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Giorno: 11 Aprile 2020

Coronavirus. Nuova ordinanza del presidente Bonaccini: misure più restrittive prorogate fino al 3 maggio

Da: Organizzatori

Restano le limitazioni ulteriori nelle province di Piacenza, Rimini e a Medicina (qui niente apertura di librerie e cartolerie, come invece avviene nel resto del territorio regionale). L’arrivo di due festività nazionali con tutte le attività di vendita chiuse (25 aprile e 1^ maggio), porta alla riapertura dei supermercati la domenica (dal 18 aprile) per evitare un’eccessiva affluenza negli altri giorni feriali

Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha firmato nel pomeriggio un’ordinanza che conferma le misure ulteriormente restrittive in vigore in Emilia-Romagna e in scadenza lunedì 13 aprile, prorogandole fino al prossimo 3 maggio.
Comprese quelle relative alle province di Piacenza e Rimini, al capoluogo di Medicina e alla frazione di Ganzanigo, dove, a differenza di quanto sancito dal Decreto della Presidenza del Consiglio di ieri, 10 aprile, restano sospese le attività di commercio al dettaglio di carta, cartone e articoli di cartoleria, di libri, di vestiti per bambini e neonati. Consentite invece silvicoltura e utilizzo aree forestali e cura e manutenzione del paesaggio, con esclusione delle attività di realizzazione, così come sancito dal Governo per tutto il territorio nazionale. Nella provincia di Rimini è confermato anche il piano di riorganizzazione della mobilità viaria, con l’obiettivo di rafforzare i controlli sugli spostamenti.

Librerie, rivendite di articoli di cartoleria e di abbigliamento per bambini e neonati sono invece di nuovo consentite nel resto del territorio regionale, alla pari del resto del Paese.

Con l’avvicinarsi di due festività nazionali – 25 aprile e 1^ maggio – nelle quali tutte le attività di vendita saranno chiuse (a eccezione di farmacie, parafarmacie, edicole e distributori di carburante), si è decisa la riapertura dei supermercati la domenica, per evitare un’eccessiva affluenza negli altri giorni feriali. Il nuovo atto regionale prevede infatti che nelle giornate festive e prefestive all’interno dei centri commerciali e delle medie e grandi strutture è consentita la vendita limitatamente a farmacie, parafarmacie, edicole, tabacchi e punti vendita di generi alimentari, di prodotti per l’igiene personale, la pulizia e l’igiene della casa, gli articoli di cartoleria, le sole attività alle quali può essere consentito l’accesso. Attenzione: la prima domenica di apertura sarà il 19 aprile, visto che fino a lunedì 13 resta in vigore l’ordinanza che prevede la sospensione.

Per il resto, l’ordinanza regionale conferma le misure già in vigore, a partire dal divieto di jogging o passeggiate, visto che per lo spostamento a piedi, se dovuto a ragioni di salute o per esigenze fisiologiche dell’animale di compagnia, è obbligatorio restare in prossimità della propria abitazione. Così come per le attività di produzione di cibo e alimenti che prevedono la somministrazione e il consumo sul posto e quelle che per l’asporto (comprese rosticcerie, friggitorie, gelaterie, pasticcerie, pizzerie al taglio), resta consentito il solo servizio di consegna a domicilio, nel rispetto delle disposizioni igienico sanitarie.

Coronavirus. Mobilitati 10mila volontari, la Regione al fianco del Terzo settore e del volontariato: allo studio interventi specifici di sostegno

Da: Organizzatori

Ieri un lungo incontro in videoconferenza tra la vicepresidente Schlein e le associazioni di promozione sociale, centri di servizio, Caritas: “Chiederemo al Governo che nei decreti di conversione le misure siano giustamente estese anche al mondo del volontariato”. Tantissimi i volontari, da 550 associazioni, che si sono mobilitati, affiancando la protezione civile, per fare fronte ai bisogni della popolazione più vulnerabile

Oltre 10mila, provenienti da 550 associazioni, i volontari che si sono mobilitati, affiancando la Protezione civile, per fare fronte ai bisogni della popolazione più vulnerabile. Questi i numeri che raccontano l’impegno portato avanti dal Terzo settore e dal mondo del volontariato dell’ Emilia-Romagna, nella gestione dell’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus: dalla consegna di spesa, farmaci e altri beni di prima necessità, alle attività di ascolto e sostegno psicologico a distanza rivolte a persone in condizione di solitudine; fino ad interventi di accoglienza e sostegno delle persone particolarmente vulnerabili.
A fare il punto della situazione in cui continuano ad operare i volontari e sulle prospettive future legate al loro ruolo nella futura fase di ritorno alla normalità sanitaria e sociale, la vicepresidente e assessore alle disuguaglianze, Elly Schlein, nell’incontro che si è svolto ieri, in videoconferenza, con i rappresentanti del Terzo Settore, in particolare di associazioni di promozione sociale, centri di servizio del volontariato, Caritas e mondo del volontariato, compreso quello giovanile e studentesco e informale delle Sardine.

“Il mondo del Terzo settore, dell’associazionismo e del volontariato rappresenta un tessuto fondamentale della nostra società, sta contribuendo in modo imprescindibile nella reazione all’emergenza, ancora di più lo sarà nella fase di ricostruzione e va quindi sostenuto. La generosità della nostra comunità regionale- sottolinea la vicepresidente e assessore alle disuguaglianze, Elly Schlein – si dimostra più forte del virus e delle paure. La solidarietà deve arrivare a tutti coloro che si trovano in stato di necessità a prescindere dall’età, dalla provenienza, da dove vivono, dalla condizione precedente alla crisi. Prepariamoci a intercettare nuovi bisogni e fragilità che emergono da questa fase, da leggere con lenti nuove per non lasciare nessuno indietro.”

