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Giorno: 6 Luglio 2014

Inaugurate 5 nuove mostre al Ferrara Art Festival

da: ufficio stampa Ferrara Art Festival

Cinque nuove mostre arricchiscono il panorama culturale ferrarese. Sono infatti state inaugurate sabato 5 luglio, a Palazzo della Racchetta e alla Galleria Il Rivellino, le esposizioni del terzo ciclo del Ferrara Art Festival.
Al Rivellino di via Baruffaldi è stata aperta la mostra fotografica “Rifrazioni” con opere della fotografa di Finale Ligure Anna Maria Angelini.
Come ha spiegato il curatore Virgilio Patarini, le opere della fotografa traducono a pieno la definizione di fotografia, cioè “scrivere con la luce”. Realizzate su stampe di medie e grandi dimensioni le opere della Angelini si pongono come una ricerca sul superamento della figurazione, proponendosi come una valida interpretazione del reale nel segno dell’Informale.
La mostra della Angelini rimarrà aperta fino al 18 luglio prossimo ad ingresso libero.
A Palazzo della Racchetta, invece, vernissage per quattro nuove mostre che riempiono letteralmente tutti gli spazi del palazzo.
Si inizia dal piano terra dove abitano le opere della pittrice canadese Catherine Schmid. “Between Structure and Spontaneity” è il titolo della mostra che mette in luce una progressiva e continua stilizzazione di elementi della realtà allo scopo di raggiungere una sintesi che è pura astrazione di grande efficacia formale e tecnica.
Sempre al piano terra trovano spazio le opere del canturino Giuseppe Orsenigo. “La vita che vorrei” si intitola la bella esposizione in cui le tecniche miste danno vita a – sono parole del curatore Virgilio Patarini – “l’esplosione di un mondo”. Si tratta di opere metalliche in cui il senso è dato dalle geometrie di fori e specchi, di inserti e lavorazioni.
Alzate di puro ingegno artistico, come nel grande totem che troneggia al centro della sala e che sembra, con un accurato e geniale gioco di specchi e rifrazioni, letteralmente sfondare il soffitto per svettare verso un infinito irraggiungibile.
Al primo piano spiccano le maschere di Gianmaria Battiato. L’artista milanese si interroga sull’aspetto figurale del volto umano, intraprendendo un viaggio attraverso facce grottesche, idoli africani rivisitati in chiave pop, rappresentati con una verve stilistica e figurativa personalissima. Simboli e simbologie si accompagnano ad una pluralità di significati che costituiscono l’ossatura delle opere tutte realizzate con tecnica mista su carta.
Chiude, all’ultimo piano, la grande e scenografica esposizione della coreana Kim Sang Lan. Installazioni pensate per il Ferrara Art Festival, quelle dell’artista, che affrontano uno dei temi prediletti dall’artista negli ultimi anni: la presenza-assenza della figura femminile. In una dimensione resa quasi eterea dalle grandi tele appese, Kim Sang Lan pone lo spettatore di fronte a vere e proprie epifanie del corpo femminile; come carapaci svuotati del loro contenuto, i corpi realizzati con carta intrecciata a mano vengono ripetuti infinite volte in un rapporto tra l’Uno e il Molteplice che contrasta con il vero senso della serialità, pur ritrovando nella serialità stessa l’elemento di rappresentazione.
Le opere delle mostre inaugurate sabato, degne, come ha sottolineato Patarini nel corso della presentazione, di una Biennale di Venezia, si pongono come un vento di profonda novità nel panorama della cultura artistica ferrarese. Tanti sono stati i visitatori, ferraresi e non, che si sono alternati tra le sale fino a tarda serata, complice anche il bel concerto del dei Ni-Na, neonata formazione ferrarese a due voci che ha suonato nel cortile del Palazzo della Racchetta per il collaterale Racket Festival. Le mostre a Palazzo della Racchetta sono aperte tutti i giorni dalle 15 alle 19 ad ingresso libero.

‘Il papadoro’, ovvero la strategia difensiva delle instant stories

Un libro di instant stories per “bimbi” da 0 a 120 anni, utile ai genitori per soddisfare le richieste dei propri figli: pubblicato da Claudio Strano, con illustrazioni di Chiara Barbaro, è disponibile in tre versioni (e-book e cartacea; in bianco e nero o a colori) su www.lulu.com o su amazon.it. La sera del 27 luglio, al Giardino delle Duchesse, la presentazione, nell’ambito di “La riga e il pentagramma”, iniziativa promossa da Pro Loco e altre associazioni in collaborazione con il Comune.

