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In versi, Mendes Bertoni continua a narrare le avventure del mago: l’edificazione del Vòlto detto del Chiozzino (1), il pentimento e la conversione di Bartolomeo Chiozzi, il successivo confinamento al Barco del diavolo che, da Fedele Magrino, diventa Urlón. Una leggenda nella leggenda vuole che al Ciuźìn, alla rottura del patto col demonio, entrando dalla porta sud nella chiesa di S. Domenico, riuscisse a schivare il rabbioso calcio del servo contrariato dal mutamento interiore del padrone. L’orma del maligno è ancora visibile nel marmo (2) del portale in piazza Sacrati.
Come ognuno potrà verificare.
(1) A tutt’oggi esistente fra il vicolo omonimo e via Ripagrande, di fianco alla casa di B. Chiozzi,
(2) Colonna destra, a circa un metro da terra.
(Ciarìn)

Al magh Ciuźìn e l’Urlón dal Barch (śgónda part)
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Cuntàr dill maravié dal magh Ciuźìn
am vrìa na stmana, car al mié letór,
ma se ‘d paziéηza ti t’n’avrà uη puchìn,
ascolta questa ch’l’è ‘d divers culór.
T’impararà da chi è stà fat al “VÒLT”
aηcora iη pié e ch’l’aη sarà mai tòlt.

Par divertìr j’amigh più d’uη carηvàl
e dimustràr al màgich so putér,
l’ha dà, iη cà na graη festa da bal,
faśénd gnir źó n’urchèstra ‘d furastiér.
A ‘η zèrt mument, con du tri salt e ‘η pas,
l’ha tirà su cal vòlt ch’l’è luηgh e bas.

L’ha continuà Ciuźìn par darsèt ann,
coη stil truvàd, a imbambanàr la źént,
ma un dì na luś ch’la gnéva da luntàη,
la strada la gh’ha iηsgnà dal pentimént.
“Basta col diàvul!” fra se stés l’ha dit
“Séηza la féd mi a són un òman frit”.

Avénd savù che agh jéra na fuηzión
int al ciśón ‘d San Dménagh, al Ciuźìn
d’andàragh al tòl sùbit decisióη;
ma ‘l diàvul, ch’l’aη vrìa vlèst, al gh’jéra avśìη.
Par libaràrs ad lu e dargh uη smach,
iη cà al la manda a tóragh al tabàch.

Arivà iη céśa al s’buta iη źnoć piaηźénd,
propia davanti al sacr’Altàr Magiór,
po’ ‘l ciama al fra’ e ‘l diś: “Mié reverend,
am vói cuηfsàr e riturnàr al Sgnór”.
I fra’ a pregàr j’as mét ad alta vóś,
faśéndas, ogni tant, al ségn dla cróś.

Dà indré la carta scrita da Ciuźìn,
par penitenza a viéη mandà FEDÉL
int na pusióη col PO ch’pasa d’avśìη,
ciamàda al BARCH. E iη cal brut pòst, ‘des bel,
a stà fiurénd, iη sémpliza strutùra,
uη nóv quartiér iη meź a la varźùra.

Stal diavulàz rabióś, prima ‘d partìr,
l’ha mandà uη zigh putént e pin ad vléη
che a tuti, ogni nòt, l’ha fat santìr,
faśéndagh far tarmàr e gamb e vén.
E ‘d più quand la buràsca la tiràva
o un tempuràl sul BARCH al s’arvarsàva.

URLÓN dal BARCH e ‘l MAGH CIUŹÌN da FRARA
j’è personàģ d’na storia ch’l’è nustràna;
na spèzia ‘d fòla dla nunìna cara
ch’la racuntàva ai ηvud prima dla nana.
L’è aηch “racónt” che ‘s lèź… sì, mi ‘t al digh,
sui lìbar dal setzént. ‘T salùt amigh!

 

Il mago Chiozzino e l’Urlone del Barco (parte seconda)

Riferire delle meraviglie del mago Chiozzino / mi vorrebbe una settimana, caro il mio lettore, / ma se di pazienza ne avrai un poco, / ascolta questa che è di diverso colore. / Imparerai da chi è stato fatto il “VÒLTO” / ancora in piedi e che non sarà mai tolto. /

Per divertire gli amici più di un carnevale / e dimostrare il suo magico potere, / dà in casa una gran festa da ballo, / scritturando un’orchestra di forestieri. / Ad un cert momento, con due tre salti e un passo, / ha costruito quel vòlto che è lungo e basso. /

La chiesa di San Domenico, portale sud, Ferrara, foto di Marco Chiarini

Ha continuato Chiozzino per diciassette anni, / con queste trovate, a imbambolar la gente, / ma un giorno una luce che veniva da lontano, / la strada gli ha indicato del pentimento. / “Basta col diavolo!” fra sé stesso ha detto / “Senza la fede sono un uomo fritto”. /

Avendo saputo che c’era una funzione / nel chiesone di San Domenico, il Chiozzino / d’andarci prende subito decisione; / ma il diavolo, che non avrebbe voluto, gli era vicino. / Per liberarsi di lui e dargli uno smacco, / in casa lo manda a prendergli il tabacco. /

Arrivato in chiesa si butta in ginocchio piangendo, / proprio davanti al sacro Altare Maggiore, / poi chiama il frate e dice: “Mio reverendo, / mi voglio confessare e ritornare al Signore”. / I frati si mettono a pregare ad alta voce, / facendosi, ogni tanto, il segno della croce. /

Data indietro la carta sottoscritta da Chiozzino, / per penitenza FEDELE viene mandato / in una possessione col PO che passa vicino, / chiamata IL BARCO. E in quel brutto posto, adesso bello, / sta fiorendo, in semplice struttura, / un nuovo quartiere in mezzo al verde. /

Questo diavolaccio rabbioso, prima di partire, / manda un grido potente e pieno di veleno /
che a tutti, ogni notte, ha fatto sentire, / facendo tremare e gambe e vene. / E ancor più quando la burrasca tirava / o un temporale sul BARCO si rovesciava. /

URLONE del BARCO e il MAGO CHIOZZINO da FERRARA / sono personaggi di una storia nostrana; / una specie di fola della nonnina cara / raccontata ai nipoti prima della nanna. / È anche “novella” che si legge… sì, te lo dico. / nei libri del settecento, Ti saluto amico!

Tratto da: Mendes Bertoni, Antologia della Divina commedia (Inferno); In zzà e in là, composizioni in vernacolo ferrarese, Ferrara, 1986.

Mendes Bertoni (Ferrara 1905 – 1987)
Vedi le note biografiche riportate nella precedente puntata del 19 marzo 2021 [clicca Qui]

 

 

 

 

Ulteriori informazioni si possono leggere in Werther Angelini (a cura di), Favolosa vita di Bartolomeo Chiozzi detto Chiozzini, di Anonimo ferrarese del XVIII secolo, con illustrazioni di Gabriele Turola, Ferrara, Liberty House, 1987.

 

Cover Ferrara: Volto del Chiozzino, foto di Marco Chiarini

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia, esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui] 

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Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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