“L’iniziativa volontaria e gratuita di tanti volontari ha consentito di raggiungere molte persone in difficoltà, ma occorre fare un passo avanti- prosegue la vicepresidente- raggiungere chi ancora, pur bisognoso, non sa a chi rivolgersi e capire quali siano i bisogni emergenti, soprattutto in vista della cosiddetta fase due, che ci consegnerà una situazione inedita con conseguenze economiche e sociali preoccupanti, che istituzioni e società civile si devono sforzare di affrontare tempestivamente”.

“Da questo punto di vista è fondamentale curare la comunicazione alle persone, in modo da rendere evidenti i percorsi per ottenere un aiuto, ma anche rafforzare la collaborazione fra terzo settore, enti locali e Regione nell’individuazione dei bisogni e nella definizione di risposte innovative. Ad oggi- spiega ancora- sono tanti gli esempi virtuosi nel nostro territorio: dagli sforzi delle associazioni operative in tutta la regione, agli studenti di medicina che con “A un metro da te” si sono messi a disposizione dei servizi sanitari per supporto in attività amministrative e di comunicazione con i cittadini – iniziativa notata anche dalla Università di Harvard -, alle realtà giovanili che si sono mobilitate per l’emergenza in collaborazione con associazioni storiche per l’aiuto alle persone anziane e con disabilità, alle persone senza fissa dimora, alle comunità straniere, rom e sinti”.

L’Impegno della Regione Emilia-Romagna

La Regione Emilia-Romagna, in primo luogo, si è impegnata nel farsi parte attiva con il Governo affinchè nei decreti di conversione le misure messe in campo- in particolare quelle riferite all’ accesso agevolato al credito e sospensione dei mutui – siano estese anche al mondo del Terzo Settore, e a studiare altre azioni di supporto.

Si è discussa anche la necessità di rafforzare la comunicazione sulle attività di sostegno alle persone disponibili in regione e di rafforzare il volontariato nelle Aree interne, per assicurare prossimità alle persone anche in luoghi dove è meno ricca l’offerta di servizi, compresi quelli di volontariato; lo scambio di esperienze e l’attivazione delle reti informali possono rappresentare in questo momento un aiuto importante. /Ti.Ga.

Spiando da un oblò

Da: MLB Maria Livia Brunelli Gallery

Un saluto dal profondo del cuore da una Ferrara deserta e incredibilmente bella nella dolce aria primaverile.
Spontaneamente alcune artiste che seguiamo stanno facendo, in silenzio e senza che nessuno glieli chieda, lavori ispirati da questo periodo di quarantena. Utilizzano il tempo lento dell’autoscatto, della meditazione nella natura o tecniche legate alla manualità femminile. Ci sembrano lavori molto intensi e per questo abbiamo pensato di condividerli, anche se sono serie inedite e ancora in fieri. E’ come “spiare da un oblò”, per usare una metafora molto adatta a questo periodo in cui ci affacciamo spesso alla finestra…dalla nostra in Corso Ercole d’Este abbiamo visto passare il corteo di carri militari provenienti da Bergamo e diretti al cimitero di Ferrara. Una visione inaspettata che è stata una lancia dritta in mezzo al cuore. Ma vediamo anche i fiori sui balconi e sentiamo cinguettare gli uccellini che ora si posano indisturbati e audaci sui davanzali.
Tante emozioni, forti, contrastanti.

Per molte donne, per molte artiste, in questo periodo di quarantena l’autoritratto fotografico femminile è un mezzo privilegiato per indagare questo inevitabile tumulto di emozioni all’interno della propria quotidianità domestica.
Lo dimostrano chiaramente gli ultimi lavori inediti realizzati da Anna Di Prospero. L’artista ha ora 31 anni ed è da poco diventata mamma.

I nuovi scatti ci emozionano perché sprigionano la forza del contatto umano, la poesia della luce. “Ho iniziato a realizzare queste fotografie per trovare un equilibrio in questa nuova e inaspettata realtà. Ho sempre utilizzato la fotografia per esaminare ed elaborare stati e circostanze. Il mio primo progetto fotografico realizzato nel 2007 era ambientato nella mia casa. Oggi, a distanza di 13 anni, torno a fotografare gli spazi domestici ma con un approccio profondamente influenzato dallo stato di isolamento che riguarda metà della popolazione mondiale. I momenti che rappresento nelle fotografie sono ispirati da un sentimento personale ma con l’intento di rappresentare e trasmettere uno stato d’animo collettivo. Questo infatti è un momento storico in cui, seppur lontani, ci sentiamo tutti più uniti da una condizione senza precedenti che ci lega e accomuna”.