Il Papadoro non è un encomio o un manifesto programmatico, non è nemmeno un uccello esotico o di allevamento per quanto gli rassomigli nella fertile immaginazione di Chiara Barbaro. Il Papadoro (come nell’omonimo racconto, uno dei 17 che compongono la raccolta di Claudio Strano) è ciò che ogni padre vorrebbe essere in cuor suo prima di ritrovarsi, sotto Natale, confuso – nello stupendo linguaggio infantile – con un dolce tradizionale e banalissimo: il pandoro. O, se gli va peggio, di sentirsi cotto e cucinato come un tacchino dalla irresistibile voglia di giocare di un bambino piccolo, rimasto a casa da scuola, in attesa che arrivi “finalmente” Babbo Natale. Con la televisione rotta e la mamma fuori casa da molto, troppo tempo ormai…
In una serie di “instant stories” che invitano i genitori ad inventarsi sul momento storie per bambini (“con una morale e senza mostri”, così recita il sottotitolo), con tutto il piacere di ricamare trame partendo dalla realtà, sfuggendo in questo modo alla tirannia di streghe, orchi e supereroi, per riscoprire il gusto della fantasia al riparo dal troppo “magico imprescindibile” che circonda il mondo dell’infanzia.
Il libro, 88 pagine, illustrato magnificamente da Chiara Barbaro, è frutto di anni di esperienza maturata sul campo da un papà come tanti, non più giovanissimo ahilui, che ha pensato di coniugare il piacere del narrare con quello del collezionare “perle” (involontarie e non) lasciate dai bimbi lungo il percorso della loro crescita. Tutto questo, ovviamente, come strategia difensiva per uscire dalla loro morsa, unitamente a una finalità educativa e una trasmissione di esperienza intergenerazionale, valori questi senza i quali lo smarrimento dei cuccioli di uomo, davanti a figure genitoriali spesso sfuocate quando non del tutto assenti, sarebbe totale.

Claudio Strano, giornalista professionista, ha trascorsi nella cronaca e un presente in un mensile nazionale che si occupa di cooperazione, consumi, ambiente. È nato a Roma nel 1962 e vive a Ferrara. Laureatosi in lettere classiche a Bologna, da sempre coltiva l’interesse per la letteratura. Autore di “Borborigmi” (Poeticamente, 1986), suoi testi sono presenti su riviste italiane ed estere. In prosa ha pubblicato “Racconti di leggero astigmatismo” (Tosi Editore, 2001, prefazione di Gyózó Szabó) e “La giacca del Gundel”, romanzo ambientato tra Italia e Ungheria (Lulu editore, 2012, prefazione di Zsuzsanna Rozsnyói). Ama lo sport, soprattutto il calcio praticato in gioventù, il giardinaggio che (a quanto sostiene) lo rilassa, e la sua famiglia, che lo ha convinto a trasformare le proprie strategie di autodifesa in storie per l’infanzia.

Chiara Barbaro, illustratrice, pittrice, moglie e mamma, è nata nel 1972 a Ferrara, città in cui vive. È innamorata delle arti applicate che prova a fare amare anche ai propri allievi del Liceo artistico, dove insegna. Oltre a ciò, si occupa di Visual merchandising, sia sotto l’aspetto dell’allestimento di vetrine, sia sotto quello della docenza in corsi organizzati per le imprese del commercio. Nel suo background formativo troviamo una laurea all’Accademia delle Belle arti di Bologna, più varie specializzazioni in vetrinistica e decorazione d’interni. Adora i lavori di Felice Casorati e gli interni di Matisse. Difende a spada tratta, quando l’occasione lo richiede, la passione per il colore e l’artigianalità. Di sé dice di saper fare bene la pizza e di avere una vena ludica molto forte, anche grazie alle sue bambine che la tengono in allenamento…

Il libro è facilmente reperibile sul sito di Lulu (www.lulu.com) cliccando il titolo o l’autore (o tramite il codice bitly http://bit.ly/1h6fclU). Il formato e-book offre il vantaggio di avere un file editabile (ad esempio dai bambini che possono disegnare sulle pagine vuote) e di gustarsi le immagini a colori. Nelle due versioni cartacee c’è invece il piacere del libro da conservare e da sfogliare come da migliore tradizione: il bianco e nero con il vantaggio del prezzo e di un certo fascino delle immagini in chiaroscuro; la versione a colori, su pagine patinate, con il plus delle vivaci illustrazioni di Chiara Barbaro restituite alla loro originaria bellezza.

