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Dai primi giorni di aprile si potrà firmare ai banchetti in tutta la nostra Regione per rendere possibile la presentazione di 4 leggi di iniziativa popolare regionale promosse dalla Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna e da Legambiente regionale.
4 proposte di legge su questioni decisive rispetto alle politiche ambientali e di contrasto al cambiamento climatico: acqua, rifiuti, energia e consumo di suolo.

La genesi di questa scelta proviene da un percorso lungo, i cui presupposti stanno nel Patto per il lavoro e il clima promosso dalla Giunta regionale nel dicembre 2020 e sottoscritto da più di 50 tra Organizzazioni e Associazioni, a partire da quelle sindacali e imprenditoriali.
Quel Patto indicava obiettivi ambiziosi – il passaggio alle energie rinnovabili al 100% nel 2035 e l’azzeramento delle emissioni climalteranti al 2050 – ma, al di là del fatto che essi erano semplicemente enunciati e non supportati da interventi coerenti e cogenti, ancor più sono continuamente contraddetti dalle scelte del governo regionale.

Prevale, infatti, una logica economicista e produttivista, per cui l’importante è che ci sia una forte crescita quantitativa del PIL, senza verificare cosa ciò comporti per il benessere dei cittadini e per la salvaguardia delle risorse naturali ed ambientali.
Si continua a pensare che per tale sviluppo quantitativo è fondamentale attrarre investimenti, anche stranieri, al di là del loro impatto ambientale e anche delle ricadute sulla qualità e quantità dell’occupazione. Si ragiona sulle Grandi Opere, a partire da quelle autostradali, come leva per lo sviluppo, in continuità di un modello di mobilità basato sui veicoli privati e ignorando ciò che questa scelta comporta in termini di consumo di suolo.
Ancora: si prosegue con le privatizzazione di servizi pubblici, come quello idrico e della gestione dei rifiuti, che garantiscono la gestione di beni comuni fondamentali e si ripropone un’idea di produzione e distribuzione centralizzata e verticistica dell’energia, che ha come conseguenza quella di privilegiare le fonti fossili rispetto a quelle rinnovabili.

Una politica regionale in sintonia con quella del governo centrale, che, peraltro, utilizza la stagione terribile di guerra in corso in Ucraina per proporre ulteriori politiche regressive, in particolare in tema di energia, quando, a proposito di autonomia delle fonti, anziché puntare ad uno sviluppo rapido di quelle rinnovabili, si avanza l’idea di estrarre più gas e, addirittura, di far tornare in auge le centrali a carbone! Oppure quando, con il disegno di legge delega sulla concorrenza, attualmente in discussione in Senato, si prova ad estendere ulteriormente le privatizzazioni a tutti i servizi pubblici, da quello idrico ai rifiuti e alla sanità.

Le 4 proposte di legge di iniziativa popolare si muovono in direzione contraria e alternativa.
La proposta di legge sull’acqua
(e anche quella sui rifiuti) sposta l’intervento decisionale in materia più vicino ai cittadini e agli Enti Locali, superando l’attuale gestione centralizzata in Regione e riportandolo a livello territoriale e mette l’accento sul ruolo fondamentale della gestione pubblica.
La proposta di legge sui rifiuti si pone l’obiettivo di ridurre fortemente la loro produzione e quella dei rifiuti non riciclati, rendendo per questa via possibile l’uscita dal ricorso all’incenerimento nei prossimi anni.
La proposta di legge sull’energia è imperniata sull’idea della pianificazione regionale e territoriale degli interventi per arrivare sul serio alla copertura del 100% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili entro il 2035, alla riduzione del 32% dei consumi lordi finali al 2030 e del 55% di emissioni climalteranti al 2030, passando ad un nuovo modello basato sulla produzione e sul consumo decentralizzato e democratico.
La proposta sul consumo di suolo, dando priorità al riuso e alla rigenerazione urbana, anche attraverso un censimento degli edifici e delle aree dismesse, indica la prospettiva del consumo di suolo zero come quella da realizzare concretamente.

Pur dopo l’intervento della Consulta statutaria regionale, ispirata da una logica perlomeno restrittiva e poco incline a favorire la partecipazione dei cittadini, che  ha dichiarato inammissibili alcune norme contenute nella stesura iniziale delle proposte di legge, che intervenivano con ancora maggior cogenza sui contenuti sopra delineati, le 4 proposte di legge mantengono una forte valenza per cambiare radicalmente le politiche regionali finora perseguite su quelle questioni.
Ancor più, le proposte di legge vanno viste anche nella logica che le connette: infatti, mettere insieme e cambiare radicalmente il paradigma che riguarda i temi dell’acqua, dell’energia, dei rifiuti e del suolo significa non solo considerarli beni comuni da sottrarre al mercato, aggredire il complesso delle politiche ambientali, ma anche proporre un’idea alternativa dell’attuale modello produttivo e sociale. Lo stesso modello che provoca le crisi economica, sociale e ambientali in cui siamo immersi.

E’ necessario sottolineare che la promozione di leggi di iniziativa popolare, con la raccolta delle firme necessarie per presentarle, è una scelta che, volutamente, intende basarsi sulla partecipazione consapevole dei cittadini e sull’espansione della democrazia. E questo non solo perché ci troviamo di fronte alla gran parte della politica che sembra sempre più caratterizzarsi per essere distante dalle istanze delle persone e autoreferenziale, anche nella nostra Regione.
Basta pensare a quanto è stato fatto in tema di affidamenti del servizio idrico, che, con una legge regionale e con una modalità che hanno impedito una vera discussione pubblica, sono stati tutti prorogati alla fine del 2027. Decisione che, anche grazie all’iniziativa del movimento per l’acqua pubblica, è stata impugnata dal governo e ora è sotto esame da parte della Corte Costituzionale.

In realtà, puntare sulla partecipazione e su quanto si muove nella società, nonostante tutto, compreso ciò che è accaduto negli ultimi anni che ci hanno visto far fronte alla pandemia e ora alla guerra, potenti fattori per disincentivarla o perlomeno per far pensare che siamo sovrastati da eventi su cui non possiamo influire, non è un atto di “ottimismo della volontà”, ma si dipana dalla consapevolezza che solo così si possono determinare scelte che vanno in direzione dell’affermazione di un mondo che abbia un futuro, e che esso possa essere più giusto. Per non lasciarlo in mano ai potenti e a chi, per convinzione o ignoranza, li sostiene.

A Ferrara I primi banchetti in sono in Corso Martiri Libertà 55
venerdì 1 aprile ore 10-12,30 – sabato 2 aprile  ore 10-12,30 e 16-19 domenica 3 aprile ore 10-12,30

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Corrado Oddi

Attivista sociale. Si occupa in particolare di beni comuni, vocazione maturata anche in una lunga esperienza sindacale a tempo pieno, dal 1982 al 2014, ricoprendo diversi incarichi a Bologna e a livello nazionale nella CGIL. E’ stato tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel 2006 e tra i promotori dei referendum sull’acqua pubblica nel 2011, tema cui rimane particolarmente legato. Che, peraltro, non gli impedisce di interessarsi e scrivere sugli altri beni comuni, dall’ambiente all’energia, dal ciclo dei rifiuti alla conoscenza. E anche di economia politica, suo primo amore e oggetto di studio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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