Un’altra riflessione interessante sulla quarantena è quella di Simona Ghizzoni, un’artista attivista impegnata anche sul sociale (con grande sensibilità ha indagato temi delicati come l’anoressia o le mutilazioni genitali…), di cui abbiamo esposto alcuni autoritratti nella mostra “Chi sono io?” ispirata all’omonimo libro di Concita De Gregiorio alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia.
“Abbiamo vissuto la nostra vita partendo dal presupposto che ciò che fosse buono per noi sarebbe stato buono per il mondo. Ci siamo sbagliati. Dobbiamo cambiare la nostra vita in modo che sia possibile vivere secondo il presupposto contrario: ciò che è buono per il mondo, sarà buono per noi. E questo richiede che facciamo lo sforzo di conoscere il mondo e di imparare ciò che è buono per esso” (Wendell Berry, “The Long-Legged House”, 1969).
“Poco dopo la dichiarazione dello stato di emergenza in Italia – racconta Simona Ghizzoni -, io e la mia famiglia abbiamo deciso di spostarci da Roma verso Nord per avvicinarci ai miei genitori, anziani e soli.
Ci siamo trasferiti a vivere sull’Appennino tosco-emiliano, nella casa che fu dei miei nonni materni, un luogo che per me è sempre stato rifugio e consolazione.Siamo arrivati dopo cinque ore di viaggio senza soste, con la macchina carica del minimo indispensabile per me, il mio compagno Stefano e nostro figlio di due anni Ernesto e i viveri sufficienti per un paio di settimane.La vita qui non è semplice, molto diversa dalla vita cittadina. Abbiamo poco, pochissimo. Del resto, erano anni che riflettevamo sulla non sostenibilità della nostra vita.
Da lungo tempo si addensavano le preoccupazioni per il futuro di nostro figlio a causa del cambiamento climatico e sempre più forte si faceva la sensazione che qualcosa di grave sarebbe successo. La nostra specie ha trasformato il mondo, pretendendo di non farne parte. Illusione che la pandemia ha smentito all’improvviso. Torneremo alle nostre vite? Potremo fare finta che nulla sia accaduto? Questo abituarci a vivere con poco o nulla ci insegnerà qualcosa? Ancora non so, ma certamente le decisioni che abbiamo preso in questo momento di emergenza potrebbero impostare per noi un nuovo futuro”.

I retablos e le fotografie di Barbara Capponi, artista che di recente abbiamo esposto al Museo di Storia Naturale di Ferrara, sono illuminazioni nate in mezzo alla natura. Sono piccoli mondi ideati tra Roma e Monterosso, dove lei ha la fortuna di abitare nientemeno che nel parco di Eugenio Montale, dove ogni anno raccoglie i limoni dall’albero reso celebre dalla poesia “I limoni” (e ci fa la marmellata). Sono ironici e profondi insieme…
“Da bambina facevo disegni minuscoli. Con i miei animaletti di plastica ho giocato per ore sulle lande infinite del tappeto di lana blu della mia stanza.Quando ci soffermiamo sulle cose piccole capiamo quanti mondi infiniti siano contenuti dentro il nostro mondo, ed è impossibile non avvertire una vertigine cosmica. Ecco la scena: noi stiamo osservando qualcosa, chini su un dettaglio, dentro una stanza dentro una casa dentro un palazzo dentro una città, sulla scorza di questa palla magica che viaggia nello spazio a cui siamo tutti fortunosamente abbarbicati, che ci nutre e ci mangia. Ma c’è quasi sempre un ingrediente che ci tiene caldo, che è l’umorismo. Qualche volta è ironia, qualche volta è humor nero e allora nel calore filtra uno spiffero freddo. I retablos ci vogliono dire che noi esseri umani e le altre creature sulla palla magica siamo parenti stretti. Schegge di vita in viaggio insieme. E anche se non parliamo la stessa lingua, non signifca affatto che solo noi abbiamo una lingua, una cultura, emozioni e sentimenti. Il mondo è pieno di misteri. Ed è solo la nostra ignoranza che ci fa sentire su un piedistallo”.

E infine Ketty Tagliatti, nell’isolamento della sua casa di campagna, ha iniziato da settimane a realizzare mascherine all’uncinetto…sempre più perfezionate per permetterne il riutilizzo e l’inserimento di filtri. Non sa ancora se per un reale uso o per un’installazione, ma procede con tenacia e determinazione. “E’ nato come lavoro sull’esigenza di protezione individuale che diventa armatura, difesa. Però la tecnica manuale dell’uncinetto lo sdrammatizza e lo rende domestico e caldo. Finora ho realizzato quattro mascherine, perfettamente aderenti, foderate e con la tasca per il filtro. Mi ha colpito molto un articolo su una studetessa che sta cucendo gratuitamente mascherine per i non udenti, e l’ultima mascherina l’ho realizzata su sua ispirazione: ha una parte trasparente per lasciar vedere la bocca e permettere quindi di leggere il labiale. Quasi a voler proteggere la parola, contenerla, trattenerla con un coperchietto rimovibile. Queste mascherine sono come delle piccole armature protettive, che dovremo abituarci a inserire nei nostri accessori quotidiani, per la sicurezza di tutti. Ma diventano anche un lavoro sull’identità, sulla protezione intima della nostra identità”.

MechLav: il laboratorio Unife a disposizione per l’adattamento di maschere respiratorie sportive a dispositivi d’emergenza Covid-19

Da: Ufficio Stampa, Comunicazione Istituzionale e Digitale

Anche MechLav, laboratorio di ricerca industriale dell’Università di Ferrara, dà il suo contributo alla ricerca per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus.

Il laboratorio, coordinato dal Prof. Giorgio Dalpiaz e inserito nel Tecnopolo di Ferrara, sta collaborando a progetti volti a individuare soluzioni alternative ai tradizionali respiratori in utilizzo nelle strutture ospedaliere.

