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Giorno: 31 Luglio 2016

LA SEGNALAZIONE
Tra classici e cinema, passando per la musica: la nuova stagione di prosa del Teatro Claudio Abbado di Ferrara

(pubblicato il 26 maggio 2016)

La Carmen diretta da Mario Martone ha chiuso la stagione di prosa del Teatro Comune Claudio Abbado ma è già possibile sbirciare cosa ci offrirà la stagione di prosa dell’anno 2016/2017. È stato un anno particolarmente positivo per il Teatro Comunale di Ferrara, che ha visto crescere il numero degli abbonamenti e ha richiamato un vasto pubblico di affezionati e nuovi appassionati. Con la prossima stagione di prosa si vuole continuare questo processo di riavvicinamento ai teatri e per questo sono stati scelti spettacoli che spaziano dal classico ai nuovi generi di rappresentazioni.
A inaugurare la prossima stagione sarà proprio uno spettacolo che non rientra nel teatro all’italiana, il musical “Cabaret” di Joe Masteroff con l’adattamento di Saverio Marconi, in scena dal 20 al 23 ottobre. Il celebre musical che vedeva protagonista una giovane Liza Minelli viene portato in scena dalla Comapagnia della Rancia, che porterà a Ferrara l’atmosfera di una Berlino anni Trenta. Dalla malizia e dalla licenziosità del cabaret si passerà a una più classica messa in scena: “Il berretto a Sonagli” di Luigi Pirandello (24-26 novembre), con la regia di Valter Malostri, giovane talento poliedrico, che dirige e recita portando in scena una versione in dialetto dell’opera, a lungo dimenticata e recuperata negli anni Sessanta, per essere pubblicata solo nel 1988. La lingua dialettale mostra nuovi aspetti dei personaggi, a cui si restituisce l’originaria natura priva di censure.

Teatro e cinema si contaminano, si intrecciano e riadattano le storie che ne fanno parte, per mostrarle da una differente prospettiva. Così avremo la possibilità di vedere l’opera del regista Ettore Scola, “Una giornata particolare”, dal 15 al 18 dicembre. Questo testo non nasce esclusivamente per il cinema, ma aveva anche una partitura teatrale, curata dalla moglie, la regista e sceneggiatrice Gigliola Scola. La compagnia gli Ipocriti allontana la rappresentazione da quella cinematografica, mostrando la relazione opposta tra due solitudini, e affida i ruoli principali a due interpreti noti sia per i loro ruoli teatrali sia per quelli televisivi, Giulio Scarpati e Valeria Solarino.
Il quarto appuntamento inaugura l’anno nuovo, l’11 e il 12 gennaio andrà in scena un’altro classico: “Casa di Bambole” di Henrik Ibsen, che il regista Roberto Valerio ripulisce dalle aggiunte del ‘900, in cui la coscienza femminile e la cultura femminista prende posizione. Eliminata la patina lasciata delle varie trasposizioni, la libertà individuale e la difficoltà che costa raggiungerla torna a essere il tema entro cui si muove la rappresentazione.
Non solo nuove voci e talenti emergenti, sul palco del Teatro Comunale torna anche un volto noto e amato dal pubblico ferrarese, Luca Zingaretti, che porterà in scena “The Pride” (26-29 gennaio), del drammaturgo Alexi Kaye Campbell, in cui l’attore è interprete e regista. Dopo il debutto dello scorso anno, la rappresentazione arriva a Ferrara, raccontando le storie di due amori omosessuali, uno vissuto nell’Inghilterra degli anni Cinquanta, l’altro ai tempi d’oggi. Ma l’opera va oltre questo tema, soffermandosi su tutti i rapporti interpersonali che vedranno coinvolte queste coppie.

