Skip to main content

Giorno: 31 Luglio 2017

Apicoltura. Dalla Regione oltre 480mila euro per il miglioramento della qualità dei prodotti dell’alveare e della sicurezza per il consumatore

Da Regione Emilia Romagna

Via libera dalla Giunta regionale al bando per gli interventi della seconda annualità del Piano regionale triennale 2017-2019. L’assessore Caselli: “Investiamo su un settore in costante crescita. Priorità a giovani, biologico, produzioni integrate, assistenza tecnica e formazione professionale”

Bologna – In arrivo dalla Regione circa 480mila euro per lo sviluppo dell’apicoltura, uno dei settori con il più alto tasso di crescita negli ultimi anni. I fondi – il 50% di provenienza comunitaria e l’altra metà resa disponibile dal governo italiano – hanno come priorità i giovani, il biologico, le produzioni integrate, l’assistenza tecnica e la formazione professionale degli operatori.

Il plafond finanziario è stato assegnato all’Emilia-Romagna dal ministero delle Politiche agricole, nell’ambito dell’Organizzazione comune di mercato (Ocm) del settore apistico per dare attuazione agli interventi messi in cantiere dalla seconda annualità 2017-2018 del Programma regionale triennale 2017-2019 per il miglioramento della produzione e commercializzazione dei prodotti dell’alveare, che ha una dotazione complessiva di circa 2 milioni di euro.

“Con il piano trienniale – sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli- diamo sostegno ad un settore che sta assumendo un ruolo sempre più importante per l’agricoltura regionale, non soltanto in termini economici, ma anche per il fondamentale servizio di impollinazione svolto a beneficio delle altre produzioni. Lavoriamo per promuovere l’ulteriore miglioramento degli standard qualitativi dei prodotti dell’alveare, a partire dal miele, e per aumentare il livello di sicurezza e di salubrità per il consumatore”. “Stiamo assistendo negli ultimi anni– ha aggiunto Caselii- ad una crescente professionalità degli operatori e ad un rinnovato interesse dei giovani verso l’apicoltura. Di qui l’impegno della Regione per incrementare il reddito degli operatori attraverso il sostegno finanziario alle iniziative e ai progetti più interessanti e innovativi”.

Quando e come presentare le domande

Il via libera è arrivato con l’approvazione da parte della Giunta regionale del relativo bando (la delibera è la n. 1124/2017), pubblicato oggi sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 218 del 31 luglio 2017. Il bando scade il 10 novembre prossimo e le domande devono essere presentate attraverso la piattaforma informatica di Agrea (Sop). Gli aiuti sono destinati ad apicoltori singoli o associati, associazioni apistiche e organizzazioni di produttori (Op), nonchè ad enti pubblici e istituti di ricerca. I contributi si riferiscono a spese sostenute nel periodo 1 agosto 2017-31 luglio 2018 Le percentuali di aiuto variano dal 20 al 100% a seconda del tipo di intervento e del beneficiario.

La ripartizione dei finanziamenti

Il budget a disposizione per l’annualità 2017-2018 – calcolato dal ministero delle Politiche agricole in base al numero degli alveari registrati all’Anagrafe apistica nazionale nel 2016, circa 100mila in Emilia-Romagna, sarà utilizzato per finanziare un’ampia gamma di interventi. Il grosso dei fondi è destinato ai progetti di assistenza tecnica (oltre 227mila euro); poi, in ordine decrescente di risorse, figurano gli aiuti per l’acquisto di attrezzature per favorire la transumanza, cioè lo spostamento delle arnie per seguire le fioriture stagionali (87mila euro); la lotta alle malattie dell’alveare, in partlcolare la temibile varroasi (circa 77mila); le misure di sostegno ai laboratori di analisi di prodotti dell’apicoltura (55mila euro); la collaborazione con organismi specializzati per progetti di ricerca (circa 28mila euro); infine, i contributi per l’ acquisto di sciami d’api e il ripopolamento degli alveari (3.500 euro). Entro il 23 febbraio 2018 sarà approvata una graduatoria unica regionale, stilata secondo le priorità indicati nel bando.

Acer Ferrara:Avviso pubblico per la concessione di contributi a favore di cittadini che occupano alloggi di proprieta’ privata e pubblica

Avviso pubblico per la concessione di contributi a favore di cittadini che occupano alloggi di proprieta’ privata e pubblica (ma a canone privatistico) e che si trovano in condizioni di inadempienza per mancato pagamento del canone di locazione – morosita’ incolpevole.

Si avvisano i cittadini che la scadenza del suddetto avviso pubblico e’ stata prorogata al 30 settembre 2017.
Pertanto gli interessati potrano presentare domanda per la concessione dei contributi entro la predetta data.

Il testo dell’avviso pubblico e’ consultabile sul sito istituzionale della provincia e del comune di Ferrara, dei comuni della provincia e di Acer Ferrara.

Per eventuali chiarimenti e/o informazioni Il Servizio Finanziario – Area Agenzia per la Casa/Commerciale di ACER FERRARA è a disposizione il Lunedì e il Giovedì dalle ore 9,30 alle ore 12,30 e il Martedì pomeriggio dalle 15.30 alle 16.30 telefonando ai numeri: 0532 230335 – cell. 331 6139519.

La direzione Acer

movimento5stelle

Disagi autostazione: Ami non risponde!

Da Movimento 5 stelle

DISAGI AUTOSTAZIONE, M5S: L’ENNESIMA NON-RISPOSTA DEI RESPONSABILI AMI

I residenti di via Rampari San Paolo apprendono con l’ennesima amara sorpresa la non-risposta, oltre che del Comune, anche dei responsabili Ami, Paolillo e Ruzziconi.
Innanzitutto, si apprende dai soggetti in questione che l’autostazione di Ferrara “ha acquisito l’attuale destinazione d’uso già dall’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso” e conseguentemente non ci si può lamentare. Quindi dal momento che l’anno scorso sono aumentate a dismisura le corriere senza alcuna ragione, i residenti non avrebbero dovuto chiedere spiegazioni? Non avrebbero dovuto chiedere che venissero apposte delle infrastrutture che alleviassero i loro disagi, come pannelli antirumore o alberi che attutissero lo smog, visto che si parla di un semplice piazzale con 4 strisce disegnate, appunto rimasto agli anni 80 del secolo scorso? Non avrebbero dovuto chiedere il perché di questo aumento? Non avrebbero dovuto chiedere che ci potesse essere un dialogo con l’Amministrazione al fine di ridurre il numero dei bus che in via Rampari di San Paolo venivano solo a parcheggiare e/o transitare a vuoto? Non avrebbero dovuto implorare che Arpae venisse ad analizzare l’aria? Non avrebbero dovuto chiedere che ci fosse una razionalizzazione del traffico visto che ci si trovava a pochi metri da un’altra fermata in corso Isonzo? Non avrebbero dovuto chiedere di apporre dei cartelli che ammonissero gli autisti di spegnere i motori, rispettando così le politiche ambientali firmate e sottoscritte da Ami, ma mai rispettate? Se questi residenti non hanno diritti, ditelo apertamente e prenderemo coscienza della forma di governo di questa città.
Il problema sta proprio nelle vostre risposte, nella chiusura totale dimostrata (si definiscono “presunti” i loro disagi), negando che i bus rimangano tanto tempo con i motori accesi nonostante i video girati quotidianamente, negando che il traffico sottostante sia aumentato anche a fronte di prove evidenti, fornendo prospetti barzelletta che non rispecchiano i dati reali. A che scopo? D’altronde, sono proprio di questi giorni le foto che ritraggono i vertici TPER sorridenti e tronfi al fianco di Tagliani e Modonesi. Mai una volta, però, che questi amministratori locali si facciano ritrarre sorridenti a fianco di cittadini a cui abbiano risolto un problema.
E visto che Ruzziconi rimarca sempre “gli anni 80 del secolo scorso”, ricordiamo che all’epoca fu detto agli allora residenti che questa stazione sarebbe stata solo temporanea (vecchi mezzucci della politica ancora in essere). Ricordiamo che anche le erbacce di cui dovrebbe occuparsi Ami e di cui non si occupa sono risalenti agli anni 80 del secolo scorso. Ricordiamo che un tale progetto poteva solo essere degli anni 80 del secolo scorso quando non c’era nessuna cultura ambientalista e non si conoscevano gli effetti negativi sulla salute dello smog selvaggio (alzheimer, tumori, problemi cardiaci, allergie). Ricordiamo che anche i bus che circolano sono del secolo scorso mentre noi cittadini dobbiamo avere l’euro 6/7. Ricordiamo che le leggi ambientali più importanti sono tutte successive agli anni 80, che la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto alla salute essere proprio di tutti i cittadini, senza eccezioni dovute alle vie di residenza.
Infine, continuare a dire sempre che “solo alcuni residenti” si lamentano, solo perché gli altri sono molto anziani e non riescono a partecipare attivamente al contraddittorio, ci sembra privo di gusto, perché anche loro lamentano disagi e meritano tutela, invece, solo perché avanti con l’età, si vuole ignorarli.
In una città patrimonio dell’Unesco, che vuole andare al passo con i tempi e dice di essere moderna, lasciare un piazzale in questo stato adibito ad autostazione, con i mezzi a pochi metri dalle abitazioni, poteva essere solo una concezione anni 80 del secolo scorso, e tale è rimasta. Forse è arrivato il momento di modernizzarla davvero questa città, spazzando via anche una classe dirigente, quella sì anni 80 del secolo scorso, incapace di stare al passo con i tempi.
Movimento 5 Stelle Ferrara

Dreams School” Ferrara – La collezione esclusiva firmata KIABI per finanziare un programma educativo in Bangladesh

Da Organizzatori

Anche a Ferrara, grazie al sostegno delle comunità locali, l’azienda di abbigliamento francese è riuscita a vendere circa 4.000 prodotti “Dreams School” raccogliendo più di 12.000 euro.