Nei giorni scorsi il gruppo di ricerca del team meccanico di MechLav si è messo all’opera e seguendo i disegni tecnici messi a disposizione dall’azienda Solid Energy, ha riprodotto attraverso stampa 3D, l’adattatore Emily. Il dispositivo prototipale, realizzato dal Prof. Emiliano Mucchi e dall’Ing. Federico Contro del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Ferrara, potrebbe essere utilizzato, previa validazione da parte di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), insieme alla maschera Decathlon come supporto di emergenza in caso di carenza di respiratori nei reparti coinvolti dall’emergenza Covid-19.

Dopo un primo tentativo con un diverso modello di adattatore, il laboratorio è passato alla riproduzione di Emily, che si è dimostrato più performante e in grado di integrarsi in maniera più semplice alla maschera di Decathlon Easy Breath. Per la realizzazione vera e propria dei dispositivi sono state utilizzate due stampanti 3D: la Markerbot Replicator e la Markerbot Method che hanno lavorato con materiali differenti e prodotto gli adattatori con tempistiche e qualità diverse. In questo modo è stato possibile per il team di ricercatori valutare anche la soluzione migliore per una riproduzione degli adattatori in quantità più massicce.

Oltre alla maschera Emily, che potrebbe essere utilizzata per supportare la respirazione nei pazienti affetti da Covid-19, sono stati riprodotti anche dei connettori per collegare la maschera Decathlon a due filtri FFP3. Tale soluzione invece, potrebbe essere utilizzata dagli operatori sanitari come dispositivo di protezione alternativo alle tradizionali mascherine.

Dopo aver verificato in laboratorio il corretto funzionamento dei prototipi, il team di ricerca ha contattato il Prof. Alberto Papi, direttore della UO di Pneumologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, e il Prof. Marco Contoli, entrambi del Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara per approfondire le reali necessità in ambito sanitario e comunicare la propria disponibilità a lavorare sul progetto al fine di rendere il raccordo, il connettore e la maschera, soluzioni sicure ed efficaci per fronteggiare eventuali emergenze causate dal Covid-19 o da altri virus.

Il team di lavoro di MechLav, nell’ambito delle ricerche effettuate, sottolinea che i dispositivi prototipali prodotti non sono ancora certificati: prima di essere utilizzati dovranno superare test di laboratorio approfonditi in relazione all’usabilità, alla resistenza, alla tipologia di materiale presente nella mascherina. Oltre a questi, saranno necessari ulteriori passaggi per ottenere le certificazioni che ne autorizzino l’utilizzo in ambito sanitario.

Donazioni emergenza Covid-19

Da: Ufficio Comunicazione Comune di Copparo

È possibile per i cittadini e le imprese fare le donazioni per l’emergenza Covid-19.

Il Comune di Copparo, a recepimento dell’Ordinanza n. 658 del Capo del Dipartimento della Protezione Civile avente ad oggetto “Ulteriori interventi di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, dà indicazione degli estremi bancari per poter contribuire volontariamente alla raccolta fondi relativa all’emergenza alimentare che coinvolge il territorio comunale: INTESTAZIONE: Comune di Copparo – Servizio Tesoreria IBAN: IT 30 T 05387 67210 000000010111 (presso BPER BANCA) CAUSALE: “Donazione liberale Emergenza Covid-19 Art.66 dl 18/2020″ e, a seguire, nome e cognome o ragione sociale dell’azienda e codice fiscale. La corretta indicazione della causale del versamento dà diritto, in sede di dichiarazione dei redditi, ad una detrazione del 30% con una soglia di € 30.000,00.

La giunta comunale ha differito il pagamento per tasse pubblicità’, occupazione suolo pubblico e sospeso le rateizzazioni derivanti da accertamenti

Da: Servizio Turismo

La Giunta comunale di Comacchio, nel corso dell’ultima video seduta, ha adottato misure per contrastare gli effetti dell’emergenza sanitaria di carattere nazionale COVID-19, che ha portato all’adozione di stringenti misure di prevenzione per limitare la diffusione del contagio ma ha prodotto nefasti effetti anche sull’economia nazionale

Pertanto è stato differito al 30 settembre 2020 il versamento dell’Imposta Comunale sulla Pubblicità. Al 31 luglio 2020 il versamento del Canone per l’Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche (COSAP).

Sono state sospese tutte le rateizzazioni in corso per accertamenti, avvisi di pagamento, ingiunzioni in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020 relative alle entrate tributarie (ICI, IMU, TASI, ICP) e COSAP: è stato stabilito che il numero delle rate previsto nel provvedimento di concessione della rateazione è automaticamente aumentato di un numero di rate pari a quelle sospese, senza che il contribuente incorra nella decadenza del beneficio concesso.

Il vice sindaco Denis Fantinuoli così illustra le misure previste “Questo provvedimento rappresenta una prima risposta in attesa di indicazioni più esplicite da parte del Governo sul tema della finanza pubblica, considerato che il decreto “cura Italia” non cita nulla in ordine alla tassazione locale”.