Chi dice che il teatro non è anche divertente? A febbraio, dal 3 al 5, arriva una commedia di Alan Bennet, “Nudi e crudi”, tradotta da Edoardo Erba, che racconta con ironia e leggerezza la vita di una coppia di mezza età.
Torna anche la compagnia di Luca De Filippo, dal 16 al 18 febbraio, che porta in scena l’ultima opera riadattata dell’attore prima della sua morte. Un testo del padre Edoardo, “Non ti Pago”, commedia brillante che racconta gli screzi tra il gestore di un botteghino di banco del lotto e un suo dipendente. Testo del 1940, ancora oggi fedele all’originale, racconta con la pungente ironia dei De Filippo una realtà tragica e comica al contempo. La parte che fu di Luca è messa in scena da Gianfelice Imparato, accompagnato da Carolina Rosi.
Un altro omaggio al cinema e alla letteratura è quello di Alessio Boni e Roberto Aldorasi, che portano in scena i “Duellanti” (23-25 febbraio), adattamento del romanzo di Joseph Conrad, di cui è celebre la trasposizione cinematografica di Ridley Scott. I protagonisti dell’insanabile conflitto nato dal niente sono lo stesso Boni e Marcello Prayer, che mostrano come la vita sfugga dal controllo che gli esseri umani tentano d’imporle.
Dal 10 al 12 marzo sarà il tempo del furor di “Fedra”, adattato e diretto da Andrea De Rosa. Laura Marinoni interpreterà questo archetipo femminile: una donna che prova una passione tanto intensa che la rende folle.
La stagione di prosa chiude così come è iniziata, con la musica. Neri Marcorè porta in scena “Quello che non ho”, in cui i testi di De Andrè dialogano con quelli di Pier Paolo Pasolini, reinventando il teatro-canzone.

Non poteva mancare un omaggio a Ludovico Ariosto e al suo Orlando Furioso che compie 500 anni. Il 6 dicembre sarà possibile assistere ad una doppia rappresentazione de “La pazzia di Orlando”, la prima riservata alle scuole, la seconda, fuori abbonamento, durante uno spettacolo serale. Mimmo Cuticchio, con la compagnia Figli d’arte Cuticchio/ Opera dei Pupi, metterà in scena uno dei capitoli più belli dell’opera di Ariosto attraverso i suoi pupi.

Gli spettacoli, come ogni anno, saranno accompagnati da incontri, laboratori e momenti di approfondimento, ma quest’anno ci sarà una novità: il Teatro Comunale si apre a internet. Un gruppo di giovani, già collaboratori di realtà del territorio, come la rivista Occhiaperti.net, con l’associazione Netcity si occuperà di avvicinare il Teatro al mondo del web e dei social network, per ampliare le possibilità di comunicazione, di informazione e di diffusione culturale. Il primo passo? Da oggi è già possibile acquistare l’abbonamento alla stagione di prosa online.

Per ulteriori informazioni su abbonamenti e orari consultare il sito della Fondazione Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara 

L’OPINIONE
Sveglia ‘itagliani’, c’è un’immensa bellezza da salvare

(pubblicato il 28 luglio 2016)

