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In una antologia di racconti Flavio Bertelli ricorda molte figure ferraresi viventi o del passato.
In lingua e in dialetto, con umorismo e un po’ di bonaria derisione, traccia manie, passioni, comportamenti dei suoi personaggi: medici, teatranti, ristoratori, antiquari, musicisti.
In questa occasione presentiamo alcune battute dal primo ritratto della raccolta: un dutór. Un medico condotto di un tempo che andava di casa in casa, di caseggiato in caseggiato, quando le visite collettive erano la normalità e la privatezza non abituale.
(Ciarìn)


Il dottor Zambottini

Il nostro Źambutìn era decisamente un medico sui generis: un po’ farmacologo, un po’ erborista, un po’ mago e un po’ tuttofare, ma in maniera capace, dignitosa, onesta e missionaria.
Amava definirsi “uη póch dutór e uη póch mazalàr”… “uη dutór ch’éva sémpar présia!”… poiché la clientela era troppo numerosa e povera.
Al più sgnór d’uàltar – diceva – al g’ha, cumè patrimòni, sól al cul che, par źunta (1) al n’è gnaηch mèrd, parché, sacratàri (2), aη va mai dal còrp!
La sua giurisdizione di competenza andava da San Giorgio a via Mazzini ed anche oltre, parché i puvrìt iη finiva briśa lì: andavano più in là.
Dgì (3) su – diceva a volte – mo parché n’andèv da n’àltar dutór?
Da chi? –
Com da chi? Dal dutór Ferari, par esempi, in via Ventisetembre, o dal dutór Meloni in via Scienze!
I vol di soldi!
Già! – rispondeva lui abbacchiato – I g’ha cal vizi lì! Però anca mi bisogna ch’a magna!

Quando Źambutìn arrivava, si appoggiava al muro della casa di fronte ed osservava la facciata sforacchiata da 20 o 30 finestre, attraverso le quali occhieggiavano i deleritti che avevano bisogno dei suoi lumi.
Andéη con órdan – diceva – parlate una alla volta sinò a fén dal colèro! Ciàcara ti, Matilde. Cóm sta to marì? –
– Al sta mèj!! –
– G’at da la madgìna? (4) –
– Ag’ò dà ill so pìlul! –
– Non sono esse una medicina, porco boja? –
– Sì, mo… –
– Lasa star “i mo”, e dim s’l’à cagà! –
– Al n’à fat uη póch! –
– Digh c’al spiηźa, òstriga! (5) –
– Al g’à acsì póch fià! –
– Póch fià par cagàr? Digh che al spiηźa l’istés e che al s’faga gnir ill véη grosi int al còl! L’è tuta quistión ad cagiarìn! (6) –
E passava rapidamente ad un’altra finestra:
– E to surèla com vala, Ghitàn? –
– Uη póch mèj! –
– Cagla? –
– L’è abastàηza cuntènta! –
– Figùrat mo mi! Ad ogni mòd ch’al la tiéna d’oć e, s’la va sotmisùra, ch’la tóga ill mié pìlul!… Adès di’ mo ti, Maria: com sta to mama?! –
– L’è vècia! –
– Òstia, al savéva, mo dill pìlul par la vciàia aη g’n’ò briśa! Dille che guardi sua nipote e dille che, na volta, la jéra acsì anca lié! Dagh la so madgìna e digh che la la manda źó con uη póch d’oli ad vaselìna! L’è sèmpar quistión ad merda!

E ripartiva con tutto il suo bagaglio di nozioni mediche-chimiche-organiche per ridistribuirle nei vari caseggiati. Ma il medico era altresì filosofo ed anche psicologo.
Personalmente non finiva mai di stupirmi.

(1) par źunta – per giunta;
(2) sacratàri – sacramento;
3) dgì –
dite;
(4) madgìna – medicina;
(5) òstriga – caspita;
(6) cagiarìn – lo stomaco degli animali in genere.

 

Tratto da: Flavio Bertelli, Ferraresi ritratti, zibaldone in lingua e dialetto, Ferrara, Edit. Universitaria, 1981.

 

Flavio Bertelli (Ferrara 1916 – 1983)
Autore e regista teatrale in lingua e in dialetto ferrarese.
Altre note biografiche nel Cantóη Fraréś del 5 marzo 2021 [Qui] .

 

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia,
esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui]

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Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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