Donazione della popolazione detenuta a favore dell’Ospedale di Cona

Da: Segreteria Polizia Penitenziaria

Alcuni detenuti dell’istituto diretto da Maria Nicoletta Toscani, il cui reparto di Polizia Penitenziaria è coordinato dal Commissario Capo Annalisa Gadaleta, hanno voluto fortemente realizzare una donazione all’Ospedale di Cona (Fe). L’iniziativa, dal titolo ‘Donazione per emergenza Coronavirus’, ha visto l’invio di una congrua somma ai sanitari dell’ospedale per metterli nelle condizioni di operare sempre meglio nelle difficili attività di prevenzione e cura del Coronavirus in una regione particolarmente colpita dal contagio.
Molto toccante anche la lettera con cui i detenuti hanno accompagnato la raccolta.
“Voi medici fin da subito insieme al personale infermieristico vi siete attivati e non vi siete mai sottratti a porgere le cure necessarie anche a discapito della vostra stessa vita. Anche voi avete delle famiglie e dei cari, ma li avete messi quasi in secondo piano. La vostra professione è quella di aiutare le persone vittime di malattie, traumi e tutto cio’ che comporta il malessere fisico. Siete andati molto oltre perché avete accompagnato i pazienti oltre che sanitariamente, anche psicologicamente nei loro ultimi istanti di vita. Non vi siete mai sottratti ai vostri doveri ponendo il vostro stesso fisico a dei ritmi e dei turni davvero massacranti, ma nessuno di voi si è mai lamentato di tutto ciò…noi persone ristrette del carcere di Ferrara, in totale autonomia abbiamo scelto in base alle nostre possibilità, di aiutarvi. Nel nostro piccolo, abbiamo dato vita ad una raccolta di fondi da devolvere a favore dei medici e del personale infermieristico del nostro amato ospedale. Il nostro piccolo gesto non sanerà l’enormità del problema, ma è stato fatto col cuore. Anche se abbiamo commesso crimini contro le persone e lo stato italiano siamo davvero orgogliosi di essere cittadini di una Italia che, mai come ora, si è dimostrata unita di fonte ad un problema comune e di questa portata. Vi ringraziamo davvero per ciò che state facendo per la città di Ferrara. A tutti i dottori che fanno il loro dovere per l’Italia e per gli italiani diciamo GRAZIE”

L’AUGURIO DI ANGELA VOLPINI, L’ULTIMA MISTICA:
Come trasformare la pandemia in opportunità.

Si dice che una volta, durante le grandi epidemie, la gente trovasse rifugio nelle chiese e cercasse ristoro dall’angoscia della morte nella preghiera, nella penitenza, nella celebrazione religiosa e nel rito. Oggi molte chiese sono chiuse, le celebrazioni interrotte per non alimentare il contagio e, per chi è più devoto, l’unica partecipazione liturgica concessa è quella a distanza, resa possibile dalle tecnologie della comunicazione. Anche oggi però l’inquietudine, che fa emergere lo spettro della morte con modalità inattese per i tempi, si diffonde e si sviluppa man mano che i numeri del contagio e delle morti aumentano.

La quarantena, ancora unico antico rimedio alla diffusione del virus, con la forzata inattività e la privazione di alcuni diritti fondamentali dati per scontati nel tempo normale, obbliga comunque a riflettere, forse oggi come e più di allora. In questi periodi, colorati di disagio e di paura per molti, si aprono per altri, forse per tutti, spazi inattesi dove riprendere contatto con sé stessi, con la propria interiorità e con quella che potremo chiamare la componente spirituale della vita; essa sale alla coscienza di molte persone, proprio ora; ora che sono ridimensionati gli obblighi del lavoro, che sono cambiati i riti del consumo, che sono minati i presupposti della libertà obbligatoria cantata da Giorgio Gaber; ora che l’ansia egoistica per il domani è un poco sostituita da un certo affanno e da un’incertezza sconosciuta e di più vasta portata.
Proprio in questi giorni, le parole di chi ha vissuto esperienze spirituali autentiche, possono risuonare con esemplare chiarezza nelle anime liberate dal peso dello scontato quotidiano così caratteristico di un mondo troppo veloce, troppo competitivo, troppo impersonale, troppo materialista: il mondo in cui siamo vissuti fino a pochi giorni fa. Esperienze spirituali che nella forma della mistica – con la sua millenaria, concretissima tradizione che abbraccia tutti i popoli – mostrano vie di conoscenza sorprendenti, percorsi capaci di suscitare il senso del divino nel cuore, traiettorie di crescita personale che non di rado portano copiosi frutti nella società e nella cultura, danze che sembrano connettere le più estreme acquisizioni scientifiche con le più antiche sapienze tradizionali; sentieri infine, percorrendo i quali si può vivere la pienezza della felicità,  finalmente indifferenti alle manipolazioni di una propaganda martellante che ha fatto della vita comune un deserto spirituale, una prigione soffocante e non di rado triviale.

Angela Volpini, nata nell’Oltrepò Pavese nel 1940 fu protagonista negli anni 1947-1956 di una straordinaria sequenza di esperienze mistiche, che per anni riempi le pagine di riviste e giornali dell’epoca. Tra le rare donne, giovanissima, a partecipare ai lavori del Concilio Vaticano II, più volte accolta all’Accademia di Francia, ha avuto modo di conoscere e frequentare personaggi notissimi che vanno dal Vescovo Romero a Padre Pio, da Edgar Morin a don Zeno Saltini; è stata amica di protagonisti anche controversi quali Pier Paolo Pasolini, Raimon Panikkar, Gianni Baget Bozzo, Autrice di numerosi libri ha dedicato la vita a diffondere in modo originalissimo un messaggio d’ispirazione mariana estremamente innovativo e quanto mai attuale: una visione profetica, che si radica nella responsabilità  dell’autocreazione e che delinea la possibilità concreta di una comunità umana fondata sull’unicità di ogni persona, sulla incoercibile libertà  personale e sulla creatività umana che si manifesta incessantemente nella storia.
Ecco quel che ci dice Angela di questa pandemia globale che, toccando tutti in varie forme, interroga ognuno personalmente.

