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Giorno: 15 Aprile 2015

LA RIFLESSIONE
Le voci contro: Galeano e Grass, coscienza critica dei due mondi

Il 13 aprile, per un triste e amaro scherzo del destino, se ne sono andati due grandi e preziosi intellettuali, stesso giorno, parti opposte del mondo, uno a Lubecca, l’altro a Montevideo. Entrambi voci dissenzienti, due dei più grandi autori del Novecento. L’uruguayano Eduardo Galeano e il tedesco Günter Grass.
Ho scoperto Galeano quando ancora studiavo a Parigi, all’Institut des hautes études de l’Amerique latine della Sorbona III. Non vi era allievo, studente o professore che non ne conoscesse gli scritti. Se si volevano approfondire molti aspetti di quella cultura e zona del pianeta, bisognava leggerlo. L’ho letto prima in spagnolo, con fatica, poi in francese. In Italia, non era molto diffuso (o almeno non lo conoscevo io), mi avrebbe aperto un mondo su realtà conosciute dai libri di storia in maniera alquanto superficiale, avrei capito tante cose anche di amici che provenivano da là.

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La copertina

Ovviamente, il primo testo che avevo letto era “Le vene aperte dell’America Latina” (1971), consigliato, sfogliato e ri-sfolgiato da tutte le generazioni che avevano studiato e lavorato sulle tematiche dell’area, sociali, economiche o di diritto che fossero. Un testo spesso rinnegato (lo stesso Galeano ne aveva ripudiato il contenuto, dicendo che non sarebbe stato capace di rileggerlo, perché non sopportava l’ignoranza in materia economica con cui aveva lavorato a questo resoconto in prosa poetica, dello sfruttamento delle risorse naturali latinoamericane). Io mi occupavo di ambiente e di acqua, di Messico, di Argentina e di Mercosur. Galeano mi avrebbe accompagnato nelle sere parigine fredde e rigide. Di lui sapevo anche che era stato giornalista (dall’età di 14 anni, con El Sol, settimanale del Partito socialista), imbianchino, operario, meccanico, pittore, cassiere, ma, soprattutto, lo scrittore che aveva dato all’America latina la voce delle rivendicazioni anti-coloniali, dai tempi dei conquistadores fino ai giorni nostri. Qualche anno dopo, nel 2009, quando Hugo Chavez incontrò Barack Obama per la prima volta, gli avrebbe regalato quel libro forte, intenso, per certi versi spudorato e senza freni. Un libro impegnativo, ma molto interessante, un saggio sulla storia socio-economica e sulle attuali condizioni politiche dell’America latina; un viaggio nella memoria per trovare una chiave di lettura per il presente, alla ricerca delle radici profonde della violenza e dello sviluppo mancato che la insanguinano da secoli, fenomeni visti come due facce della stessa medaglia. Un libro che aiuta a delineare un panorama più chiaro sulle cause della povertà di questi luoghi e, più in generale, sulle radici della miseria del terzo mondo, e a comprendere le grandi forze economiche come motori potenti della storia. Un testo quasi subito diventato, per gran parte della sinistra, la storia dell’America latina per eccellenza, o meglio il più illuminante distillato di quella storia, la sua vera essenza. Già la prima frase del testo ne conteneva l’essenza: “La divisione internazionale del lavoro consiste nel fatto che alcuni paesi si specializzano nel guadagnare ed altri nel perdere.” O, ancora di più, il titolo del suo primo capitolo: “La povertà dell’uomo come risultato della ricchezza della terra”. In sostanza: l’America latina è povera, perché un’altra parte del mondo (la Spagna imperiale prima, la Gran Bretagna poi e, infine, gli Stati uniti d’America) l’ha sistematicamente depredata delle sue risorse naturali e sistematicamente sottomessa. Un’analisi profonda, spietata, critica e dura, una rivelazione. Bene contro male. Come sempre, dalla notte dei tempi.