KIABI ha realizzato un sogno: costruire una scuola in Bangladesh ad ottomila chilometri di distanza dall’Italia. “Dreams School” è un progetto ideato dall’azienda francese di abbigliamento KIABI per chi ha realmente bisogno di aiuto. Questo progetto charity, sostenuto anche dalla Fondazione KIABI, rientra nella strategia dell’azienda che consiste nel sostenere concretamente le persone in difficoltà, andando così a sottolineare che si può fare moda aiutando anche i più deboli. Centinaia di bambini in tutti i Paesi del mondo dove l’azienda è presente con i suoi punti vendita, dalla Francia alla Russia, hanno disegnato la scuola dei propri sogni per offrire un aiuto ai loro coetanei del Bangladesh. Una giuria composta da numerosi collaboratori KIABI, tra cui diversi stilisti, ha selezionato i disegni più belli ed in poche settimane è stata realizzata una collezione unica chiamata “Dreams School”, nata grazie ai sogni e alle idee dei più piccoli.

In solo un mese di tempo, dal 1 al 30 giugno, la collezione ha riscosso un grande successo in termini numerici. Anche nel punto vendita presente a Ferrara (Via Giovan Battista Pigna 1), grazie anche al supporto ed alla collaborazione delle comunità locali, sono stati venduti circa 4.000 prodotti e raccolti oltre 12.000 euro interamente destinati a finanziare un programma educativo in Bangladesh.

KIABI nasce nel 1978 in Francia a Lille per iniziativa della famiglia Mulliez, dinastia francese che ha fondato Auchan, Decathlon, Leroy Merlin e Pimkie. Da quasi 40 anni il brand francese propone ai suoi clienti una moda accessibile per tutta la famiglia (uomo, donna, bambino, bebè, taglie comode, premaman) grazie alla sua ampia scelta di vestiti di qualità. L’obiettivo è quello di offrire una proposta fashion a prezzi contenuti raggiungendo in questo modo un eccellente rapporto qualità – prezzo.

In merito ai problemi alle reti idriche

Da Forza Italia

Ferrara, 31/07/2017

Emergenza acqua, il Pd ha votato compatto il Bilancio Ambientale

Appena venerdì scorso, in qualità di responsabile provinciale di Forza Italia, avevo inviato un comunicato per denunciare vari aspetti sulla problematica – ampiamente sottovalutata – relativa all’acqua nel nostro territorio, tra cui l’inefficienza della rete di distribuzione. Giusto due giorni dopo è giunta la grana di Pontelagoscuro, con la frazione allagata per via di un guasto idrico.
Mi scrollo volentieri di dosso i panni di Cassandra, alla luce del fatto che quanto dichiarato nel mio intervento era ampiamente prevedibile, molti però hanno aperto gli occhi solamente a danno avvenuto.
Tra questi anche il consigliere Pd Davide Bertolasi che, il giorno precedente alla rottura di Pontelagoscuro, aveva presentato un ordine del giorno teso a monitorare il problema idrico.
Al di là dell’infelice battuta riportata sui social (“non abbiamo l’acqua, oggi serviamo solo vino”) desidero ricordare a Bertolasi che il suo interevento è comunque tardivo, come quello di tutta l’amministrazione. Se davvero ci fosse stata attenzione e sensibilità verso le risorse del territorio, mi sarei aspettata che il collega consigliere avesse votato contro al Bilancio Ambientale presentato dal Comune di Ferrara (approvato in modo compatto da tutta la maggioranza nda) perché proprio in quel documento venivano riportati dati oltremodo allarmanti e in qualche modo anticipatori dei gravissimi problemi alla rete idrica, tra i quali perdite di efficienza pari al 39%: su 100 litri di acqua immessi nella rete, quasi 40 vanno sprecati. Il tutto si evince anche dalle bollette Hera, laddove il cittadino viene chiamato a versare somme a titolo di “quota adesione al fondo fughe”, ammettendo in questo modo che il problema c’è e, secondo l’azienda, va risolto a spese del contribuente.
Nel momento in cui si discuterà l’odg di Bertolasi sarà interessante verificare quanti e quali interventi il Comune di Ferrara ed Hera intenderanno compiere per la manutenzione straordinaria degli impianti. Immagino che ora quasi tutti chiederanno di risolvere il rapporto con Hera, strada sicuramente pericolosa perché, così facendo, la multiutility se ne andrebbe con in tasca i soldi incassati in questi anni dai ferraresi, mentre alla città rimarrebbe una rete colabrodo da sistemare a spese proprie.
Non solo. Credo che i cittadini debbano essere chiaramente informati anche sulla qualità dell’acqua che giunge nelle loro case a uso potabile, soprattutto dopo il caso del piombo rinvenuto nelle tubature delle scuole di San Martino. Tubature che, con molta probabilità, sono uguali o molto simili a quelle presenti presso le abitazioni private.
È il caso quindi che, anche all’interno dell’apposita commissione, si cominci a fare chiarezza su tutti gli aspetti connessi al bene-acqua nella nostra città.

Paola Peruffo
Coordinatrice Provinciale
Forza Italia Ferrara

A Livio Zerbini Laurea Honoris Causa in storia antica in Georgia

Da UniFe

Nuovi riconoscimenti per Livio Zerbini, docente di Storia romana di UniFE, recentemente insignito della Laurea honoris causa in Storia antica presso l’Università Statale Shota Rustavel di Batumi (Georgia), conseguita per le scoperte archeologiche compiute in territorio georgiano.

In occasione della cerimonia, Zerbini ha tenuto una lectio magistralis al Parlamento della Repubblica Autonoma di Adjara (Georgia), alla presenza del Presidente del Parlamento, l’On. David Gabaidze, e ad alcune autorità georgiane, tra cui il Ministro della Cultura e del Turismo.

Livio Zerbini insegna Storia romana all’Università di Ferrara. E’ Delegato del Rettore al Diritto allo studio e servizi a studentesse e studenti, dirige il LAD – Laboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane, il Se@Unife – Centro di Tecnologie per la comunicazione, l’innovazione e la didattica a distanza e il Centro Internazionale di Studi sul Mar Nero. È autore di documentari e collabora con diverse trasmissioni televisive. Ha al proprio attivo centinaia di pubblicazioni e oltre venti saggi.

Confagricoltura Ferrara:uno sbaglio il divieto di utilizzo di prodotti fitosanitari sulle “efa”