“Sento la paura collettiva del morire come il grido di un bambino quando è tolto dal suo gioco preferito.
Tutti vivono nella speranza di trovare il senso della propria vita, e questo è quanto basta alla vita stessa, quando la morte è lontana.
Ma quando questa si avvicina, soggettivamente e collettivamente, ci prende la disperazione del nostro fallimento.
Forse tutti abbiamo intuito che potremmo vivere diversamente e che questa possibilità l’abbiamo toccata molte volte, ma mai afferrata come nostra vera opportunità.
La mia speranza è che quanto sta accadendo ora, ci convinca che siamo un’unica famiglia umana che vive in un piccolo mondo, e che il comportamento di ogni singolo può trascinare il mondo intero.
Se però uniamo la nostra creatività per il bene comune, forse potremmo vincere ciò che oggi sfida la nostra convivenza, e potremmo vivere ancora a lungo su questo pianeta, facendolo ancora più bello e più giusto.
E’ la condivisione che deve motivare le nostre singole creatività, per fare di questo mondo, non una pattumiera, ma il giardino di tutti i viventi.
Approfittiamo di questo male comune per comprendere che, o ci si salva insieme, oppure non ci resta che lottare gli uni contro gli altri per difendere il nostro piccolo spazio ammalato di egoismo e di violenza.
Ricordiamoci sempre che ogni persona, nel suo profondo, desidera essere amata.
Abbiamo l’occasione per incominciare a farlo, e questa scelta ci aprirà il cuore, non solo alla speranza, ma anche alla felicità”.

Poche parole, che parlano al cuore, espresse con la semplicità di chi ha avuto un’esperienza autentica travolgente che ne ha plasmato la vita.  Frasi su cui riflettere con calma, da leggere e rileggere
Parole che ci ricordano la potenzialità che si cela in questo periodo che può e deve essere occasione di cambiamento: personale innanzitutto e poi collettivo.
In questi giorni possiamo provare a prendere coscienza, a lavorare sullo spazio di quel potere interiore che ci consente di ritrovare la nostra qualità e regolare, valorizzandola, ogni tipo di pressione che viene dall’esterno; non siamo affatto meri individui fungibili, ma siamo invece – tutti, e lo ribadisce con forza Angela Volpini – esseri unici; in questa unicità, della quale ognuno può e deve  scoprire personalmente la cifra e la qualità, risiede il nostro valore: un valore che possiamo gustare quando, scopertolo in noi, riusciamo a riconoscerlo nell’altro e farne dono reciproco. Qui ed ora e proprio con chi abbiamo fisicamente vicino.
In questi giorni possiamo e dobbiamo prendere coscienza che non siamo necessariamente e non dobbiamo più essere in balia di un potere esteriore che ci domina in tutto e ci rende impotenti; questo potere abbiamo invece la responsabilità di capirlo prima, e di provare poi a cambiare un assurdo modello di vita basato sulla competizione ad ogni livello; è un sistema che non è in grado di creare un mondo giusto ed umano, un modello di sviluppo che non è più sostenibile su questo magnifico pieneta dalle risorse limitate.

Siate realisti: chiedete l’impossibile” recitava un famoso aforisma di Albert Camus; dunque, quello che vogliamo in esito a questa pandemia, è nulla di meno che un salto di coscienza, un passaggio di livello, laicamente parlando (in periodo di settimana santa che prepara la strana Pasqua dell’Anno Domini 2020) una resurrezione.  Per questo, per dare speranza al futuro e dar voce al nostro desiderio di felicità, dobbiamo cogliere tutte le nostre risorse e metterle in gioco, come dice Angela porgendo misticamente a tutti e ad ognuno gli auguri di Buona Pasqua alla fine del suo ultimo videomessaggio [Qui].

In copertina: elaborazione grafica di Carlo Tassi

PRESTO DI MATTINA
Nessuno è Straniero: nessuno è escluso dalla rivoluzione della Pasqua.

La sera del venerdì, quando lo deposero dalla croce erano ormai in pochi. Il pittore Gaetano Previati traduce in una tela del 1912, intitolata Trafugamento del corpo di Cristo, una religiosità umanizzata, il momento di una solitudine desolata, di radicale spogliazione di fronte alla morte, per di più una morte crocifissa. L’orizzonte dipinto nel quadro è diviso in due da una linea obliqua: terra ocra il cielo, terra scura la terra. Sullo sfondo tre croci in cima alla collina, una centrale vuota, le altre ai lati coi corpi stilizzati dei due ladroni. E giù per l’erta, in primo piano, come fuggiaschi o ladri tre persone, una delle quali, portata dalle altre, senz’anima. È il deposto dalla croce; ed essi non staccavano lo sguardo da lui e si tenevano per gli occhi.

Poi il sabato di silenzio, inoperoso. Ma il mattino dopo il sabato, fu tutto uno stropicciarsi di occhi increduli. Gli occhi delle donne che portavano gli aromi, arrivate per prime davanti al sepolcro vuoto; e poi quelli degli altri, i seguaci, che faticavano a credere. Erano come “il tamerisco nella steppa che quando viene il bene non lo vede” (Ger 17,16). Increduli all’annuncio delle donne, aspettavano colui che sapeva aprire gli occhi, e quando lo videro, “per la grande gioia – ci narra Luca 24,4,1 – ancora non credevano ed erano stupefatti”. Mi sono chiesto varie volte perché il tamerisco nella steppa non veda il bene. Così un giorno, incrociando il rabbino in via Mazzini, glielo domandai. E la risposta fu tutt’altro che banale: “perché non ha occhi”. Il che mi fece pensare che anche i discepoli, pur dotati di occhi, non erano diversi dal tamerisco, perché lo sguardo di cui parla Geremia è, in realtà, quello della fede in una parola promessa. Eppure Egli disse loro: “non sia turbato il vostro cuore, non abbiate timore, abbiate fede in Dio ed anche in me (…) Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate” (Gv 14,28).