Eppure solo qualche centinaio di chilometri separa l’Alto Adige da Roma capitale (della sporcizia). Non pretendo che, come a Vipiteno, lungo la passeggiata che porta al centro città ci siano i distributori gratuiti dei sacchetti per le deiezioni (vulgo cacca) degli amici pelosi, né che dentro ai vicoletti la pulizia sia tanto accurata che nemmeno una traccia di minzioni (vulgo pipì) post bevute di birra ci riveli la presenza dei giovani gaudenti. E naturalmente lo sconcerto riguarda non solo Ferrara ormai celebre per i vicoli maleodoranti e vomitosi e ora per l’oscena defecazione umana dentro la Cattedrale, né Firenze sporca per le ‘delizie’ culinarie consumate sui gradini delle chiese e dei monumenti che l’hanno (l’avevano) resa capitale del Rinascimento.
Mi dicono amici cari che abitano a Roma in luoghi storici, dove un tempo abitò il più grande scrittore ferrarese del Novecento, che ormai è quasi impossibile camminare per le strade invase dalla sporcizia e dal degrado. Con centri di raccolta dei rifiuti lontanissimi dal luogo in cui si abita e che a forza occorre raggiungere se non si vuole essere sommersi dalla sporcizia, ormi divenuta simbolo della città. Così Pompei chiude, Galleria Borghese è visitabile solo su prenotazione per alcune ore al giorno e, a poco a poco, il mito di Roma inventato nell’Ottocento, la patria comune da cui tutti discendiamo, compresa la Merkel, si frantuma nella stanca parlata romanesca di un popolo ormai indifferente a tutto e a tutti.
Dalle tavole dell’hotel dell’Angelo s’alza un vocio romanesco. Si elogia il cibo, la vista e la frescura e s’inneggia al ponentino che non c’è più e si riapre l’eterno elogio del tempo passato. Ma è tutta colpa della politica o della scelta di una città, dei suoi abitanti e del suo territorio? Come per quel che succede nella mia città a proposito della banca di riferimento. E’ questione di chi l’ha gestita o della connivenza di tutti noi che appena siamo sicuri d’aver raggiunto un traguardo lo dimentichiamo in nome di un prestigio che forse non abbiamo mai posseduto? Tanto è vero che celebriamo non tanto la vera grandezza della nostra storia, vale a dire il cosiddetto Medioevo, quanto in modo quasi ossessivo un Rinascimento complessivamente mediocre, se non ci fossero stati i due più grandi poeti della modernità a celebrare una dinastia complessivamente rozza e inaffidabile.
Queste note, ovviamente amplificate da una specie di ferita mai chiusa sulle magnifiche sorti e progressive che dovrebbero essere all’attenzione e al centro dell’idea di identità che sembra invece sfaldarsi in un degrado e non avere mai fine, trovano un conferma nel prezioso lavoro (che di fatto è una tra le più grandi scoperte di questo secolo) di un antichista inglese celeberrimo, appena scomparso, Martin West, che ha fatto conoscere al mondo alcuni versi tra i pochi sopravvissuti di Saffo: “il mio cuore è cresciuto pesante, le mie ginocchia non mi sostengono/ loro che una volta erano agili per la danza come quelle dei cerbiatti”. Questa potrebbe essere la metafora più evidente del declino di Roma, della sua eredità e anche della condizione umana e intellettuale di chi scrive queste note. C’è una specie di stanchezza, etica prima di ogni altra ragione, che pervade chi per una specie di dovere-diritto ha scelto di lavorare nella storia e per la storia. E ora s’accorge che il disprezzo e l’irrisione è ciò che resta di questa missione così amata e così, ora, disprezzata.
Rendere Roma, Firenze, Ferrara luoghi adatti alla spazzatura reale e metaforica non è solo colpa di chi ci governa e di ogni tipo di mafia, ma è colpa grave e ineliminabile ascrivibile al carattere degli italiani. E certo non basta che Alessandro Gassman proponga una specie di ‘fai da te’ per ripulire Roma. Se non c’è la volontà innata di salvare la bellezza che è la forma più alta di realtà. Perciò italiani, smettetela di fare gli ‘itagliani’!

Immagine: Reuters, The Economics Times

LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
Alleati intorno al tavolo del sapere

(pubblicato il 22 marzo 2016)