Da Confagricoltura Ferrara

“E’ un grossolano errore quello commesso dall’Unione Europea di vietare, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, l’utilizzo di prodotti fitosanitari sia nelle colture intercalari che in quelle azotofissatrici, quando vengono dichiarate come Aree ad Interesse ambientale (EFA). Tale divieto avrà come effetto la riduzione della superficie a soia in provincia di Ferrara, visto che questa coltura è stata largamente utilizzata come EFA”. A sostenerlo è Pier Carlo Scaramagli, Presidente di Confagricoltura Ferrara, che spiega “Le aziende che possiedono più di 15 ettari a seminativo, sono obbligate a realizzare una superficie pari al 5% da destinare ad area di interesse ambientale (set aside, margini dei campi, colture proteiche, ecc.). Di conseguenza rientrano nel divieto le superfici coltivate a proteiche con finalità produttive (soia, pisello, fava, favino, lupino, ecc.). La soia è una coltura molto importante, perché è una azotofissatrice (l’azoto atmosferico viene catturato e fissato nel terreno), con i conseguenti benefici in termini ambientali, e perché è produttrice di proteine vegetali, di cui l’Italia è ampiamente deficitaria. L’uso di prodotti fitosanitari è fondamentale per ottimizzare la produttività agronomica delle aree di interesse ecologico e la riduzione delle produzione contribuisce ulteriormente al deficit proteico del nostro Paese; inoltre una leguminosa “malata” non garantisce la disponibilità di azoto né la necessaria copertura del suolo. Quello che colpisce in particolare – prosegue Scaramagli – è che il divieto di utilizzo di prodotti fitosanitari nelle colture leguminose, pare voler ignorare il motivo per cui queste colture sono state incluse nelle aree di interesse ecologico, ovvero non per la diversità biologica delle superfici coltivate ma per il suolo, in quanto fissano e catturano l’azoto per la coltura successiva e permettono una più ampia rotazione dei seminativi”. Il dibattito all’utilizzo di prodotti fitosanitari sulle EFA è stato molto acceso; la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo aveva bocciato a larga maggioranza la proposta di vietare l’uso di prodotti fitosanitari sulle EFA. Tuttavia l’ultima parola spettava al Parlamento europeo in seduta plenaria, che per soli 13 voti di differenza, ha vietato l’utilizzo dei prodotti fitosanitari per le EFA. “Le colture destinate alle proteine vegetali consentono al produttore agricolo di migliorare l’ordinamento produttivo, stimolando la rotazione tra colture depauperanti e colture da rinnovo, interrompendo la monosuccessione di cereali. Inoltre contribuiscono a favorire la rotazione – afferma Marco Faccia, Presidente Provinciale, Regionale e Nazionale della Sezione Proteoleaginose di Confagricoltura – migliorando la struttura e fertilità del terreno e riducendo l’impiego di fertilizzanti ed agrofarmaci, con conseguenti benefici economici per i produttori. Il divieto di utilizzo dei prodotti fitosanitari sulle EFA determinerà una diminuzione delle colture produttrici di proteine vegetali, in pieno contrasto con il “piano proteine vegetali varato dalla UE. In questo nuovo scenario, che caratterizzerà il 2018 e gli anni a venire, l’agricoltore dovrà rispettare le norme sul greening utilizzando altre colture azotofissatrici, come l’erba medica (in grado di sopportare meglio il divieto), ricorrendo al set-aside (formula da sempre sgradita agli agricoltori, senza contare che si dovrebbe intervenire, al ripristino delle coltivazioni, con prodotti fitosanitari per liberare i terreni dalle erbe infestanti), oppure utilizzando gli elementi caratteristici del paesaggio (siepi alberi in filari ecc.) allo scopo di soddisfare l’impegno delle EFA, che però fino ad ora sono stati ben poco utilizzati a causa della difficoltà informatica nella loro individuazione”.

Se il pubblico viene gestito da “cosa pubblica” non può esserci conflitto di interessi

Proviamo a entrare nel dibattito sul conflitto di interesse in cui, secondo il consigliere governativo Marattin, si trova ad operare il nostro sindaco Tagliani. Ci entriamo con qualche riflessione non polemica, né pro né contro. Uno spunto per contribuire al dibattito politico con il non celato tentativo di riportarlo verso sponde più comprensibili e utili ai cittadini.

Tra la domanda di Luigi Marattin e la risposta del Sindaco Tagliani (entrambe formulate sulle pagine di estense.com) c’è, a mio avviso, un buco da riempire, con un po’ di memoria, un pizzico di dati, qualche pezzo della nostra Costituzione e, aggiungerei, anche con un po’ di rispetto per i cittadini italiani, di cui i ferraresi sono una parte.
Se partiamo dal presupposto che il conflitto di interessi si palesa quando un soggetto pubblico, che dovrebbe essere imparziale data la sua funzione, che ha potere di decisione su una determinata questione ha anche degli interessi privati, personali, professionali nella stessa questione, allora la domanda posta dall’ex assessore al bilancio è mal posta, non trova fondamento ed è fuorviante perché porta, ancora una volta, il discorso politico su falsi problemi, sui contorni che non sono sostanza.
Il conflitto di interessi su cui Marattin si interroga, e chiede conto, ci potrebbe essere solo se i sindaci (o il Sindaco Tagliani in questo caso) avessero interessi privati, prendessero soldi da Hera o da qualche altra azienda privata, ma escludo che Marattin volesse intendere questo.
Per il cittadino, se i soldi arrivano sotto forma di minor costi a fronte di un servizio efficiente e funzionale oppure nelle casse comunali attraverso i dividendi azionari, semplicemente non cambia niente perché il suo interesse è avere libero accesso alle cose pubbliche e che queste siano gestite nel migliore dei modi a costi accessibili.
E allo stesso modo e in quest’ottica non ha senso la risposta di Tagliani. Cassa Depositi e Prestiti lavora per lo Stato e di conseguenza per i cittadini italiani, in ogni caso quello che fa sotto forma di servizi, tutela del patrimonio, aiuto al credito, tutto ritorna al cittadino, quindi anche a Marattin o a Tagliani.

Come al solito il dibattito politico ci porta lontano dall’essenza del problema reale e i maligni potrebbero anche pensare che forse serve proprio a quello. Il punto, infatti, non è questo inesistente conflitto di interessi, ma la sostanza della politica che gira, gioca con le parole, ci confonde e ci porta a discutere del nulla allontanandoci dai reali problemi che invece dovremmo affrontare.
L’argomento sul quale si glissa sta alla base ed è l’argomento di cui realmente si dovrebbe discutere: pubblico o privato? Ovviamente e scontatamente privato! Così la pensa Marattin seguendo gli insegnamenti di Giuliano Amato, Prodi, Draghi, Monti, che hanno dato l’avvio o le hanno sostenute a spada tratta. Sono partite nel 1992, più o meno, e all’epoca lo Stato aveva in carico il 16% della forza lavoro del Paese, controllava l’80% del sistema bancario, tutta la logistica (treni, aerei, autostrade), la telefonia, le reti delle utility (acqua, elettricità, gas), pezzi importanti della siderurgia e della chimica, la Rai. E non è finita, c’erano le assicurazioni, meccanica, elettromeccanica, fibre, impiantistica, vetro, pubblicità, spettacolo, alimentare. Persino supermercati, alberghi e agenzie di viaggi.
Qualche tempo fa chiesi a Giuliano Amato, qui a Ferrara alla libreria Ibs, qualche conto su queste privatizzazioni, ma mi rispose che lui non ne aveva poi fatte così tante. Io ne cito una per tutte: la dismissione del sistema bancario e assicurativo, cioè Credito Italiano, Comit e Ina attraverso quella che fu chiamata ‘Legge Amato’. Insomma si completava quanto iniziato da Ciampi e Andreatta nel 1981 con il ‘divorzio’ tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro, quel processo che iniziò l’innalzamento del nostro debito pubblico verso i traguardi attuali grazie al fatto che da allora, per il finanziamento dei bisogni statali (ovvero: vendita dei Btp), siamo costretti a rivolgerci al mercato senza poter decidere il tasso di interesse (come fa ad esempio il Giappone) e senza nessuna protezione dagli umori del mercato finanziario.
Scelte di questo tipo (cioè la scelta tra privato e pubblico, con capitolazione di quest’ultimo), in questo caso, per dare un’idea delle conseguenze, ci hanno portati a pagare qualcosa come 3.000 miliardi di interessi in trent’anni sul debito pubblico (per qualcuno non siamo affidabile ma per quelli che contano siamo buoni evidentemente da spremere come limoni). 3.000 miliardi e noi di cosa parliamo? Del conflitto di interessi tra il nulla cosmico e la materia invisibile che tiene insieme l’universo.

Poi appunto, dopo l’opera di Ciampi e Andreatta, arrivò Amato a privatizzare completamente la moneta e affidare i nostri destini allo spread e alle altalene della borsa.
E a chi sono state cedute e in quale modo i gioielli dello Stato, cioè di tutti noi cittadini italiani? Agli amici degli amici ovviamente e oggi per andare a farci un bagno al mare da Ferrara ad Ancona ci tocca pagare 20 euro all’andata e 20 al ritorno con sosta forzata perché da 3 mesi un ponte è venuto giù, ma l’efficienza ricostruttiva del privato ancora non si vede. Sarà per questo che in Germania se le sono tenute strette le autostrade. Come del resto sempre la Germania si è tenuto stretto la sua Banca Pubblica, la Kfv, con la quale finanzia a basso costo i suoi imprenditori, e le circa 1.500 Sparkassen pubbliche, semi pubbliche e a partecipazione statale.
Qui da noi invece le banche o le facciamo fallire oppure facciamo ripagare i danni ai risparmiatori. Carife è solo un timido esempio.