Ma non è facile accogliere un ‘altro da noi’, un nuovo nato, anzi risorto. Non è forse vero che anche quando nasce un bambino, egli risulta straniero persino agli occhi dei suoi genitori. “Che sarà mai di lui”, di Giovanni il precursore, si domandarono Elisabetta e suo padre Zaccaria. Non diversamente, tutti i genitori non sanno nulla del loro neonato, non vedono oltre la sua forma e la figura esterna; sono ciechi rispetto a quel che c’è dietro, anzi dentro, eppure sono chiamati a ospitare anche l’invisibile mistero che lo abita. Così come lui dovrà affidarsi a loro, pur non conoscendone nemmeno il nome, parimenti essi dovranno rischiare e affidarsi a lui e insieme ‘osservare’, che significa prendersi cura, custodire, e avere addosso l’uno gli occhi dell’altro.


Sì, straniero. Il risorto non lo riconobbero; nemmeno quando si accompagnò loro sulla strada di Emmaus. Prima dovettero percorrere molta strada assieme, conversare, con-venire con lui, non solo con le parole e l’ascolto, ma farsi ospitali e condividere la sua solitudine, sino a dirgli “resta con noi, perché si fa sera”. Ma non è tutto quanto dicono e fanno anche due genitori quando nasce loro un figlio? Nel loro abbraccio risuona quel “Resta con noi e piano piano ti sentirai come a casa tua”.

Straniero. C’è un inno della liturgia ortodossa, cantato nella Settimana santa, che lo sottolinea con insistenza, immaginando le parole di Giuseppe di Arimatea quando si recò da Pilato per richiedere il corpo di Gesù: “Vedendo il sole nascondere i suoi raggi e il velo del Tempio squarciarsi alla morte del Salvatore, Giuseppe andò da Pilato, implorandolo, gli disse: Dammi questo straniero, che dall’infanzia fu ospite in questo mondo come uno straniero. Dammi questo straniero, alla vista della cui estranea morte sono meravigliato. Dammi questo straniero, che conobbe come dare ospitalità al povero e allo straniero. Dammi questo straniero, così che possa nasconderlo in una tomba lui, che, come straniero, non ha un luogo dove porre il capo”.

Ma allora cos’è Pasqua? Una rivoluzione dello sguardo dell’uomo in quello della fede che germina, cresce e matura nel tempo. Ci sono voluti cinquanta giorni ai discepoli per riconoscere ed accogliere il Risorto come la loro vita, allo stesso modo dei genitori, che prendono con sé colui che è appena venuto alla luce. Cinquanta giorni evocativi di un tempo lungo una vita come i cinquant’anni del Giubileo biblico.

Ma cos’è la rivoluzione dello sguardo e come si attua? La risposta non è affatto scontata. La trasformazione cui siamo chiamati si compie nella relazione con l’altro, nel guardare e lasciarci guardare, anzi scrutare dagli occhi dell’altro. Solo così, in questa reciprocità, lo riconosceremo nel gesto che condivide e moltiplica: nello spezzare il pane con gli altri. Questa è la rivoluzione dello sguardo: quella che fa entrare il proprio cuore negli occhi, nelle mani, nei piedi dell’altro per indovinarne il bisogno, che diventa in quello stesso istante bisogno nostro e ce ne facciamo carico, magari anche senza che l’altro se ne accorga.

Trasformazione dello sguardo. Lo stesso che accadde anche a Maria di Magdala. Gesù era lì davanti a lei nel giardino, ma lei non lo vedeva e solo quando il Risorto la chiamò per nome, le si aprirono gli occhi e lo riconobbe – “Maestro mio” – per poi correre dagli altri discepoli con il Risorto negli occhi.

Ed anche per Tommaso fu una rivoluzione dello sguardo. Lui, incredulo alle parole degli altri, ostinato nel non fidarsi dei loro occhi, nel pretendere di vederlo: lui, di persona, senza mediatori, anzi addirittura di toccarlo, di mettere il dito nelle ferite dei chiodi e la mano nel costato. Poi gli bastò vederlo in quella umanità ferita, ma vittoriosa, umiliata fino alla morte, ma di nuovo vivente per i suoi e in Dio. Dalla sua ostinazione, egli strappò per noi, pellegrini nel tempo e nella storia, un dono, anzi una beatitudine per tutti “quelli che non hanno visto e hanno creduto.” (Gv 20, 31).

Ma, allora, l’annuncio di Pasqua non sarà solo per i cristiani, ma per tutti. Nessuno è escluso dalla Pasqua: da quella rivoluzione dello sguardo che risana la cecità del cuore e riapre lo sguardo della fede. È sufficiente che si assuma lo stile del Samaritano. Fu questa rivoluzione dello sguardo che caratterizzò l’azione di papa Giovanni XXIII, quando, nell’inverno della Chiesa, seppe intravvedere una primavera che fioriva. Per questo convocò il Concilio, affinché la Chiesa tutta sapesse guardare con occhi nuovi l’umanità, cui da sempre era stata mandata. E a quanti temevano un cambiamento del vangelo egli rispondeva “Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”. Perché per lui il vangelo era inseparabile dalla storia e una più profonda penetrazione della fede della Chiesa avrebbe comportato un rinnovamento pastorale capace di comprendere e vivere con maggiore fedeltà il vangelo.

