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Da: Organizzatori
Bullismo e antisemitismo tra i banchi di scuola: una sfida cruciale per la politica
Dirsi preoccupati per l’accaduto, sconcertati o più semplicemente dispiaciuti non basta.
E’ impensabile immaginare che tra i banchi di scuola o in un contesto tra pari si scada nel rifiuto dell’altro e in atti plateali di razzismo per puro gioco.
Qualsiasi vessazione e minaccia lesiva della dignità e della identità altrui, anche se praticata tra compagni di scuola ancora bambini, non può lasciare indifferenti rispetto al ruolo diretto che la società tutta esercita nella elaborazione complessiva dei modelli culturali di riferimento.
Non può esistere per definizione uno spazio politico, sociale, culturale ed educativo neutro e gli individui che ne fanno parte sono sempre il prodotto dell’aria che respirano.
Forse è arrivato il momento della responsabilità condivisa e di una politica che non si senta avulsa dall’esistente od immune dalle ricadute indotte dai propri posizionamenti di parte e sappia interrogarsi a tuttotondo sulla propria funzione sociale per dare voce e gambe ad una società capace di rigenerasi e misurarsi in maniera costruttiva dentro la complessità umana e sociale.
Siamo così sicuri che il registro diffuso alla base dell’odio e del disprezzo per l’altro, ormai assunto e riprodotto anche dentro le relazioni fin dalla tenera età, possa realmente dirsi accettabile e scusabile senza sentirsi chiamati apertamente in causa come cittadini?
Non è forse a rischio la qualità dell’aria che respiriamo e della società che abitiamo?
Non è per caso che l’orrore di Auschwitz si determini e abbia inizio proprio sulla strada che porta ad Auschwitz, attraverso i gesti normalizzati e banalizzati del quotidiano?
In una società democratica il rispetto, la solidarietà e il reciproco riconoscimento senza distinzione alcuna in relazione alle appartenenze di sesso, etnia, religione, orientamento sessuale, appartenenza politica e culturale non possono ammettere e prevedere compromessi, esclusioni, distinguo o possibili gradazioni di preferenza.
L’altro è l’altro e come tale va riconosciuto al pari dell’Io, pur nella sua diversità ed unicità.
Forse mai come oggi, si pone la necessità e l’urgenza di non stare a guardare e di rifondare la valenza sociale ed educante della politica, a fronte di una fase sempre più confusa e nostalgica di arretramenti culturali e di aperti tentativi di riscrivere in chiave restrittiva l’ambito di competenza delle libertà e dei diritti.
Diritti e libertà non ammettono restrizioni giustificate da distinguo che discriminano e per dirsi tali hanno bisogno di esprimersi in forma allargata e trasversale: poiché parlare di diritti per pochi rappresenta una contraddizione in termini.
I diritti su misura non sono diritti, bensì privilegi.
E’ arrivato il momento di fare della politica qualcosa di grande, di rendere la politica esempio e ponte di idealità per noi stessi e per le future generazioni.
Facciamolo, se vogliamo assistere a bambini e adulti spontaneamente in grado di praticare l’amore per l’umanità intera e rifiutare l’odio per l’altro.
Facciamolo prima dei rimpianti.
Cristiano Zagatti
Segretario generale CGIL – Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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