E cosa c’era di tanto sbagliato nel controllo statale delle aziende strategiche, dei beni comuni (trasporti, telecomunicazioni e acqua)? Ci sono beni e servizi che vanno tutelati e il privato non può e non deve essere chiamato a farlo, il privato fa i suoi interessi come è giusto che sia. Il debole, l’indifeso, chi non è furbo e intraprendente come i giovani renziani, chi è portatore di handicap o ha bisogno di cure, chi non riesce a competere con le leggi della giungla, nel mondo dorato dei liberisti viene affidato alla pietà o è relegato a margini.
Eppure mi piace ricordare che lo stesso Adam Smith, il padre delle teorie liberiste, scriveva nella ‘Ricchezza delle Nazioni’: “…la proposta di una nuova legge o di un nuovo regolamento di commercio che provenga da quest’ordine (uomini del commercio e delle manifatture), deve sempre essere ascoltata con grande precauzione, e non deve essere adottata se non dopo essere stata lungamente e diligentemente esaminata, non solo con scupolosissima, ma con sospettosissima attenzione. Essa proviene da un ordine di uomini di cui l’interesse non è esattamente lo stesso di quello del pubblico; che in generale hanno un interesse ad ingannare ed anche ad opprimere il pubblico, e che in molte occasioni l’hanno ingannato e oppresso…”.
Nel 1776 il ragionamento era molto più avanti e lungimirante di quello odierno operato dai neoliberisti incalliti del Pd, che tra privatizzazioni, globalizzazione e finanziarizzazione dell’economia a tutti i costi sembrano davvero aver perso il senso della realtà oltre che dell’umanità.

E per finire, quanto abbiamo incassato da queste privatizzazioni, che chissà perché qualcuno osa chiamare “svendite” oppure “selvagge”? La cifra si aggira sui 100 miliardi, in pratica un tozzo di pane, rispetto ai danni ‘bellici’ subiti grazie alle scelte politiche di cui abbiamo prima parlato.
Immaginiamo invece per un attimo di avere ancora a disposizione tutte quelle aziende, quei posti di lavoro da gestire, una banca pubblica che finanzia le opere o i programmi di sviluppo. Immaginiamo… ma non ce la facciamo. Perché davanti agli occhi ci ritroviamo i reali problemi dell’Italia: la nostra inconcludente classe politica, ma anche la scarsa capacità di individuare i problemi da parte dei cittadini, la nostra scarsa memoria e quindi il nostro rimanere attaccati sempre agli stessi uomini che a volte si clonano e ti spunta un Marattin dal cappello invece del coniglio. Un Marattin che ti propone che “tutto deve cambiare perché nulla cambi”.

Pubblico o privato? Nel mezzo ci sono anche le tutele della nostra Costituzione, già scritte e che andrebbero messe in pratica, visto che sono sopravvissute all’ultimo tentativo di ‘deforma’ a furor di popolo (anche se in blocco il Pd ha fatto finta di niente). L’iniziativa privata è libera e va tutelata, ma ancor di più va tutelato l’impianto keynesiano della stessa, ovvero l’intervento e il controllo statale, la tutela dei più deboli e tutto l’impianto della res pubblica che ne scaturisce.
Creiamo un dibattito allora su questo, ci facciano intervenire sulle cose serie, chiedano a noi, che ne siamo i proprietari, se vendere o affidare o trattenere i beni pubblici e si ricordino, magari, che loro ne sono solo i momentanei gestori e di conseguenza, a voler essere onesti, non dovrebbero avere nessun conflitto di interessi. In un Paese a popolazione attiva e recettiva, ovviamente.

Agosto: Una Mostra al Mese a Bondeno “Peperoncino“ di Michele Arveda

Da Organizzatori

Michele Arveda tecnico del suono professionista (ha lavorato con De Andrè, Vecchioni, Nomadi ecc. ecc.) “coltiva” da decenni un hobby … coltiva(re) peperoncini, dalla scelta delle sementi, alla ibridazione … alla degustazione. Non possono passare inosservati i riferimenti tra i buoni “suoni” e i buoni “sapori” (udito/gusto) … armonizzare, trovare la giusta nota di piccante, creare un carattere preci(so) prezio(so), suggerire buon umore, energia … e “condire” con piacere, con passione e con “fuoco”.

La 106esima “Mostra al Mese” di Auxing è aperta fino al 31 agosto 2017; oltre a questa Temporanea, è visitabile la Mostra Permanente degli artisti che hanno esposto precedentemente e la Mostra Collettiva degli allievi di Pittura.
(orari: lunedì 14:00 – 22:00 sabato 14:00 – 17:00
altri giorni su appuntamento)
Ingresso Libero (le mostre sono aperte a tutti e non solo ai soci)

Memorial Gianni Camozzi a Gradizza

Da Organizzatori

Copparo – Memorial Gianni Camozzi, un evento dell’associazione S. Lorenzo

Domenica 30 luglio scorso a Gradizza, si è tenuta la gara di pesca sportiva Memorial Gianni Camozzi organizzata dall’associazione San Lorenzo. Un momento di sport a contatto con la natura, che si inserisce nel ricco programma delle celebrazioni organizzate dall’associazione.

L’iniziativa era ricolta anche a ragazze e ragazzi e ai loro famigliari, nella mattinata hanno preso parte alla gara 26 bambini con i loro genitori e nonni. L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Copparo (era presente l’assessore Enrico Bassi), è realizzata con il sostegno di Avis provinciale (presente il presidente Bonora) e la famiglia Camozzi.

Sospensione estiva consulenza legale e psicologica

Da UDI Ferrara

UDI – Unione Donne in Italia informa che il servizio di consulenza legale (in materia di diritto di famiglia, separazione, divorzio, affidamento di figli, rapporti patrimoniali e gestione di eredità, problemi sul posto di lavoro o legati alla salute di genere) e il servizio di consulenza psicologica messi a disposizione gratuitamente per tutte le donne saranno sospesi durante l’intero mese di Agosto e riprenderanno a Settembre.
Fin da ora è possibile contattare il numero 0532.206233 allo scopo di prenotare un appuntamento per consulenze a partire dalla prima settimana di Settembre presso la sede dell’associazione in Ferrara, via Terranuova 12/b.

Il servizio gratuito di consulenza legale messo a disposizione da UDI – Unione Donne in Italia è stato riattivato recentemente, nell’ottobre 2016. Nei primi sette mesi del 2017 (gennaio – luglio), 46 donne hanno usufruito di questo servizio, di cui circa un quarto sono donne migranti. La maggior parte delle consulenze ha trattato problematiche relative alla separazione o al divorzio. In molti casi si presentano altre problematiche specifiche correlate, come l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento e i rapporti patrimoniali tra coniugi o ex coniugi. Alcuni casi sono stati poi accolti dal servizio di consulenza psicologica. Altre donne – circa una decina da quando il servizio è stato riattivato dall’inizio dell’anno 2017 – si sono rivolte direttamente all’UDI per la consulenza psicologica che, a differenza di quella legale, prevede fino a tre colloqui. Continua inoltre la collaborazione con il Centro Donna Giustizia per quanto riguarda i casi di violenza più gravi.

Ferrara, la terra delle sagre d’autunno

Da Organizzatori

La provincia ferrarese è uno scrigno di prodotti tipici da assaporare: dal tartufo alla salama da sugo, dai tortellini ai cappellacci di zucca, ecco dove deliziarsi.

Sapori autentici nascono sulle terre bagnate del Delta del Po, Patrimonio UNESCO. Prodotti tipici variegati e genuini, che fanno della provincia di Ferrara uno scrigno di enogastronomia d’autore, da scoprire soprattutto in autunno, periodo ideale per scoprire le sagre sul territorio. Eventi gustosi da vivere grazie al Consorzio Visit Ferrara, che mette insieme circa 90 operatori turistici di tutta la provincia ferrarese.
Se la regina della laguna è l’anguilla, celebrata in molte ricette con la Sagra dell’Anguilla di Comacchio – per 3 weekend dal 29 settembre al 15 ottobre 2017 https://www.visitferrara.eu/it/eventi/sagra-dell-anguilla – tante altre sono le prelibatezze caratteristiche di questa terra: dall’Aglio di Voghiera DOP all’Asparago verde di Altedo IGP che cresce nella natura sabbiosa alla foce del Po, dagli storici Cappellacci di zucca, già noti nei ricettari rinascimentali, come la Coppia ferrarese IGP (pane dalle forme ritorte) e il Cocomero serviti alla corte degli Estensi, fino alle pere e le pesche IGP. E poi salumi, tartufi e dolci imbandiscono piatti e tavole tra i colori autunnali.
Una delle sagre più apprezzate è la Sagra della Salamina da sugo al cucchiaio di Madonna Boschi, dal 21 al 24 settembre, dal 28 settembre al 1° ottobre e dal 5 all’8 ottobre (www.prolocomadonnaboschi.it). Il più noto insaccato della provincia si presta a variegate ricette, dal carpaccio crudo con grana e crema d’aceto balsamico al sugo al cucchiaio, contornata da purè di patate. Gli amanti dei tortellini, non possono perdere la Sagra del Tortellino d’autunno di Reno Centese www.lasagradeltortellino.it, dal 6 all’8 e dal 13 al 15 ottobre. Ricette lavorate con maestria per esaltare i sapori più tradizionali. Nella ricetta ferrarese i tortellini o meglio dire “cappelletti” sono di carne e cucinati in brodo di cappone o abbinati a condimenti diversi, come il ragù in petto d’anatra. Ce n’è per tutti i gusti. I palati sopraffini adoreranno la Sagra del Tartufo di Sant’Agostino, dal 31 agosto all’11 settembre – www.sagratartufo.it – 38esima edizione della sagra con protagonista il tartufo proveniente dal Bosco della Panfilia. Mentre nel Bosco della Mesola si spandono i profumi dei piatti della Sagra del Radicchio (22, 23, 24, 26, 27, 29, 30 settembre e 1 e 2 ottobre). Occasione anche per visite guidate e in bici. Altra guest star della cucina della provincia ferrarese è la zucca. Dal 10 al 20 agosto e ancora dal 28 ottobre al 1° novembre esprime tutta la sua bontà a San Carlo, per la Sagra della zucca e del suo cappellaccio www.sagrasancarlo.it. I cappellacci alla zucca, tipica pasta fatta a mano, sono conditi come da tradizione con ragù o burro e salvia, oppure con noci e marsala (cappellacci del cuore) o con ragù di cinghiale (cappellacci del norcino). E poi con tartufo e stracchino e tante varianti.