Preso dalla vertigine della lista sono andato alla ricerca dei luoghi nei quali si offre conoscenza nella nostra città, o perché la si produce o perché la si mette a disposizione degli altri. Tra associazioni, circoli, scuole, università, biblioteche, istituzioni culturali, cinema e teatri, ne ho impilati più di 250.
Ne emerge il profilo di una città che gestisce la conoscenza in vari modi. Più difficile, invece, tracciare il disegno di una città gestita per mezzo della conoscenza, utilizzando cioè la conoscenza come risorsa. Ricerca, scienza, innovazione, creatività ne dovrebbero costituire i polmoni per respirare nel presente e progettare il futuro. Sento già l’obiezione di qualcuno a questa mia affermazione.
Certo nessuna città può essere gestita senza conoscenza. Basta pensare alla grande quantità di servizi che la città produce per i suoi cittadini, dall’istruzione alla salute, dalle infrastrutture di base alle imprese. È superfluo dire che la produzione di tutti questi servizi richiede un immenso ammontare di conoscenze relative ai campi in questione, difficili da quantificare, ma ci sono, in ogni momento e ogni giorno dell’anno.
Si tratta tuttavia di uno specifico tipo di conoscenza, la cosiddetta “conoscenza tacita”, quella incorporata dai singoli individui e dalle organizzazioni. Differente è però il concetto di “gestione con la conoscenza”, dell’uso della conoscenza come risorsa su cui investire per il governo della città, il suo territorio, la sua economia, i suoi traguardi. Pensare al destino di una città che fonda il suo sviluppo sui saperi, sulle loro potenzialità, muta la prospettiva, coinvolge vari fattori relativi agli investimenti, all’ economia, alla produzione, alla qualità della vita delle persone. Usare la conoscenza per perseguire la prosperità economica, la tutela dell’ambiente, la salute, la felicità e la sicurezza dei suoi cittadini. La domanda da porsi è: a quanto ammonta l’investimento in conoscenza, in capitale umano nella nostra città per raggiungere e avanzare in questi obiettivi?
La conoscenza che non sia quella tacita, ma la conoscenza come risorsa diffusa da cui fare scaturire idee e progetti per la nostra città, sembra non fare parte delle prospettive del nostro futuro.
La stampa cittadina ha riportato la piattaforma, da qui al 2025, su cui sta lavorando la Camera di Commercio ferrarese e non vi ho trovato nessun accenno alla conoscenza come risorsa strategica per il futuro. Soprattutto manca di quella conoscenza che aiuti a immaginare un futuro che non sappia di passato.
Le imprese nostrane chiedono più aiuti finanziari, più servizi, più infrastrutture, più formazione, più politica degli eventi, più turismo. Una città che porti utili alle imprese, una città da vendere, una città da consumare che sa troppo di egoismi, di interessi di bottega. Non è nuovo il paradigma.
Creatività e invenzione, che oggi dovrebbero essere le molle dell’impresa per sfidare i mercati, non esistono nel documento della Camera di Commercio. Come non esistono i giovani su cui investire.
Nel settembre scorso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha lanciato un bando da 45 milioni di euro per la realizzazione territoriale di laboratori per l’innovazione e il lavoro, come risposta alla disoccupazione e alla dispersione scolastica. Finanziamenti di 750 mila euro per laboratorio. Era necessario fare rete, mettere insieme l’Ente locale, gli istituti scolastici di secondo grado, gli istituti comprensivi, la Camera di Commercio, associazioni del lavoro e imprese, l’Università, i centri di formazione professionale, il Cpia (Centro Provinciale Istruzione Adulti), l’Its (Istruzione Tecnica Superiore); e se non tutti, almeno alcuni di questi. A Ferrara nessuno degli attori citati si è mosso, nessuno se ne è occupato. Si trattava di gestire con le conoscenze e le strutture di ogni soggetto coinvolto almeno un laboratorio aperto sul territorio, che avrebbe consentito agli studenti dei corsi di studi regolari di potenziare la loro preparazione, di sperimentare nuovi apprendimenti e di procedere alla realizzazione di idee o progetti di impresa. Per gli studenti fuori dai canali ordinari dell’apprendimento, avrebbe costituto l’occasione di reinserirsi nel normale ciclo di studi, recuperando quanto perduto, oppure di misurarsi nella realizzazione di nuove idee e progetti. Un’occasione per quel più di formazione che pure la Camera di Commercio locale rivendica. Un’occasione importante di usare la conoscenza come risorsa da gestire, che è andata perduta.
Forse la prima cosa che tutti dovremmo rivendicare per Ferrara è la costituzione di un tavolo, di un luogo in cui alleare cittadini, istituzioni culturali, scuole, università e imprese intorno al tema della conoscenza come risorsa con la quale gestire la crescita della città. Un tavolo attorno al quale sedersi per condividere prima di tutto una interpretazione comune sul corrente stato di sviluppo della città e del suo territorio. Come sono le attuali prestazioni, quali sono le più importanti sfide e opportunità che abbiamo di fronte, qual è il ruolo della conoscenza per guidare la prosperità della città, del territorio, dei suoi cittadini. Solo dopo aver risposto a questo tipo di domande è possibile condividere una visione che non sia di una sola parte e definire gli obiettivi. Poi questi obiettivi possono essere usati come guida delle attività dei principali attori economici e sociali. Idealmente ogni portatore di interesse dovrebbe implementare politiche che servono gli obiettivi comuni. Infine dovrebbe essere realizzato un sistema per misurare e monitorare lo sviluppo, per guidare le scelte e facilitare l’apprendimento su quelle politiche che sembrano produrre risultati o che necessitano di essere riviste.
Se emblematicamente il fallimento della Cassa di Risparmio ferrarese segna il tramonto di una stagione per la vita della città e del suo territorio, forse è il caso di dare segnali altrettanto emblematici della volontà degli attori del mondo delle imprese, del sociale e della conoscenza di voler muoversi verso orizzonti del tutto nuovi, anziché rischiare di rimanere invischiati in ragionamenti formulati ancora al passato.

