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Giorno: 22 Marzo 2018

I nuovi profili della facoltà di giurisprudenza di Ferrara presentati agli studenti del Montalcini

Da organizzatori

La facoltà di Giurisprudenza di Ferrara arricchisce la sua offerta formativa con la creazione di nuovi corsi di laurea triennali presentati agli studenti delle classi 4° e 5° dell’Istituto Tecnico Economico di Portomaggiore.

L’iniziativa rientra nel piano di attività di Alternanza scuola-lavoro e Orientamento post-diploma proposto dall’IIS ” Rita Levi Montalcini”.

Il Dott. Simone Vanini (ricercatore di Istituzioni di diritto privato) e la Prof.ssa Tania Tomasi (docente di Diritto fallimentare) della Facoltà di Giurisprudenza di Ferrara, hanno illustrato agli studenti del biennio terminale dell’Istituto Tecnico Economico di Portomaggiore, coinvolti nel Progetto Innovazione, il percorso formativo proposto dall’Ateneo.

I nuovi corsi esistenti saranno proiettati verso un’ottica più ampia connessa alle continue trasformazioni socio-economiche verificatesi negli ultimi decenni in ambito internazionale e

formeranno profili professionali particolarmente richiesti nell’attuale mercato del lavoro.

Le nuove figure professionali che verranno formate da questi nuovi indirizzi di studio saranno l’Esperto giuridico immobiliare, l’Operatore di polizia giudiziaria e l’Esperto giuridico in materia di sicurezza del lavoro ambientale e dei prodotti.

Al termine del proficuo e stimolante incontro con i due docenti gli studenti del Montalcini hanno avuto la possibilità di rivolgere domande relative alle modalità di accesso ai corsi e ai diversi Open-day che si stanno svolgendo proprio in questi giorni.

Ben vengano, quindi, iniziative di questo genere con un feedback positivo e propositivo.

martedì 3 aprile in Comune a Comacchio l’incontro per presentare il piano di difesa costiero ai Lidi

Da ufficio stampa ascomfe

Si terrà il 3 aprile, in mattinata , l’incontro – particolarmente atteso – in comune a Comacchio – presente l’assessore regionale Paola Gazzolo ed i massimi tecnici regionali – per illustrare l’operatività ed i diversi passaggi del piano di difesa costiera che diventa sempre più urgente per salvaguardare la costa (e l’intero sistema balneare e turistico). L’incontro è aperto alle associazioni di categoria ed ai consorzi di settore.
Anche le recenti mareggiate accompagnate dal vento di bora hanno complicato oltre misura la situazione sia ai martoriati Lidi Nord ma che stavolta hanno creato criticità (leggi allagamenti nelle strutture dei Bagni) anche in alcuni stabilimenti ai Lidi Sud tant’è che la Regione ha firmato provvedimenti di interventi urgenti per Spina e Porto Garibaldi. Ed oltre all’erosione con il mare vorace l’altro fenomeno è stata l’invasione delle spiagge da montagne di detriti portati dalle acque che ora gli operatori stanno meticolosamente pulendo. Con un obiettivo ed una volontà precise tipiche dei nostri operatori: riaprire con certezza a pieno ritmo per le festività Pasquali per poter accogliere al meglio i turisti con la consueta professionalità e cortesia.
“Anche il maltempo di queste ore – spiega Gianfranco Vitali presidente di Ascom Comacchio – ha sottolineato l’urgenza di veder presentato il piano e sopratutto poi di sapere i tempi della sua attuazione con opere strutturali. Non c’è più un minuto da perdere. E’ un impegno dovuto verso gli operatori che si sono rimboccati le maniche anche in questa occasione e stanno già lavorando per ripristinare le strutture”
Nicola Bocchimpani presidente di AsBalneari sottolinea: “L’ultima mareggiata ha di nuovo colpito in modo pesante ed il vento che continua spirare in queste ore non migliora la situazione. Il cordone sabbiosa a protezione dell’arenile in media è stato eroso del 50%. Ogni hanno il mio stabilimento vede sparire il 15-20% di spiaggia e ho smesso di fare il conto di quante file di ombrelloni ho perso Una situazione di precarietà che certo non aiuta gli imprenditori ad investire con certezza sul futuro fino a che non avranno risposte strutturali certe a difesa dei loro investimenti” anche se l’impegno e la passione non vengono certo erosi.