Per scaricare immagini in alta definizione:
http://ellastudio.it/comunicato-stampa/ferrara-la-terra-delle-sagre-dautunno/
Password: ellastudio

Per informazioni e prenotazioni: Consorzio Visit Ferrara
Via Borgo dei Leoni 11, Ferrara (FE)
Tel. 0532 783944, 340 7423984
E – mail: assistenza@visitferrara.eu
Sito web: www.visitferrara.eu

Teatro Estate a Lido di Pomposa, con I Burattini di Jacopo Orsolini

Da Comune di Comacchio

In scena Mengone, Rugantino e le altre maschere del teatrino dell’artista marchigiano
Dopo il tutto esaurito registrato la scorsa settimana al Lido degli Scacchi, la rassegna itinerante “Teatro Estate”, prosegue mercoledì 2 agosto in Piazzetta Ballardini a Lido di Pomposa (in fondo a via della Paganella, intersezione con viale Mar Adriatico). A partire dalle ore 21.15 animeranno la scena i Burattini di Jacopo Orsolini, di Montegranaro (FM). La ritrovata maschera marchigiana, Mengone Torcicolli, è protagonista, assieme al compagno di avventure Rugantino, di una movimentata e allegra selezione di farse sul solco della tradizione, in cui si scontrano con ladri di salami, diavoli e scheletri, risolvendo ogni conflitto con stratagemmi ironici e beffardi.

Lo spettacolo è composto da due farse, sottese in bilico tra gag tradizionali e trovate innovative ed originali, che dilatano sempre di più le possibilità d’azione scenica dei burattini.
Lo spettacolo è adatto a tutti, a partire dai 3 anni di età. L’appuntamento successivo si terrà mercoledì 9 agosto in viale delle Querce a Lido degli Estensi e vedrà protagonisti I Burattini di Massimiliano Venturi. A seguire, mercoledì 16 agosto sempre a Lido Estensi sarà recuperato lo spettacolo di Mattia Zecchi, Fagiolino Medico per Forza, inizialmente previsto per il 28 giugno, rinviato per maltempo. La programmazione di “Teatro Estate”, realizzata da Bialystok Produzioni con la direzione artistica di Massimiliano Venturi, è gemellata con la rassegna ravennate “Burattini alla Riscossa!”. Le due rassegne sono parte integrante di un cartellone che per tutta l’estate attraverserà le due province, realizzato con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna. L’ingresso agli spettacoli è gratuito. Il programma completo è in distribuzione negli uffici informazioni turistiche dei sette Lidi e negli esercizi commerciali, ed è scaricabile sul sito www.comacchioateatro.it. In caso di pioggia gli spettacoli saranno rinviati a data da destinarsi. Per informazioni: 349 0807587.

Musica a Marfisa d’Este – Concerto di martedì 1 agosto 2017

Da Organizzatori

CIRCOLO CULTURALE AMICI DELLA MUSICA GIROLAMO FRESCOBALDI Musica a Marfisa d’Este – Corso Giovecca 170 Ferrara Concerto di martedì 1 agosto 2017

FERRARA – Recital pianistico di Paolo Zentilin martedì 1 agosto 2017 alle ore 21,15 a Musica a Marfisa d’Este di Corso Giovecca 170. Si tratta di un atteso ritorno di questo pianista friulano che già nelle precedenti edizioni della rassegna aveva ottenuto grande consenso di pubblico e di critica. Zentilin eseguirà musiche di Haydn (Sonata Hob XVI:19), Debussy (i famosi Children’s Corner), e Liszt (Sposalizio e Après une Lecture de Dante: Fantasia quasi Sonata). L’ingresso al concerto è a offerta libera.
Paolo Zentilin, nato nel 1987, ha conseguito al Conservatorio “G. Tartini” di Trieste il Diploma Accademico di I e II livello, indirizzo interpretativo, entrambi con il massimo dei voti e la lode. Parallelamente agli studi musicali, si è laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi del capoluogo friulano.
Continua tuttora gli studi di composizione al Conservatorio di Trieste, nella classe di Fabio Nieder, e in tale ambito ha recentemente pubblicato per la casa editrice Wilhelm Hansen una trascrizione per pianoforte e fisarmonica del “Concerto per fisarmonica e orchestra op.146” del compositore danese Niels Viggo Bentzon, suscitando un notevole interesse di critica

Note di settembre a Comacchio con noti cantanti italiani

Da Organizzatori

L’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Comacchio in collaborazione con Produzione Culturale presenta NOTE DI SETTEMBRE III Edizione 01 – 09 settembre 2017

Comacchio regina del cantautorato: dopo il live di Antonello Venditti e le applauditissime esibizioni di Luca Barbarossa, Samuele Bersani e Mariella Nava torna Note di Settembre, prestigiosa rassegna concertistica, giunta alla terza edizione, organizzata dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo in collaborazione con Produzione Culturale. Dal primo al nove settembre a calcare l’Arena di Palazzo Bellini saranno Marina Rei, I Musici di Francesco Guccini, Irene Grandi & Pastis e Fabio Concato. Quattro imperdibili appuntamenti con il meglio della musica italiana tra, pop, jazz, folk, rock ed un pizzico di videoarte.

Comacchio regina del cantautorato: dopo il live di Antonello Venditti e le applauditissime esibizioni di Luca Barbarossa, Samuele Bersani e Mariella Nava, torna Note di Settembre, prestigiosa rassegna concertistica, giunta alla terza edizione, organizzata dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo in collaborazione con Produzione Culturale.
Due fine settimana (1-2 e 8-9 settembre) per quattro imperdibili appuntamenti all’Arena di Palazzo Bellini (ore 21.30) con il meglio della musica italiana tra pop, jazz, folk, rock ed un pizzico di videoarte.
La kermesse alza il sipario – venerdì 1 settembre ore 21.30 – ospitando una tappa del tour acustico della cantautrice, batterista e percussionista Marina Rei, accompagnata al violoncello da Mattia Boschi (già con Marta sui tubi, Lucio Dalla, Malika Aiane, Franco Battiato). Qui voce e strumenti fluiscono in intime atmosfere atte ad esplorare territori sonori sempre nuovi e contaminati. Così la Rei ha deciso di reinterpretare la sua carriera, ripercorrendo anche i brani che l’hanno resa celebre. Nata a Roma, classe 1969, Marina Restuccia è figlia di Vincenzo Restuccia, batterista dell’orchestra di Ennio Moricone. All’inizio degli anni ’90, sotto lo pseudonimo di Jamie Dee, esplora la dance music ottenendo buoni riscontri, ma la svolta arriva quattro anni dopo, quando firma un contratto con la Virgin Records divenendo Marina Rei. Tra i suoi brani più famosi ricordiamo “Primavera”, che ha fatto palpitare il cuore di migliaia di teenagers, e “La parte migliore di me” incluso nella colonna sonora di “Ricordati di me”, pellicola di Gabriele Muccino.
Sabato 2 settembre (ore 21.30) è la volta del particolarissimo “Lungoviaggio” di Irene Grandi & Pastis, spettacolo di videoarte musicale, o foto-concerto, in cui le immagini del quotidiano, i suoni e i rumori dell’umanità più varia, i volti degli spettatori, si fondono in una sorprendente performance interattiva con l’ausilio di chitarre, pianoforte, voce e…macchina fotografica. Quello del viaggio è un tema molto caro alla cantautrice fiorentina che in svariati album ha proposto l’argomento in modo sempre originale (si pensi al singolo ‘Prima di partire per un lungo viaggio’ scritto per lei da Vasco Rossi). Lo stesso vale per la poetica dei Pastis, i fratelli Marco e Saverio Lanza, che di esso si nutre aprendo una finestra sul mondo ricca di stupore, emozione e senso dell’umorismo, atta a denotare la leggerezza di chi sa scrutare con genuina curiosità.
Anche se Francesco Guccini non ha più intenzione di calcare i palcoscenici, Juan Carlos “Flaco” Biondini (voce, chitarre), Vince Tempera (pianoforte), Antonio Marangolo (percussioni, sax e tastiere) e Pierluigi Mingotti (basso), alias I Musici, proporranno – venerdì 8 settembre ore 21.30 – uno spettacolo denso di emozioni che ripercorre gli intramontabili successi del grande cantautore, compositore, scrittore e attore modenese. Brani come “Il vecchio e il bambino”, “ Dio è morto”, “Noi non ci saremo” brillano di nuova luce, arricchiti da una serie di aneddoti che riassumono attimi di vita vissuta accanto al poeta. Compito tutt’altro che scontato, che solo una band così affiatata e longeva può assolvere, raccogliendo i consensi di sempre più numerosi e prestigiosi festival.
Note di Settembre chiude questa terza edizione, sabato 9 alle ore 21.30, celebrando i 40 anni della carriera di uno dei cantautori italiani più amati, Fabio Concato. Nel ripercorrere un percorso costellato di successi, di musica scritta e cantata sempre con lo stesso amore e lo stesso piacere, il cantautore milanese ha deciso reinterpretare in chiave jazzistica il suo vasto repertorio con il sostegno del trio capitanato dal talentuoso pianista Paolo Di Sabatino, completato da Marco Siniscalco al basso e Glauco Di Sabatino alla batteria.
Frutto di questo connubio artistico è “Gigi”, album uscito lo scorso maggio per Egea, che ha trasferito di fatto in studio di registrazione la magia che si rinnova ad ogni live. Concato è una delle più belle certezze della nostra musica d’autore. Nel corso degli anni ha saputo ritagliarsi uno spazio importante narrando in modo molto personale le piccole grandi storie della quotidianità. Nostalgie, ricordi, speranze, rivelazioni e confessioni appena delineate, lampi d’allegria contagiosa e momenti di grande tenerezza popolano il mondo delle sue canzoni, simili a foto, illustrazioni e annotazioni in un diario della memoria con cui è sempre riuscito a fare breccia nell’immaginario collettivo.
Tutti i concerti si svolgeranno all’Arena di Palazzo Bellini (Via Agatopisto 5, Comacchio – FE). In caso di maltempo saranno trasferiti alla Sala Polivalente, all’interno del palazzo. Per informazioni 0533 314154, www.comunecomacchio.fe.it, www.turismocomacchio.it