Anche Paolo VI, lui il cantore della gioia pasquale, venne irriso come uomo triste, quando fu chiamato a guidare la barca della chiesa nelle rapide e fra gli scogli del post-concilio. Ma con fermezza, a quanti lo accusavano che la chiesa al concilio avesse deviato verso l’antropocentrismo, egli nel discorso di chiusura del concilio rispose: “Deviato no! Rivolto lo sguardo sì”, ribadendo così che tutto l’impegno dei padri conciliari fu rivolto a servire l’uomo, l’uomo concreto, storico con le sue vittorie e le sue cadute, tra speranze ed angosce, indicando nell’icona del Samaritano la spiritualità stessa dell’evento conciliare.

Pasqua: una rivoluzione dello sguardo sul dolore della gente, che ritrovo – per concludere – in un testo della tradizione ebraica:
“Se un uomo soffre da solo, è chiaro che la sua pena è solo per lui. Ma se un altro lo guarda e dice:
– Quanto soffri, fratello? che cosa succede?
– Prende il male dell’amico negli occhi suoi
– E anche se è cieco, pensi che possa prenderlo lo stesso?
– Certo, con le orecchie! E se è sordo, con le mani.
E se l’altro è lontano, se non lo può né sentire né vedere e neanche toccarlo, pensi che possa prendere il suo male?
Può forse indovinarlo.
Hai detto bene. Ecco esattamente quel che fa il giusto: egli indovina tutto il male che esiste sulla terra e se lo prende in cuore.
Forse il male della gente va preso senza che quelli se ne accorgano?
Sì, è così che bisogna prenderlo”.

C’era una volta Supergulp
La storia di Guido De Maria, l’inventore dei fumetti in tv

Erano gli anni ’70, i fumetti arrivavano in tv.
Riviviamo quei meravigliosi momenti col papà di Supergulp Guido De Maria, disegnatore, umorista e regista pubblicitario e televisivo.

Ritengo doveroso rivolgere la mia attenzione a questo importante regista pubblicitario, nonché umorista, disegnatore e sceneggiatore, che ha prodotto centinaia di caroselli e spot pubblicitari per la Rai e noto come il papà di Supergulp. Negli anni ’70 i fumetti debuttano sul teleschermo con Gulp. Guido De Maria ne è coautore con Gaverni e ne cura anche la regia. Il grande successo dei fumetti in TV è dovuta alla sua intuizione che codifica un vero e proprio linguaggio del telefumetto; nasce così il famoso personaggio di Nick Carter, il detective di Bonvi e De Maria, il vero mattatore di Gulp, che De Maria produce e dirige per la Rai.

E chi non ricorda Giumbolo, creato sempre da De Maria per Supergulp, simpatico personaggio che cantava la sigla finale della trasmissione dei fumetti in tv, o Salomone, il pirata pacioccone dello spot per l’Amarena Fabbri, o la serie dei Brutos? E come dimenticarsi di Franco e Ciccio per lo spot della cera Grey, o del carosello della camicia coi baffi con Maurizio Costanzo?
De Maria è rimasto sempre attivo realizzando, proprio in questi giorni di emergenza del coronavirus, ExtraGulp! i fumetti sul web, un nuovo blog dedicato al mondo dei comics, omaggio a Supergulp dove il nostro infaticabile regista afferma: “In questi giorni inediti di pandemia mondiale ed emergenza sanitaria, in cui dobbiamo stare tutti in casa, ci è venuta la voglia di ripartire dalle belle cose di una volta, i bei ricordi che fanno piacere all’anima”.

Non solo questo, ma anche un altro imperdibile e invitante appuntamento ci attende nella mostra Anni molto animati, il fumetto italiano ai Musei Civici di Modena fino al 17 maggio 2020 (appena il Museo potrà riprendere dopo la pausa per coronavirus), che spazia dai caroselli di Paul Campani a quelli di Guido De Maria, da Supergulp di Bonvi e De Maria a Comix di Beppe Cottafi e De Maria.
Guido De Maria è nato nel 1932 a Lama Mocogno (Modena), comune sull’appennino modenese, dove è stato insignito della cittadinanza onoraria. Il nostro primo incontro , nel 2011, avvenne in occasione di una sua mostra a Carpi presso la Biblioteca Multimediale e fu proprio in quell’occasione che gli dedicai una mia prima recensione.
De Maria ha un suo posto onorevole nella storia non solo del fumetto, ma dell’arte dell’umorismo in genere, un posto che gli è dovuto per la sua originalità che ancora oggi ha il potere di piacere e di insegnare qualcosa.
Le sue figurazioni, o creature, sapienti e profonde, trasportano l’animo dello spettatore in quella sfera gioiosa che è propria della poesia creativa.
La vivacità ed alcuni caratteri della sua arte, quelli precisamente che fanno di essa qualcosa di eccezionale e unico, la rendono uno strumento davvero potente e importante.
Io vedo in lui, come molti altri avevano visto prima di me , il perfetto e genuino discendente di quella razza di illustratori, vignettisti e fumettisti, famosa per la sua felice spontaneità di visione e di espressione di un mondo tutto malizioso ed infantile, un artista completo in ogni sua sfumatura.