Eppure lo sapevamo

La fine dell’innocenza dei social network, potrebbe essere definito lo scandalo scoppiato nei giorni scorsi sui legami tra Facebook e la società di analisi dei dati Cambridge Analytica. La vicenda, come è noto, riguarda la cessione da parte del più frequentato social network del mondo di dettagli personali su oltre 50 milioni di utenti, che sarebbero stati sfruttati per la campagna elettorale alle ultime presidenziali americane di Donald Trump. Cambridge Analytica si dichiara indignata e ha sospeso il potente amministratore delegato Alexander Nix.
Ora i responsabili di questa imponente macchina dei social network si dichiarano tutti indignati.

Della questione sollevata dallo scandalo in realtà si parlava da tempo sui giornali americani, per esempio era noto il ruolo di Steve Bannon, ex stratega di Donal Trump, e l’ambizioso programma di costruire profili dettagliati di milioni di elettori americani su cui testare l’efficacia di molti dei messaggi populisti alla base della campagna elettorale.
Sappiamo, peraltro, che il modo in cui il sistema funziona, dai like alle fan page sino alla geolocalizzazione è globale, è lo stesso in tutti i paesi, non vi è un approccio nazionale nella strategia di Facebook, non vi è quindi ragione per credere che l’uso dei nostri profili e dei nostri commenti in Italia abbia utilizzi diversi da quelli che vengono fatti in altri paesi.
Sapevamo che gli algoritmi hanno il compito di tracciare profili psicologici. Ogni volta che consentivamo il trattamento dei nostri dati personali questi servivano a costruire profili. La conoscenza dei nostri comportamenti privati permetteva di suggerirci prodotti e servizi e anche di plasmare i nostri modi di vedere il mondo, rafforzando i messaggi che potevano essere in sintonia con le nostre conversazioni. In questo ultimo anno numerosi contributi hanno sottolineato il funzionamento e gli effetti dei big data sulle nostre decisioni.

Sapevamo da tempo che le immagini dei tramonti, i ricordi delle le feste di compleanno, i commenti sui locali frequentati, tutto questo e molto altro, andava a comporre profili che ci consentivano (si fa per dire) di ricevere pubblicità in linea con le nostre preferenze e i nostri stili di vita. Alcuni di noi queste tecniche le spiegavano nei numerosi corsi sul marketing digitale.
I social hanno progressivamente costruito un mondo fatto di luoghi comuni, di consolanti affinità e di stereotipate sintonie, di illusioni di condivisione. Nei social si è costruito buona parte di quel sentimento populista che parte dalla distinzione tra un ‘noi’ e un ‘loro’ e che ben prima che una scelta di voto è una cultura diffusa.
Sapevamo anche che il nostro confronto quotidiano si svolgeva all’interno di piazze virtuali che tendevano a separare in modo radicale posizioni e sensibilità, sapevamo che le appassionate discussioni che impegnavano alcuni restavano un esercizio totalmente sterile.
Sapevamo che i social erano testimoni di numerosi episodi di violenza becera. Un recente esempio è accaduto su Snapchat: il social network ha pubblicato un annuncio per un gioco che incitava a schiaffeggiare Rihanna, la cantante che è stata vittima di un episodio di violenza subita dalla cantante dal suo ex compagno, il cantante Chris Brown, alcuni anni fa. Snapchat ha cancellato la pubblicità e ha chiesto scusa agli utenti e ha dichiarando di voler indagare su come sia potuto accadere. Intanto ha perso in borsa più del 4% del suo valore. Resta sconcertante che qualcuno abbia trovato divertente il gioco. Ma non è che un esempio che indica le dinamiche psicologiche che influenzano i comportamenti nelle reti. I social per loro natura tendono a mettere in campo le emozioni più viscerali con tutto il carico di aggressività che alle emozioni è correlato.
Vi è ormai molta letteratura che sottolinea come nei social vincano dinamiche polarizzanti. In sostanza nei social si creano delle “camere eco” in cui le persone ricevono conferma delle proprie opinioni e non si confrontano mai con quelle con cui sarebbero in potenziale dissenso.

E ora che tutto ciò che già sapevamo ci viene confermato da questa drammatica notizia sui rischi che i social network diano vita ad una società sorvegliata, cosa cambierà nella nostra consapevolezza circa l’uso di questi surrogati di amicizia?