PROGRAMMA
Venerdì 01 settembre, ore 21.30
Marina Rei
Marina Rei, voce e chitarra;
Mattia Boschi, violoncello

Sabato 02 settembre, ore 21.30
Irene Grandi & Pastis
Irene Grandi, voce;
Marco Lanza, pianoforte e macchina fotografica;
Saverio Lanza, chitarra e videocamera

Venerdì 08 settembre, ore 21.30
I Musici di Francesco Guccini
Juan Carlos “Flaco” Biondini, voce e chitarra;
Vince Tempera, tastiere;
Pierluigi Mingotti, basso elettrico;
Ivano Zanotti, batteria

Sabato 09 settembre, ore 21.30
Fabio Concato featuring Paolo Di Sabatino Trio
Fabio Concato, voce;
Paolo Di Sabatino, pianoforte;
Marco Siniscalco, basso;
Glauco Di Sabatino, batteria

***

INFORMAZIONI
Infoline 0533 314154
www.comunecomacchio.fe.it
www.turismocomacchio.it

DOVE
Tutti i concerti si svolgono all’Arena di Palazzo Bellini – Via Agatopisto, Comacchio (FE). In caso di maltempo saranno trasferiti alla Sala Polivalente, all’interno del palazzo.

COSTI E ORARI
Inizio concerti ore 21.30

Marina Rei (01/09) e I Musici (08/09) ingresso gratuito.
Irene Grandi & Pastis (02/09) e Fabio Contato feat. Paolo Di Sabatino Trio (09/09) biglietto in prevendita su www.ciaotickets.com € 18,00 con posti garantiti anche in caso di pioggia. Biglietto ingresso € 15,00 posti non garantiti.

DIREZIONE ARTISTICA
Luigi Sidero

UFFICIO STAMPA NOTE DI SETTEMBRE
Eleonora Sole Travagli
soletravagli@gmail.com
cell. 339 6116217

Da oggi 31 luglio fermo pesca in Emila Romagna

Da Coldiretti

COLDIRETTI IMPRESAPESCA: ATTENZIONE AL PESCE CHE ARRIVA NEL PIATTO

Scatta da oggi, lunedì 31 luglio il fermo pesca per le barche dell’Emilia Romagna per rispettare l’obbligo dell’interruzione temporanea dell’attività di pesca che per 42 giorni, fino al 10 settembre, interesserà tutte le flotte da pesca da Trieste ad Ancona. Lo comunica Coldiretti Impresa Pesca Emilia Romagna, ricordando che con il fermo pesca si fermano le attività della flotta italiana, secondo un preciso calendario nelle varie marinerie, per favorire il ripopolamento del mare e garantire un migliore equilibrio tra le risorse biologiche e l’attività di pesca.

In questo periodo – sottolinea Coldiretti Impresa Pesca Emilia Romagna – aumenta anche il rischio di ritrovarsi nel piatto, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato, se non si tratta di quello fresco made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca oppure se non si tratta di pescato proveniente dall’attività della piccola pesca locale o da allevamenti di mitili o vongole.

Per effettuare acquisti made in Italy di qualità e al giusto prezzo il consiglio di Coldiretti è, laddove possibile, di acquistare direttamente dal pescatore, specie da quelle attività non interessate dal fermo, o, se da un’attività commerciale, di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa) che per l’Adriatico settentrionale corrisponde al numero 17. Nel periodo di fermo pesca di questa zona, per mangiare pesce italiano le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).

Secondo quanto assicurato a livello istituzionale – conclude Coldiretti Impresa Pesca – si tratterà dell’ultimo anno di applicazione dell’attuale formula del fermo biologico che, come l’organizzazione ha più volte denunciato, si è manifestata fallimentare. L’auspicio è che dal 2018 si possa mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto delle esigenze di riproduzione delle specie e delle esigenze economiche delle marinerie.

studenti unife

Da lunedì 31 luglio al via le immatricolazioni a Unife

Da Unife

Da lunedì 31 luglio è possibile immatricolarsi ai corsi di studio ad accesso libero dell’Università di Ferrara. L’immatricolazione viene effettuata ​esclusivamente ​online e tutte le informazioni sono disponibile sul sito unife.it. Per accedere ai servizi delle Segreterie, sono disponibili anche due strumenti online: SOS – Supporto Online Studentesse e studenti e la app Qurami.

Da quest’anno l’importo delle tasse è personalizzato, ma in estrema sintesi chi ha un reddito basso pagherà meno o addirittura solamente le imposte di legge. La legge di bilancio 2017 fissa fino a 13.000 euro di ISEE l’esenzione totale, ma Unife ha fatto molto di più: gli studenti immatricolati con un ISEE fino a 23.000 euro hanno l’esenzione. Per redditi superiori fino al massimo di 50.00 euro, le tasse e i contributi sono graduate in maniera progressiva. Ciò comporterà una riduzione delle tasse per la maggior parte delle famiglie.

Sempre sul sito è possibile consultare l’elenco dettagliato degli esoneri (totali, parziali, riduzioni) e stimare la contribuzione dovuta sulla base dell’ISEE grazie ad un simulatore online. Si ricorda che l’ISEE da richiedere deve essere per “prestazioni per il Diritto allo studio”

Volere è potere… forse

di Federica Mammina

“Sono uomo e sono incinta”. Questo è ciò che ha voluto condividere su Facebook Trystan Reese, 34 anni dell’Oregon, insieme al marito Biff Chaplow. Con tanto di foto che testimoniano la crescita del pancione ed i vari escamotage per camuffarla, non si è limitato a condividere solo la notizia, senza dubbio eccezionale, ma ha pensato di condividere tutto il periodo della gravidanza rispondendo tramite i social alle domande e curiosità di chiunque.
Trystan è un transgender che, come si può ben immaginare, non ha completato il suo passaggio dal genere femminile a quello maschile perché, dichiara lui stesso, “nascere con questa fisicità è stato un dono” e quindi lui ha fatto di tutto per mantenerla tale. Con il marito ha due figli adottivi ed è da poco diventato padre (o madre?).
Al di là dei dubbi sul caso specifico (la mia mente vacilla nel tentativo di comprendere quale equilibrio possa avere una persona che si sente a proprio agio in una tale confusione che riguarda non soltanto il proprio corpo, ma di conseguenza il modo di sentire, comportarsi e relazionarsi con il prossimo) viene da chiedersi se esista un limite oltre il quale l’uomo non dovrebbe spingersi, e quale sia.
È davvero giusto abbattere ogni ostacolo che la natura ci pone? È davvero giusto ottenere tutto ciò che la mente può immaginare e il cuore desiderare? È davvero giusto sovvertire l’ordine naturale delle cose e quali conseguenze ci potrebbero essere in futuro?
A volte temo che certi limiti vengano superati non tanto perché lo si ritenga giusto, quanto piuttosto per dimostrare che sia possibile. E trasformare l’impossibile in realtà dà un senso di onnipotenza.
Ma il potere è una droga, crea dipendenza, con il rischio che alla lunga dia anche alla testa.

