Elisabetta Gualmini-. Siamo contenti di contribuire ogni anno al miglioramento della qualità di queste scuole, perché è importante non abbassare mai la guardia nei servizi che offriamo a bambini così piccoli. Puntiamo moltissimo sulla formazione degli insegnanti, perché riteniamo prioritario favorire l’adeguamento delle conoscenze ai tempi che cambiano e qualificare sempre più i progetti pedagogici. Le scuole dell’infanzia- conclude Gualmini- sono un luogo splendido di cura, integrazione, crescita e sviluppo di talenti e l’impegno della Regione per sostenerle non verrà mai meno”.

Il sostegno finanziario alle scuole dell’infanzia private e comunali (3-6 anni) – quelle, cioè, su cui la Regione ha competenza nell’ambito del diritto allo studio, come prevede la legge regionale n.26 del 2001 – si basa su un duplice strumento: la sottoscrizione triennale di intese tra Regione, Enti locali e associazioni regionali di gestori delle scuole paritarie(Federazione italiana scuole materne-Fism, Opere educative Foe, Confcooperative, Legacoop e Cispel), e i programmi che definiscono le priorità e i criteri di finanziamento, entrambi rinnovati nel 2016.
Il documento approvato dalla Giunta regionale si allinea al recente Decreto legislativo (n. 65 del 13 aprile 2017) che dà attuazione alla Legge nazionale di riforma del settore, istituendo l’atteso Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, costituito dai servizi educativi per l’infanzia (ad esempio asili nido, spazi bambini, centri bambini e famiglie) e scuole materne statali e paritarie. Ed è la stessa norma nazionale a puntare sulla continuità del percorso educativo e scolastico attraverso attività di progettazione, coordinamento e formazione.

Le scuole dell’infanzia in Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna si contano 1.561 scuole dell’infanzia (3-6 anni di età), di cui 729 statali e 832 non statali. Queste ultime si suddividono in comunali (281), private (548) e di altra tipologia (3). I bambini iscritti nelle scuole dell’infanzia sono 113.235: 55.708 frequentano quelle statali e 57.527 le non statali (21.721 i bambini iscritti nelle comunali, 35.575 nelle private, 231 altra tipologia). /Ti.Ga.

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REGIONE EMILIA-ROMAGNA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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