DIARIO IN PUBBLICO
Leggere per non sparire

Finalmente concluso il derby dell’anno Spal-Juventus con un impeccabile 0-0, Ferrara si risveglia sotto piogge inaudite che sembra vogliano inondare l’intera pianura padana. Addio allora a cortei ducali che aprono il Palio (comunemente pronunciato ‘paglio’ per l’insopprimibile fonìa ferrarese), ai mercatini domenicali, alle visite in libreria che di solito condiscono il riposo settimanale. Così si riascolta la divina Martha Argerich e si affrontano letture di cataloghi d’arte e di libri che pericolosamente s’impilano sul tavolo.
Tutto pur di non ascoltare le notizie del Palazzo di casa e di quello romano.
Bando dunque alle dichiarazioni che rivelano i gusti sessuali del giovinetto Di Maio, rivelati dal personaggio cultural-politico onore e vanto della città estense. Bando alle accuse scagliate dall’oscena parola ‘inciucio’ che nel giornalista spiritoso si carica e minaccia con profusione consonantica ‘inciuccio’. Bando, se si potesse, al tormentone delle calotte poiché sempre di spazzatura si tratta.
E si prendano in mano i libri, “ovvia!!!” direbbero gli amici fiorentini tra i quali non posso certo annoverare il rottamatore, anche se spesso l’interiezione sorge spontanea sulle sue labbra.

L’attenzione si appunta, quasi un segno del destino, su di un romanzo di Gabriele Dadati, ‘L’ultima notte di Canova’ (Baldini&Castoldi, 2018). Condannato dal destino a canoveggiare m’immergo nella lettura che parte da serissime carte d’archivio per spaziare nelle più fantastiche e oniriche fantasie con profusione di momenti sessuali che strappano dal trono l’imperatrice di Francia in una notturna confessione sessual-politica fatta al casto Canova. Nel prosieguo la giovane imperatrice compie atti perlomeno stravaganti come, scrive l’autore, addentare un melograno, che non è ovviamente “l’albero a cui tendevi la pargoletta mano/ il verde melograno dai bei vermigli fior” di carducciana memoria, ma è – probabilmente – la melagrana che il sobrio vocabolario descrive così: “melagrana s. f. [rifacimento del lat. malum granatum «mela granata» (v. l’agg. granato)] (pl. melagrane, raro melegrane). – Il frutto del melograno (detto anche mela granata): di forma sferica, con buccia coriacea di colore giallo che diventa rossastro a maturità, contiene numerosi caratteristici semi trasparenti, di color rosso rubino e di sapore acidulo”. Ma a quanto pare al nostro piace usare la forma maschile. Così tra le labbra di una giovane seppur non coltissima imperatrice, nella minuziosa descrizione del rito sessual-fallico che subisce Maria Luigia con dispersione e consistenza di umori spiccano le ‘mollizie di un’unione appagante” (p.176).
Comunque il, per me, non esaltante romanzo viene diffuso nei luoghi sacri canoviani: dalla grande mostra alle Gallerie dell’Accademia di Venezia al museo di Bassano del Grappa. Una utilizzazione del nome come attrazione scandalistico-scandalosa che fa il paro con il (falso) annuncio mortuario di Agostino Tassi, pittore seicentesco stupratore di Artemisia Gentileschi, fosco pittore il cui quadro veniva così propagandato per annunciarne l’arrivo alla mostra ora in corso al Castello estense di Ferrara.

Certo è evidente che la fruizione delle opere d’arte e degli artisti ormai non può prescindere o dagli ‘stati d’animo’ nella pur intelligente mostra di Palazzo dei Diamanti o nella dissacrazione di opere che si prestino per una manciata di dollari a diventare scenario della moda (le modelle di intimo che si strusciavano ai gessi canoviani di Possagno, qualche anno fa). Certo le nudità canoviane ben si prestano a esaltare la natura più che il bello ideale, ma un poco di riservatezza le renderebbe ancor più esaltanti. Leggo nel frattempo libri straordinari: Appenfeld, Oz, Singer, Grossman, Potok, che i giovani dovrebbero conoscere, ma che forse nemmeno sanno esistano. Nel turbinìo affannoso di una situazione politica che sbava sul fare e ripudia l’intelligenza e la cultura come ‘ il rimedio ultimo ai mali’ assisto assieme a pochi al disfacimento del mondo che ho percorso: dalla ri-nascita dopo il fascismo fino alla dissoluzione delle forme politiche. Ma sarebbe ingiusto cedere, ritirarsi a disegnare ikebana mentre i tuoi valori (sì ancora ‘valore’ per me ha un senso) si accumulano nel gran falò di ‘Farenheit 451’, un libro e un film dove i pompieri non spengono gli incendi ma gli appiccano nelle case di coloro che in un passato ormai prossimo nascondevano nelle case i libri.
Catastrofismo? Non lo so. Ormai è giunto il momento che l’intero Occidente debba difendersi non con giochi, soprattutto con i giochi economici, ma con un ritorno alla vera cultura.

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