Per strada… la vita spensierata dei defunti in un giorno come tanti

Il tempo che scorre, una vita, tante vite vissute e non. Il tempo passato, la memoria, visioni in bianco e nero, sogni. Ciò che è stato, esistito in carne e ossa, poi estinto per sempre ma vivo nei nostri vaghi ricordi. Sono pensieri che si sommano su vecchie immagini in movimento di oltre cent’anni fa.

Un giorno, uno sconosciuto operatore monta nella cabina di un tram una cinepresa nuova di zecca, un prodigio tecnologico dell’epoca.
Siamo a San Francisco, è il 14 aprile del 1906, il tram parte e la cinepresa comincia a filmare. La strada da percorrere è lunga, spaziosa e dritta. Si tratta di Market Street, strada che da quel giorno in poi diventerà la via più famosa di San Francisco. Si vedono le prime automobili passare a destra e a sinistra, sono ancora una sorta di carrozzoni a motore, poi altri tram che incrociano quello che sta filmando, poi ancora carrozze vere e proprie con tanto di cavalli, carri di ogni tipo trainati da buoi e altri cavalli. In mezzo biciclette e tantissima gente che cammina, attraversa la strada, si ferma a guardare, e tanti ragazzini che corrono e schiamazzano facendo smorfie alla cinepresa. Non esiste segnaletica, i semafori li devono ancora inventare. Ci troviamo nel pieno centro cittadino ma ognuno fa un po’ quello che gli pare.
Siamo appena sbarcati nel ventesimo secolo, con tutto l’ingenuo entusiasmo della gente che si trova a vivere nell’era della modernità, un nuovo mondo fatto di invenzioni strabilianti, pieno di promesse e speranze. Eppure si respira ancora il clima del secolo precedente, in fondo l’idea di modernità nasce proprio nell’Ottocento, come tutte le persone che si vedono nel filmato.
Ora, calcoli alla mano, nessuna di quelle persone esiste più.

Il 18 aprile del 1906, quattro giorni dopo, San Francisco viene colpita da uno dei terremoti più devastanti degli ultimi cento anni. L’epicentro viene individuato proprio nella penisola metropolitana della città e provoca diverse scosse che culminano con quella più distruttiva di magnitudo 8.3 della scala Richter.
Il cataclisma provoca migliaia di morti, la maggior parte dei quali non per i crolli degli edifici ma per gli incendi che divampano immediatamente dopo. All’epoca le case sono fatte quasi tutte di legno e interi quartieri della città vengono letteralmente spazzati via dal fuoco che divamperà per giorni prima di essere finalmente domato. Quasi mezzo milione di abitanti rimane senza casa, e molti di questi saranno costretti a rifugiarsi nella vicina Oakland, dall’altra parte della baia.

Market Street, il 18 aprile 1906

Guardo le immagini salvate nel mio computer. Sono assorto nei miei pensieri in cui mi vedo laggiù, in mezzo a quelle persone, in quella strada brulicante di vita. Ma sono sempre io, come un viaggiatore del tempo che osserva senza esser visto, invulnerabile a tutto quello che accade attorno, anche all’imminente tragedia che si consumerà di lì a poco.
Quali delle persone riprese nel filmato perderanno la vita quattro giorni dopo? Di certo non posso saperlo. E forse, dopo più di cent’anni, poco importa saperlo.

Era il 1906, in una strada di San Francisco chiamata Market Street. Era un giorno come tanti, eppure speciale perché immortalato per essere osservato in un remoto futuro da chi ancora non esisteva, come il sottoscritto. A volte, il tempo e il caso combinati insieme fanno strani scherzi. Riguardo ancora una volta, per l’ultima volta, questo mondo pullulante di vita. La vita frenetica, ingenuamente ottimista e spensierata dei defunti.

La Femme d’Argent (Air, 1998)

Filmato originale integrale coi suoni di sottofondo

La Femme d’Argent (Air, 1998) nella versione della registrazione video del 2008

La Femme d’Argent (Air, 1998) in un live su Canal+ del 2016

Non fare agli altri…

di Federica Mammina

Nei rapporti umani, nei rapporti di amicizia, è normale ed è giusto che ci si senta liberi di chiedere qualcosa di cui si ha bisogno, che sia quella bella gonna per un appuntamento speciale, un consiglio o il conforto di un abbraccio. E può perfino diventare un’occasione per dimostrare il proprio affetto, quello che si definirebbe “esserci nel momento del bisogno”. Ciò che non è normale, e che confesso di vedere sempre più diffusa, è la convinzione che un rapporto esista esclusivamente nei momenti in cui si ha qualcosa da chiedere. Arrogandosi il diritto di non esserci più dopo aver ottenuto ciò che si pretendeva. Ovviamente fino alla successiva richiesta.
Ma i romani prima di “ut des” mettevano “do”, o sbaglio? Non fraintendete: non si tratta certo di soppesare ciò che si dà in cambio di ciò che si ottiene. La gratuità del gesto nobilita senza dubbio chi lo compie. Ma la reciprocità è segno di rispetto. Ed evitare che gli altri ci sfruttino per i propri bisogni, pretendere nei rapporti questa reciprocità, è segno di rispetto, prima di tutto verso noi stessi.

“L’allievo Tse Kung chiese: Esiste una parola che possa esser la norma di tutta una vita? Il maestro rispose: Questa parola è ‘reciprocità’. E cioè, non comportarti con gli altri come non vuoi che gli altri si comportino con te.”
Confucio

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

Attentato alla democrazia, in ostaggio c’è la Repubblica

image003

Pubblicato il 13 maggio 2016
Gianni Flamini, giornalista e scrittore, è fra i maggiori esperti di terrorismo. Nel corso della sua lunga carriera si è spesso occupato di fenomeni eversivi e delle strategie attuate da corpi deviati dello Stato per condizionare la vita politica e sociale del paese.

Con il mio ultimo lavoro, “La Repubblica in ostaggio”, non ho sicuramente l’ambizione di esaurire in poche pagine la storia della politica criminale che ha tenuto in ostaggio questo paese – storia che tra l’altro temo molto non sia finita. Più modestamente questo libretto si occupa in grande sintesi solo di un aspetto imponente di quella politica criminale, ossia di terrorismo sovversivo. Suo scopo è anche fare da apripista a una bancadati che contiene 70 anni di fatti terroristici e di episodi con una valenza politica finalizzata a condizionare l’assetto democratico. Settant’anni equivalgono ad almeno tre generazioni e, dato che tenere in ordine la memoria è un esercizio scarsamente praticato, il ricordo di quei fatti è esposto al rischio concreto di ossidarsi al punto da ridursi in una incomprensibile melassa che di sicuro fa comodo agli strateghi, rimasti in ombra, di quella lunga stagione di violenza. Caratteristica della Repubblica è difatti anche la sua solida stratificazione di ricatti e di segreti non rivelabili e quando, agli inizi degli anni Novanta, più o meno attorno alla caduta del Muro di Berlino, il terrorismo – tutto il terrorismo, nero o rosso che fosse – venne ritirato dalla scena si alzò un coro trionfale: “Il terrorismo è stato vinto, si può voltare pagina”. E la pagina fu voltata senza neanche leggerla, mentre in Italia di muri non ne sono mai caduti. Detto questo, in via preliminare va tentata una possibile definizione del terrorismo e una che penso sia corretta è la seguente: il terrorismo è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Ossia è uno strumento di strategia politica. Ragion per cui la prima conseguenza che ne discende è che se non si individua e si neutralizza il disegno politico a cui è sotteso, il terrorismo non si vince. Contrariamente a quanto si è sempre fatto, si sarebbe dovuto proiettare le sue imprese e le sue diverse stagioni (terrorismo nero, rosso e perfino bianco, prendendo per buono il vanto di un sovvertitore bresciano di nome Carlo Fumagalli)  sullo sfondo dello svolgersi della vita politica nazionale, dei suoi snodi più delicati e dei suoi cambiamenti (centrismo, centrosinistra, centrodestra, compromesso storico o solidarietà nazionale). E invece ci si è costantemente e pervicacemente limitati a considerarne ogni singola impresa, finendo per trascurare l’esistenza dell’albero mentre si discuteva separatamente di ognuno dei suoi rami.