Nel 1973, quando i militari presero il potere con un golpe, fu imprigionato e costretto a fuggire. Andò in esilio in Argentina, ma nel 1976, anno del sanguinoso colpo di stato del generale Videla, il suo nome fu inserito nella lista dei condannati dagli “squadroni della morte” e riparò in Spagna. Tornò in Uruguay nel 1985, con la democrazia. Tra le sue opere più famose, fra gli oltre 30 libri tradotti in più di 20 lingue ricordiamo, anche, “Specchi” (2008), “Un incerto stato di grazia” (con Sebastião Salgado e Fred Ritchin, 2002), “Splendori e miserie del gioco del calcio” (1997), “La conquista che non scoprì l’America” (1992), “Memoria del fuoco” (1982-1986). Amante del calcio, Galeano con “Splendori e miserie del gioco del calcio” aveva creato una piccola enciclopedia tascabile sul gioco del calcio. Se uno chiedeva, ad esempio, chi ha inventato la rovesciata e perché in Sud America la chiamano “chilena”, Eduardo Galeano rispondeva “Ramon Unzaga inventò questa giocata sul campo del porto cileno di Talcahuano: con il corpo sospeso nell’aria, di spalle al suolo, le gambe lanciavano il pallone all’indietro nel repentino andirivieni delle lame di una forbice”. Football e poesia. La sua ultima opera, uscita in Italia nel 2012, “I figli dei giorni”, è una specie di calendario, con 366 brevi testi, uno per ogni giorno, a partire dal primo gennaio, dove ogni testo è ispirato a un evento legato al giorno in esame. Cosi, ad esempio, vi ritroviamo re Giacomo II che, nel 1457, proibisce agli scozzesi il gioco del golf, e il divieto fallisce; Truman che, dopo Hiroshima, dice: “Rendiamo grazie a Dio per aver messo la bomba nelle nostre mani, e non nelle mani dei nostri nemici”; Mata Hari, condannata a morte nel 1917, che seduce il plotone d’esecuzione lanciando baci; o Rosa Luxemburg, massacrata nel 1919 a Berlino, e una sua scarpa rimasta nel fango, come un monito, amorevolmente raccolta. Un autore che andava al cuore delle cose, oltre gli schemi, capace di vedere, tessendo una visione del mondo con buoni e cattivi. Talento unico.

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La copertina

Così come unico era Gunter Grass (che, ammetto, conosco meno di Galeano), scomparso a 87 anni (Galeano ne aveva 74), lo stesso 13 aprile, anch’esso voce scomoda fuori dal coro, considerato la coscienza critica della democrazia tedesca, diventato noto per il “Tamburo di latta” (1959), oltre che per il Nobel per la letteratura, ricevuto nel 1999. Fu sempre una voce critica e inquieta, come Galeano, pur essendo vissuto nel silenzio per decenni, prima di ammettere di essersi arruolato volontario nelle Ss naziste, da giovane (solo in “Sbucciando la cipolla”, confessò la sua infatuazione adolescenziale per il Terzo Reich e il senso di colpa che, da allora, non lo abbandonava).
“Il tamburo di latta” narra del bimbo-nano Oskar Matzerath, che, a tre anni, decide di non crescere più e osserva dal basso il mondo in tutti i suoi peggiori risvolti, con infantile perfidia e uno stupore maligno, deformato dalla sua situazione. Attraverso questa dura vicenda familiare, il libro racconta la storia di Danzica, la città dove Grass nacque il 16 ottobre 1927, da padre tedesco e madre kashuba (una minoranza etnica slava ora vivente in Polonia), luogo multietnico in cui polacchi, tedeschi e kashubi convivono tra tensioni e fatiche. E fin da allora, Grass si batté per il dialogo Est-Ovest, per tentare di costruire ponti tra l’Europa libera e quella dietro il Muro, occupata e ‘comunistizzata’ dai sovietici. Il libro, secondo molti, ha rappresentato il manifesto di una nazione prigioniera della sua ipocrisia, di un mondo intriso di doppiezza, cattiva coscienza e menzogna.
In molti romanzi, da “Anni di cani” (1963, una riflessione sulle azioni della Germania nella seconda metà del Novecento e sulla coscienza tedesca) al “Diario di una Lumaca” (1972, sulla politica tedesca e le elezioni parlamentari del 1969), da “Gatto e topo” (1961) a “Il rombo” (1979), narrò ambiguità e contraddizioni della Germania moderna, con una prosa che reinventò il tedesco letterario. Fu molto duro contro il riarmo con cui la Nato rispose negli anni Ottanta al riarmo aggressivo atomico dell’Urss post brezneviana, sempre critico verso gli Stati uniti, negativo sul modo in cui Helmut Kohl gestì la riunificazione tedesca. E da ultimo, verso Israele, che accusò di essere il vero pericolo per la pace in Medio oriente. Attacco che gli valse il divieto d’ingresso nel Paese, dichiarato “persona non grata”. Padre di 4 figli, Grass aveva anche altri talenti: nella sua casa a Behlendorf, con la sua amata moglie Ute sempre vicina, era anche bravo scultore, pittore e incisore. Uno scrittore contro, spesso definito come “la nuova Germania”, un giovane arrabbiato che fa piazza pulita di tutti i buoni sentimenti e dei falsi pentimenti del dopoguerra. Espressione, comunque, delle lacerazioni dell’animo tedesco.
Buon viaggio, allora, e grazie di tutto. A tutti e due.