Con FerraraOff la Biblioteca di Letteratura di Giorgio Bassani diventa itinerante

(pubblicato il 28 maggio 2016)

Le opere di Giorgio Bassani che hanno fatto conoscere Ferrara nel mondo e le opere degli autori che Giorgio Bassani ha fatto conoscere al pubblico italiano durante la sua carriera di consulente editoriale per Feltrinelli: è la “Biblioteca itinerante di Letteratura. Omaggio a Giorgio Bassani”, il calendario di incontri e reading dell’Associazione FerraraOff che durerà tutta l’estate fino all’autunno inoltrato. Più di venti appuntamenti da maggio a ottobre per “uscire dal teatro portando FerraraOff e l’opera di Giorgio Bassani, scrittore ed editore, in e alla città”, mi spiega Marco Sgarbi. Un omaggio concreto all’autore nell’anno del centenario della sua nascita, continua Sgarbi, che si realizza in un vero e proprio percorso di letture e incontri “in diversi luoghi più o meno istituzionali” di Ferrara, dando “valore reale alle sue parole sulla città”, e nello stesso tempo “un calendario di iniziative estive continuative legate a teatro e letteratura, una cosa che a Ferrara mancava ormai da un po’”.
Si parte il 31 maggio, nelle sale del Ridotto del Teatro Comunale Claudio Abbado, con un’introduzione a “Il Gattopardo”: Monica Pavani racconterà al pubblico l’avventurosa storia della pubblicazione del romanzo di Tomasi di Lampedusa, voluta proprio da Giorgio Bassani, e come il lavoro di editing su “Il Gattopardo” abbia influenzato la scrittura de “Il giardino dei Finzi Contini”. Durante tutti i sabati di giugno nello spazio teatrale di FerraraOff sarà poi Maria Paiato a dare voce alle pagine del romanzo e alle vicende del principe Fabrizio, di Tancredi e di Angelica.

Tanti i luoghi di cultura lungo l’itinerario: Casa di Ludovico Ariosto, Palazzo Costabili sede del Museo Archeologico, Palazzo Bonacossi, Palazzina Marfisa d’Este, il Chiostro di Santo Spirito, il Museo del Risorgimento e della Resistenza e il Museo di Storia Naturale, il Meis-Museo Nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah. E poi i luoghi in cui le vicende letterarie e biografiche di Bassani si intrecciano: il Tennis Club Marfisa, la biblioteca Ariostea, la Porta degli Angeli. Tappa finale, il 15 ottobre, di nuovo la sala di via Alfonso I d’Este con un reading di Maria Paiato da “Gli occhiali d’oro”.
Ideatore del progetto è il regista e attore Giulio Costa. “Tutto è nato – mi dice Giulio – dalla lettura di “Zebio Còtal” di Guido Cavani: andando a curiosare un po’ nella storia dell’opera ho scoperto che l’autore aveva mandato due delle copie che aveva fatto pubblicare a sue spese a Bassani e a Pasolini e che poi proprio Bassani lo aveva fatto ripubblicare con una prefazione del poeta”. L’obiettivo di “Biblioteca Itinerante di Letteratura”, mi spiega Giulio, è tentare di respirare ancora “quel clima culturale così fecondo”, cercare di ricostruire quegli intrecci di esperienze e di confronti fra intellettuali che non rimanevano chiusi nel proprio studio, seduti alla propria scrivania, ma si impegnavano nella società. Ecco allora gli appuntamenti presso Terraviva, il Jazz Club e il Centro Lgtb di via Ripagrande.
“Il senso dell’iniziativa – continua Costa – è diffondere in maniera capillare la cultura come ha fatto Bassani”, cercando nello stesso tempo “l’approfondimento sul testo e la diffusione sul territorio”. I testi sono stati scelti fra le opere di Giorgio Bassani e fra gli autori, italiani e stranieri, che ha fatto pubblicare da Feltrinelli nella collana chiamata appunto “Biblioteca di Lettearatura”: oltre a Giuseppe Tomasi di Lampedusa e a Pier Paolo Pasolini, Carlo Cassola, Enzo Siciliano, Alberto Arbasino, e poi Karen Blixen, Marguerite Yourcenar, Jorge Luis Borges.