Sto dicendo che il fenomeno del terrorismo non è mai stato affrontato con un approccio complessivo, per esempio con il metodo che il giudice Falcone applicò alla mafia permettendogli di ricostruirne il profilo, sia nei particolari sia nel suo insieme, fino a individuare l’esistenza della Cupola, ossia del luogo dove tutto si decideva. Prima, nel caso della mafia, le sue azioni venivano liquidate una a una come questioni di corna, di vendette e di ritorsioni. La stessa logica ha continuato a tener banco in materia di terrorismo, con il risultato di non averne individuato nessuna Cupola.
Eppure con una analisi minimamente disinibita sarebbe stato abbastanza agevole capire quale fosse la logica politica del terrorismo. Certamente ai piani alti del potere c’era chi l’aveva capita, anche perché l’aveva promossa in quanto una strategia basata su tensioni e allarme sociale era funzionale alla manutenzione di un certo tipo di potere che si voleva intramontabile. Basta ricordare le parole di un generale di nome Gianadelio Maletti, che fu numero due del servizio segreto militare nella prima metà degli anni Settanta ed è tuttora latitante in Sudafrica per sottrarsi a una condanna tutto sommato solo pro-forma per la strage alla Banca dell’Agricoltura di Milano del 1969. Ha detto quel generale: “La Cia voleva in Italia, attraverso la creazione di un nazionalismo esasperato e con il contributo dell’estrema destra, l’arresto dello scivolamento verso sinistra. Nei servizi italiani esisteva un orientamento favorevole a questo progetto”.
Da qui il trionfo del terrorismo cosiddetto nero, poi trasformatosi in terrorismo cosiddetto rosso nel momento in cui la sinistra faceva il pieno di voti. Con l’effetto pratico di precipitare il paese in una tragedia a causa della persistenza sulla scena nazionale dei duri e puri delle Brigate Rosse. Anche se, a dar credito a qualcuno di loro, non sembra fossero poi così duri e puri. Venuto il tempo dei ripensamenti Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, se n’é uscito infatti con il discorso che segue: “I carabinieri avrebbero potuto arrestarci in qualunque momento, ma non andarono mai a fondo. Quelli che si servirono di noi lo fecero per stabilizzare il quadro politico escludendo la sinistra dal potere”.
In questa frase ci sono due riferimenti importanti. Il primo è a quelli che si servirono di loro, purtroppo chiamati in causa senza fare nomi, che li avrebbero usati come marionette col mitra; l’altro è alla stabilizzazione del quadro politico. Era norma che le bande dei terroristi, nere o rosse che fossero, venissero sistematicamente accusate di destabilizzare il paese. Perlomeno fino al giorno in cui finì nelle mani dei magistrati del tribunale di Roma, che per la verità non gli dettero molto peso, un manuale – più esattamente un manuale da campo top secret – destinato alle forze speciali americane intitolato “Operazioni di stabilità e servizi segreti”, firmato Westmoreland, un generalone che si era fatto un nome in Vietnam. In quel manuale era contenuta la direttiva di “destabilizzare ai fini di stabilizzare”, esattamente la funzione che il brigatista Franceschini dichiarerà essere stata assegnata alla sua banda terroristica. Ossia niente novità, nessuno cambiasse le carte in tavola.
Ripensando alla storia del sistema di potere in Italia è innegabile che esso sia stato stabile e stabilizzato per decenni con il contributo di un pugno di partiti. Sempre gli stessi partiti (uno soprattutto, la Democrazia Cristiana), mentre soluzioni alternative non riuscivano a imporsi. C’è una prova regina per dimostrare questo assunto. Porta la data del 16 marzo del 1978, e fu il giorno in cui l’onorevole Moro, partecipe di un progetto politico detto di ‘solidarietà nazionale’, in grado di smuovere le acque stagnanti della politica nazionale, per garantire la stabilità dell’assetto vigente, venne destabilizzato lui stesso insieme al suo progetto. Di nuovo: nessuno s’azzardasse a cambiare aria nelle stanze.

Dicevo della distrazione dei magistrati di Roma che si ritrovarono al cospetto del manuale che istruiva su come stabilizzare destabilizzando. Devo ammettere che quei magistrati avevano forse qualche serio motivo per pensare ad altro (sempre che l’avessero voluto) perché insieme a quel manuale gli capitò tra le mani un altro documento ben più corposo e con eclatanti richiami alla situazione italiana. Era un documento che aveva come titolo “Piano di Rinascita Democratica” e la paternità della loggia massonica P2. Poi si scoprirà che la sua origine risaliva alla metà degli anni Settanta e che da allora stava camminando con le gambe di politici spregiudicati.
E’ a questo punto che prende consistenza il dubbio cui ho accennato all’inizio sulla possibilità che il suo risvolto criminale tenga ancora in ostaggio la Repubblica. Il dubbio si fonda sull’agire, all’inizio in chiaro-scuro e poi dai sottoscala nazionali, di una tra le strutture più minacciose che abbiano proiettato la loro ombra sull’assetto repubblicano. Sto parlando della Loggia massonica P2, il cui padrino e promotore era Licio Gelli, toscano di Pistoia deceduto a dicembre a 96 anni d’età. Personaggio cinico e multiforme dotato di grandi capacità manovriere tanto che un suo riluttante collega di loggia, un generale tanto per cambiare, ne descrisse l’efficienza con queste parole: “So come dovrei fare per tenere uno stato in soggezione. Ne indebolirei le capacità di difesa e gli uomini che userei sarebbero dei Gelli, validissimi come demolitori”.
In sintesi la P2 era una loggia segreta che Gelli riuscì a trasformare in un potente organismo a cui erano associati uomini politici, ministri, banchieri, dirigenti dei servizi segreti, giornalisti, alti burocrati statali e una moltitudine di militari di alto grado: dodici generali e otto colonnelli dei carabinieri, otto ammiragli, ventidue generali dell’esercito, cinque generali della Guardia di finanza, quattro generali dell’aeronautica.
Due esempi per avere un’idea dell’onnipotenza della Loggia. Il primo risale alla fine del 1977 e si riferisce all’ennesima riforma dei servizi segreti con l’istituzione del Sisde per gli affari interni e del Sismi per l’estero: il governo ne affidò la direzione a due generali associati alla P2, facendo di Gelli il garante della sicurezza nazionale proprio nel momento in cui stava tramando per ridurla alla propria misura. Il secondo episodio si riferisce a eventi più recenti, ossia alle stragi compiute a Firenze e a Milano nel 1993 e poi semplicisticamente e farisaicamente attribuite alla mafia e a nessun altro. Era una stagione di pesanti rivolgimenti interni e alla tensione che aveva raggiunto altissimi livelli dette voce il capo del governo Carlo Azeglio Ciampi, che disse: “In quelle settimane si temeva davvero un colpo di Stato. Lo ammetto: io temevo il peggio dopo tre o quattro ore a Palazzo Chigi col telefono isolato. C’erano molti sospetti di collegamento con la Loggia P2”.
A cavallo tra il 1975 e il 1976 quella specie di confraternita diventò la maggiore aggregazione di Stato e anti-Stato mai vista prima. Già compromessa con terroristi e golpisti (detto per inciso Gelli figura anche tra gli imputati condannati per la strage alla stazione di Bologna) cambiò strategia e lo fece adottando un originalissimo strumento ideologico-politico a cui dette nome “Piano di Rinascita Democratica” in cui l’approccio all’eterna aspirazione di neutralizzare le sinistre era basato sul controllo dello stato dall’interno per favorire lo sviluppo di uno stato parallelo autoritario e presidenziale.
I punti qualificanti riguardavano la riduzione dei costi della politica, la contrazione dei diritti sindacali, la separazione delle carriere dei magistrati, il controllo della stampa per dominare le coscienze, l’innalzamento dell’età pensionabile. Forse vi stanno fischiando le orecchie. Resta il fatto che si intendeva realizzare il Piano agendo appunto su partiti politici, Parlamento, governo, magistratura, sindacati e stampa. Tutta ‘merce’ che si poteva comprare senza neanche troppa spesa. Si teorizzava infatti che “la disponibilità di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere a selezionati uomini di buona fede di conquistare le posizioni chiave necessarie al controllo di partiti politici, stampa e sindacati”.

Il resto non è più storia ma cronaca. Anche dei giorni nostri. Strada facendo è venuto profilandosi un tempo opaco, monocorde e ripetitivo, che ha visto l’arte della politica degradata da un inarrestabile scadimento e relegata al miserabile rango di strumento di affermazione di interessi personali. Il più longevo presidente del consiglio di questa repubblica aveva la tessera numero 1816 della Loggia P2 e si impegnò attivamente a trasformare in realtà alcuni dei precetti del Piano di Rinascita. Tra le sue massime aspirazioni figurava la neutralizzazione del ruolo delle Procure della Repubblica, che riteneva eversivo soprattutto nei suoi confronti. E difatti nel marzo 2011 nella veste di capo del governo varò una ambiziosa e strampalata riforma della giustizia presentata in pubblico con queste parole: «Il pubblico ministero per parlare con il giudice dovrà presentarsi con il cappello in mano e possibilmente dargli del lei».
Dopo di lui altri hanno proseguito il lavoro. Ma il lavoro non è finito, tanto che il “Piano di Rinascita Democratica” è ancora di una attualità tale da mettere i brividi.

Leggi anche
Destabilizzare per stabilizzare: Gianni Flamini racconta la storia segreta dell’Italia repubblicana