L’inno alla gioia e quello all’ignoranza

Nel tentativo di scegliere la notizia più offensiva apparsa sulla stampa nell’ultima settimana – e mi riferisco non alla più tragica ma a quella che maggiormente offende l’intelligenza umana e i suoi valori – certamente la peggiore risulta quella messa in atto da Farage e dai suoi seguaci che al momento della esecuzione dell’Inno alla gioia di Beethoven sul testo di Schiller eseguito nel parlamento europeo deliberatamente voltano le spalle ai musicisti non seguiti, per fortuna, in questo miserabile gesto dai deputati 5 stelle loro alleati. Ma a questa plateale e volgare affermazione di antieuropeismo risponde twittando furibondamente Grillo “Farage ha fatto bene a voltare le spalle quando c’era l’inno alla Gioia. L’inno della Gioia non è della gioia più per nessuno. Lo ha usato Hitler e lo ha usato Mao, lo hanno i usato i più grandi dittatori, i più grandi killer della storia”

Di fronte a questa dichiarazione così intellettualmente rozza mi sono sentito di postare su facebook questo commento: “Che un ometto semi nazista volti le spalle ad una delle più sublimi espressioni dell’intelletto umano, vale a dire l’Inno alla Gioia di Schiller musicato da Beethoven è già la riprova di cosa possa produrre il pensiero malato. Ma che il buffone genovese con la sua capigliatura da sciuretta lo segua con la sua vocetta isterica questa è un’umiliazione che l’Italia non si merita. Che vergogna, che pena, che schifezza!!!”. Lo ammetto, un po’ forte ma l’affermazione grillesca mi pareva degna di una ferma e chiara risposta. Apriti cielo! I commenti pentastellati arrivano a una straordinaria affermazione: “Tu sei il nulla!” che accetto di cuore pensando come mi fa osservare una cara amica fiorentina che ammesso che noi siamo il nulla, Beethoven è il tutto.
Inoltre l’assodata ignoranza del suddetto G. con la sua affermazione della scelta dei dittatori per questo altissimo momento musicale è esattamente la copia della scelta nazista di usare Wagner per la propria ideologia: come se Wagner o Beethoven fossero responsabili dell’ignoranza e follia umana (e politica) La strumentalizzazione del mito (e si pensi a Verdi e al suo impatto nel Risorgimento italiano e l’uso che si fa oggi di Va pensiero fruito da una forza politica che disconosce il processo dell’unità italiana insegna). Rozze dichiarazioni che sensibilizzano un certo tipo di elettori attratti da plateali affermazione eversive chiaramente riconoscibile nel vaffa… di triste memoria. Sono rispettoso di ogni scelta politica che non si appoggi alla violenza anche quella verbale e sono convinto che i molti milioni che hanno votato 5 stelle lo abbiano fatto convinti di rimediare un andazzo politico ormai infilatosi in un cul de sac senza fondo. Ma non si può rimanere indifferenti allo stravolgimento dei valori culturali e intellettuali su cui si fonda la civiltà dell’Occidente. E incolpare Beethoven perché la sua musica è stata oggetto di scelte dittatoriali mi sembra non combaci nemmeno con il concetto di Storia. Forse mister G. così liberal si dimentica che la musica e l’arte in genere fioriscono là dove la libertà politica è assente. Una tesi talmente vecchia che non avrebbe bisogno di commenti se non fosse la pervicace strumentalizzazione che il Capo fa di ogni aspetto della cultura a cui non sembra particolarmente sensibile.

A proposito al suo seguace che mi ha detto che sono il nulla va detto che esiste una scienza che studia la letteratura e l’arte del nulla. Quindi mi ha reso orgoglioso di essere annoverato tra gli esperti di questa difficile materia.

E per finire tutta questa assurda levata di scudi contro il Genio è proprio il nulla.