Giulio e Marco poi mi rivelano che oltre a questo calendario di appuntamenti, durante l’estate ci saranno vere e proprie incursioni letterarie a sorpresa in giro per la città, “a metà fra flash mob e guerrilla reading”, grazie alla cargo bike messa a disposizione da Ami, che renderà la biblioteca ‘itinerante’ nel senso letterale del termine. Una delle occasioni di guerrilla reading, per esempio, non poteva che essere il Buskers Festival a fine agosto.
Provo a chiedere se pensano di replicare in futuro mettendo al centro altri temi o altri autori.
Giulio mi risponde che sperano che “questo diventi un appuntamento estivo fisso per Ferrara”; in futuro, aggiunge, vorrebbero provare ad applicare questo modello di happening “a luoghi dismessi della città”, in modo da trasformare le letture in occasioni di riappropriazione e rivalorizzazione di questi spazi.

Per il calendario completo di Biblioteca itinerante di Letteratura clicca [qui]

IL DOSSIER SETTIMANALE
La grande bellezza dell’Italia fra sfide e opportunità

Le cifre contenute nel rapporto “Future of jobs”, pubblicato lo scorso gennaio dal World Economic Forum, raccontano quanti posti di lavoro si perderanno nei prossimi anni a causa della rivoluzione industriale in corso e come cambieranno le competenze richieste. Purtroppo per l’Italia queste cifre non dicono nulla di buono: meno 48% posti di lavoro tra il 2015 e il 2020. Effetto di una skill distruption – distruzione di competenze – i cui effetti saranno devastanti a livello globale in settori come il credito e la finanza, la mobilità, i servizi professionali, l’energia, i consumi.

skills2020
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Eppure a voler guardare bene nelle cifre del rapporto del Wef c’è anche la speranza di una soluzione. Scorrendo la classifica delle competenze più utili nei lavori di domani, al terzo posto troviamo la creatività. Una dote che l’Italia possiede e che è già all’opera nel nostro paese, come emerge da un altro rapporto, che analizza il nostro settore culturale e creativo: “Io sono cultura. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato per il sesto anno consecutivo da Fondazione Symbola e Unioncamere e presentato nel giugno 2016.

Da questo documento emerge quanto il sistema Italia debba a cultura e creatività: il 6,1% della ricchezza prodotta nel 2015 nel nostro paese, pari a 89,7 miliardi di euro. Inoltre il sistema produttivo culturale e creativo italiano ha un effetto moltiplicatore di 1,8: ciò significa che per ogni euro prodotto, ci sono quasi due euro di ricchezza in più, arrivando a muovere nell’insieme 249,8 miliardi, equivalenti al 17% del valore aggiunto nazionale. Un dato comprensivo del valore prodotto anche da quella parte dell’economia che beneficia di cultura e creatività e che da queste viene stimolata, a cominciare dal turismo: più di un terzo della spesa turistica nazionale, esattamente il 37,5%, è attivata proprio da cultura e creatività.

Una ricchezza che si riflette in positivo anche sull’occupazione: il solo sistema produttivo culturale e creativo dà lavoro a 1,5 milioni di persone, il 6,1% del totale degli occupati in Italia.

Questa settimana il dossier estivo è dedicato al nostro enorme patrimonio culturale e paesaggistico, la chiave del nostro successo, e a chi tutti i giorni cerca di valorizzarlo, pur tra mille difficoltà, usando tutta la propria creatività. Perché non c’è Uber che potrà toglierci la Reggia di Caserta e non c’è Amazon che potrà uccidere la nostra manifattura di qualità.

La grande bellezza – Leggi il sommario