ECOLOGICAMENTE
Oltre 200mila tonnellate ogni anno di rifiuti elettronici

Cosa sono i Raee?. Sono gli apparecchi elettrici e elettronici di natura domestica e professionale a fine uso e si dividono in apparecchiature refrigeranti (frigoriferi e condizionatori), grandi bianchi (lavatrici e lavastoviglie), tv e monitor, sorgenti luminose (neon e lampadine) e la infinita categoria di altri prodotti dalle stampanti, ai telefonini, ai ventilatori, ai ferri da stiro, alle radio etc; quelli insomma che non sappiamo mai dove buttare e che spesso, sbagliando, lasciamo vicino al cassonetto o ancor peggio lungo la strada.
È bene dunque sapere che esistono strutture specifiche di raccolta a partire alle isole ecologiche attrezzate. La gestione è in capo ai produttori di Aee che si avvalgono delle aziende di igiene ambientale e dei Comuni per la raccolta (come da accordo Anci-Cdc Raee).
L’occasione per parlarne è data dalla recente presentazione della sesta edizione del Rapporto annuale del Centro di coordinamento Raee che indica come, al 2013, la raccolta complessiva sia risultata pari a 225.931.218 kg, e il dato medio pro capite risulta essere pari a 3,80 kg per abitante.

I dati del Centro coordinamento Raee, rapporto annuale 2013:
R1 Freddo e clima (frigoriferi, condizionatori, congelatori, etc.) 62.158.612 kg
R2 Grandi bianchi (lavatrici, lavastoviglie, cappe, forni, etc.) 56.156.357 kg
R3 Tv e monitor (televisori e schermi a tubo catodico, lcd o plasma) 68.879.875 kg
R4 Piccoli elettrodomestici (telefonini, computer, stampanti, ventilatori, giochi elettronici, asciugacapelli, etc. 37.620.439 kg
R5 Sorgenti luminose (lampadine a basso consumo, al neon, lampade) 1.115935 kg

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Centri di raccolta dei Comuni italiani al 2013

La raccolta pro capite media nelle regioni del Nord è pari a 4,77 kg per abitante. Le regioni più virtuose sono Lombardia, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. La nostra regione, purtroppo, ha perso da anni il primato di essere la più virtuosa in molti settori ambientali, nonostante i Comuni in Emilia-Romagna abbiano quasi tutti avviato da tempo la raccolta, tranne che in alcune aree della provincia di Ferrara.
L’attuazione della normativa europea in merito all’organizzazione dei servizi e alla regolamentazione del ciclo di gestione dei Raee (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) in Italia parte nel 2008, con il consolidamento del sistema grazie anche al passaggio di consegne dai Comuni ai Sistemi collettivi. In verità l’Unione europea, a partire dal 2002, ha iniziato a concentrare l’attenzione sul corretto trattamento e smaltimento dei Raee, anche in considerazione del consistente aumento di questa tipologia di rifiuti. Dal punto di vista legislativo sono state le tre direttive 2002/95/Cc 2002/96/Ce e 2003/108/Ce che hanno razionalizzato a livello comunitario la gestione dei Raee, integrando il principio del “chi inquina paga” con quello della “responsabilità estesa e condivisa”. Ma è la direttiva 2012/19/Ue, entrata in vigore il 13 agosto 2012, che prevede un recepimento nell’impianto normativo nazionale entro il febbraio 2014 e pone entro il 2019 nuovi target di raccolta almeno tripli rispetto a quello attuale.

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Centri di conferimento pro capite

Il rapporto citato dice che la raccolta complessiva nel nostro Paese è stata pari a oltre 225 milioni di kg, attestando una riduzione di circa il 5% rispetto all’anno precedente. Tuttavia la quantità dei Raee raccolti è diminuita in maniera minore rispetto al crollo delle vendite e questo lascia intendere che il sistema di raccolta riesce a mantenere abbastanza costanti i quantitativi di rifiuti trattati e riciclati. Ma un tema delicato e complesso è legato anche al commercio illecito di questi prodotti. Il calo dei risultati è infatti dovuto purtroppo anche alla gestione informale o illegale alla quale sono spesso affidati i Raee, che possono generare percorsi illeciti nel riciclo, come è messo in evidenza dal Dossier di Legambiente (in collaborazione con il Centro di coordinamento Raee) intitolato “I pirati dei Raee”, in cui si fa luce sullo smaltimento illecito (tra il 2009 e il 2013 sono state quasi 300 le discariche sottoposte a sequestro dall’autorità giudiziaria, prevalentemente in Puglia e in Campania) e sui traffici illeciti, che spesso si concludono con l’export illegale verso Paesi come l’Africa sub sahariana o l’Estremo oriente.

