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Con l’intervista a Mario Zamorani della lista civica “Un’altra Ferrara”, completiamo la presentazione dei candidati a sindaco per la nostra città. Per ultimi abbiamo interpellato quelli che hanno scelto di non appoggiarsi ai partiti, tre su otto, ponendo loro le medesime domande.

Zamorani, cosa l’ha indotta a presentare una sua candidatura indipendente, al di fuori delle logiche di partito?
Il nostro marchio di fabbrica è: dopo 68 anni (sempre dello stesso partito al potere, senza mai alternanza: la si può ancora definire democrazia?) serve un’altra Ferrara. E’ necessario creare i presupposti per l’alternanza nella nostra città. Lo stesso partito al potere per tre generazioni intere determina, inevitabilmente, stasi, ingessature, arroganza. Mandare il potere attuale all’opposizione è salutare per tutti, anche per il Pd: un po’ di opposizione non potrà che fargli bene. Se non sarà possibile ottenere il risultato subito (anche per la frammentazione esistente), quando sarò eletto lavorerò su questo progetto, con i cittadini in primo luogo.

Quali sono le priorità e gli elementi innovativi del suo programma?
Tutta l’impostazione di governo per un territorio o una piccola città come la nostra, a mio avviso, deve essere impostato sullo slogan: dialogo, trasparenza, partecipazione. Il potere in carica dal 1946 deve cessare il suo arroccamento e dare il maggior spazio possibile alla partecipazione; saprei organizzarla in mille differenti maniere. Pensiamo solo, ad esempio, ai “progetti di amministrazione condivisa” di Bologna. I cittadini devono arrivare a considerare i loro amministratori come amici di cui fidarsi, con i quali confidarsi e collaborare. Sempre con la massima trasparenza e sempre con risposte certe in tempi certi rispetto alle loro sollecitazioni.

Dovendo puntare su un tema secco per la riqualificazione e il rilancio di Ferrara, quale indicherebbe?
La città del futuro. Mentre i nostri amministratori sono incapaci di una visione a lungo termine, a partire dalla definizione di identità e ruolo del nostro territorio disegniamo la città del futuro, con una programmazione di qui a 20 anni, coinvolgendo figure di alta professionalità, in particolare urbanisti, economisti, storici, filosofi, psicologi, artisti, poeti, sociologi, ambientalisti, e con la partecipazione attiva dei cittadini, nel contesto di una città in movimento ma riconoscibile. Se verremo premiati dagli elettori sarà un nostro impegno certo.
E in questa prospettiva, un grande progetto per il Castello Estense. Liberiamolo da tutti gli uffici pubblici e trasformiamolo in una grande struttura museale contemporanea, con il decisivo contributo economico dei privati, secondo il modello Della Valle – Colosseo (25 milioni dai privati), mantenendo una pianificazione pubblica. Per lanciare questo progetto presto interverrà nel merito anche Vittorio Sgarbi, da noi chiamato e che si è detto pronto a intervenire con idee e azioni. Il Castello deve diventare il luogo simbolo del rilancio di Ferrara città d’arte, storia, cultura e turismo, secondo la felice intuizione di molti anni fa e poi quasi abbandonata.

Considerando il quadro molto frammentato e la presenza di otto candidati, ritiene di avere chance concrete di arrivare al ballottaggio?
Lavoro per andare al ballottaggio ma sarei falso se dicessi che credo di riuscirci.

Se non dovesse farcela è disponibile a fornire il suo appoggio a un altro candidato o lascerà libertà di voto?
Ipotesi di ballottaggio senza la mia presenza: premetto che i voti che verranno alla mia lista non sono di mia proprietà ma appartengono agli elettori. E’ possibile che, con tutti i miei candidati, si decida di partecipare al ballottaggio. Per sostenere chi farà propri i punti centrali delle nostre proposte e analisi.

Che giudizio dà dell’amministrazione in carica? In cosa la promuove e in cosa la boccia?
Tagliani è un onesto, e sottolineo onesto, curatore fallimentare, e sottolineo curatore fallimentare, della nostra città. Tutto preso nell’inseguire le emergenze e tutto concentrato sull’esistente, è incapace di visioni proiettate sul futuro di qui a 15 o a 20 anni. Ferrara ha bisogno di programmazione, di costruire il proprio futuro, anche in termini di partecipazione popolare, per stare al passo con un mondo che avanza e si muove a velocità sempre più sostenute.

I cittadini sono sempre più sfiduciati rispetto alla classe politica: è d’accordo nel ritenere che esista un grave problema di rappresentanza? Se sì, come pensa si possa superare? E le dinamiche a suo avviso sono sostanzialmente le stesse anche a livello locale?
La distanza dei cittadini e delle persone dalla politica ha raggiunto livelli pericolosi per la tenuta del sistema. Come dare torto agli elettori alla luce dell’esistente, nazionale e locale? Oggi molti sono tentati (e li capisco) a rivolgersi a quanti promettono di gettare tutto a mare: non credo che questa opportunità vada incoraggiata. C’è bisogno di persone esperte ed oneste, capaci di fare squadra con le tante energie positive presenti nella società. La mia lunghissima esperienza di radicale può essere una garanzia in questo senso (pur essendo la mia una lista squisitamente civica), anche per la storia radicale che è sempre stata una storia di proposte di governo piuttosto che di proteste e basta.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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