Il presidente del Centro di coordinamento Raee scrive, infatti, che “il sistema italiano di gestione dei Raee è in condizione di affrontare con una certa tranquillità anche l’attuale fase congiunturale in cui, complice la crisi economica, diminuiscono le quantità di Raee che passano dai Centri di raccolta e raggiungono gli impianti di trattamento accreditati. Il calo in Italia è comunque meno sensibile rispetto ad altri paesi europei e la piccola emorragia che si era generata già comincia a sanarsi. Se infatti si analizza meglio la flessione del 5% si può vedere come gran parte del decremento avviene nel raggruppamento R3 (tv e monitor), un calo atteso e fisiologico dopo la conclusione del passaggio al digitale terrestre che ha concentrato la sostituzione dei vecchi televisori a tubo catodico tra il 2009 e il 2012.”

Di seguito un elenco dei meccanismi di funzionamento dei Centri di conferimento:
Centri di raccolta: realizzati e gestiti dai Comuni o dalle aziende di gestione dei rifiuti, sono aperti ai cittadini che possono consegnare gratuitamente i Raee; possono servire uno o più Comuni ed essere aperti ai Raee provenienti dalla distribuzione.
Luoghi di raggruppamento: realizzati e gestiti dalle aziende della distribuzione presso il punto vendita o in un altro luogo, servono ad accogliere i rifiuti provenienti dal ritiro “uno contro uno” e possono essere serviti direttamente dai sistemi collettivi.
Grandi utilizzatori: soggetti pubblici o privati (ospedali, caserme, etc.) che producono importanti quantitativi di Raee della categoria 5, illuminazione, e di conseguenza possono ottenere un ritiro diretto in loco da parte dei sistemi collettivi.
Centri di raccolta privati: punti di raccolta realizzati prevalentemente dagli stessi sistemi collettivi in cui sono stoccati i Raee provenienti da attività di raccolta volontaria. Ad oggi sono prevalentemente legati al raggruppamento R5.
Installatori: luoghi gestiti da Installatori di sorgenti luminose (R5) presso i quali sono stoccati i rifiuti provenienti da abitazioni private in seguito all’installazione.

Con un poco di attenzione e di sensibilità aiutiamo a migliorare l’ambiente.

IMMAGINARIO
Bella prospettiva!
La foto di oggi…

Ma che bella prospettiva! Lo chiamano così, a Ferrara, questo spazio che – in fondo a corso Giovecca – si apre verso via Pomposa e, se si volta a sinistra o a destra, in via Caldirolo e viale Alfonso d’Este. Il nome, in realtà, sarebbe quello dell’arco che si immette qui, eretto tra 1703 e 1704. La costruzione ha proprio la funzione di fare da sfondo scenico per la lunga e importante via, come pure per la bella aiuola, costruita dopo, negli anni ’30 del Novecento. Ora la fioritura abbellisce lo slargo con la scalinata che porta sopra le Mura. I fiori bianchi – spiega l’esperta giardiniera Giovanna Mattioli – sono quelli di “pyrus calleryana chanticleer”, uno dei peri da fiore più usati e comuni. Praticamente, dice Giovanna, “l’albero perfetto, un ibrido che fa fiori, belle foglie, ha sviluppo verticale contenuto e non si ammala”. La ripresa della bella prospettiva primaverile, invece, è opera dello sguardo di Anna Maria Mantovani, fotografa e socia attiva del FotoClub Ferrara.

OGGI – IMMAGINARIO MONUMENTI

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Prospettiva in fiore, a Ferrara in fondo a corso Giovecca (foto di Anna Maria Mantovani)

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

[clic sulla foto per ingrandirla]

GERMOGLI
Il giudizio e le orecchie.
L’aforisma di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Michel_de_Montaigne“Sii sincero” è una delle frasi che forse diciamo più spesso, così come una di quelle che più spesso ascoltiamo. Ma saremmo davvero disposti a sentire la verità di un pensiero che ci riguarda e giudica?

“C’è bisogno di orecchi molto resistenti per sentirsi giudicare con sincerità”. (Michel De Montaigne)

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