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Giorno: 19 Luglio 2020

L’EDUCAZIONE CIVICA TORNA A SCUOLA
Bellissima idea, a patto di prenderla sul serio.

Da bambini era in programma anche l’educazione civica. C’era un libro apposito, adatto a pareggiare i tavoli zoppi. Tutti dicevano che era importante però poi si sa, bisogna finire il programma di storia e di letteratura, recuperare i ponti, e quel giro di interrogazioni saltato con le influenze… L’educazione civica restava all’ultimo posto. Talmente tanto che per un po’ è completamente scomparsa.

La Legge n.92 del 2019 [Qui il testo della Gazzetta Ufficiale] l’ha reintrodotta ma, essendo stata approvata il 30 agosto dello scorso anno – cioè troppo tardi per spiegare in tempo utile come applicarla nell’anno scolastico che iniziava a settembre – dopo qualche polemica non se n’è fatto niente. Quest’anno, il 23 giugno scorso, la Ministra Azzolina ha inviato alle scuole una lettera e delle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica [Qui] che spiegano che cosa ci si attende. Il Ministero nelle sue articolazioni organizzerà corsi di formazione per dirigenti e insegnanti per supportarli in questo nuovo vecchio compito.

Sono tre gli assi intorno cui muoversi: Costituzione, Sviluppo Sostenibile, Cittadinanza Digitale. Verranno inseriti in tutti gli ordini di scuola a partire dalla materna, entreranno anche nei percorsi dell’istruzione per adulti e saranno affrontati con metodi e contenuti appropriati all’età e alle competenze degli allievi.

Si legge sulle linee guida: “La Carta è in sostanza un codice chiaro e organico di valenza culturale e pedagogica, capace di accogliere e dare senso e orientamento in particolare alle persone che vivono nella scuola e alle discipline e alle attività che vi si svolgono”. La sfera della Costituzione include la conoscenza dell’ordinamento nazionale e locale, i valori di legalità e solidarietà, il contrasto alla cultura mafiosa, la cittadinanza europea ed altro ancora.

Anche lo Sviluppo Sostenibile porta con sé una molteplicità di contenuti, non soltanto in tema ambientale. C’è il rispetto per gli animali, l’attenzione per la raccolta differenziata o la lettura dei complessi problemi energetici e climatici del pianeta, ma c’è anche la sostenibilità delle città o delle società, la capacità di includere le minoranze e le differenze, il rispetto per i diritti di ciascuno.

Nella Cittadinanza Digitale, poi, è inclusa l’alfabetizzazione consapevole all’uso di strumenti che bambini e ragazzi frequentano dalla nascita ma non sempre con competenza, come ha dimostrato l’esperienza recente di didattica online nella quale gli insegnanti hanno spiegato ai nativi digitali come utilizzare l’email e altro di apparentemente scontato, e si parlerà pure dei rischi che si corrono in rete, dalle fake news agli odiatori passando per le svariate forme di bullismo elettronico.

È un bel programma, e dovrà svolgersi in almeno 33 ore scolastiche nel corso dell’anno. Non ci sarà un solo insegnante coinvolto ma un coordinatore che lavorerà con i colleghi secondo un progetto pensato a inizio anno, con obiettivi di apprendimento legati alle linee guida, indicatori da rilevare e valutazioni da svolgere. “Le Istituzioni scolastiche sono chiamate, pertanto, ad aggiornare i curricoli di istituto e l’attività di programmazione didattica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione”, si legge nelle Linee guida, “al fine di sviluppare ‘la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e ambientali della società’ (articolo 2, comma 1 della Legge), nonché ad individuare nella conoscenza e nell’attuazione consapevole dei regolamenti di Istituto, dello Statuto delle studentesse e degli studenti, nel Patto educativo di corresponsabilità, esteso ai percorsi di scuola primaria, un terreno di esercizio concreto per sviluppare ‘la capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente e consapevolmente alla vita civica, culturale e sociale della comunità’ (articolo 1, comma 1 della Legge)”.

Dedicarsi a questi progetti, se verrà preso sul serio, sarà entusiasmante, e molto proficuo il risultato in termini di formazione dei giovani cittadini. Soprattutto se, come le stesse Linee guida propongono, l’educazione civica non sarà una materia a sé stante ma un altro modo di svolgere l’esperienza scolastica e di vivere le relazioni tra tutti i soggetti.
Significherebbe, a mio avviso, non limitarsi a studiare la democrazia ma viverla davvero, così come nell’educazione alla pace e alla nonviolenza si può, certo, introdurre ‘l’ora di nonviolenza’ e fare lezione su Gandhi o Capitini, ma il loro studio diventa vivo e coinvolgente se abbraccia il modo stesso di fare scuola, di protestare davanti alle possibili ingiustizie, di aprirsi agli altri anziché coltivare egoismi. Nel caso dell’educazione civica, si potrebbe ripartire dando fiato agli organi collegiali ormai sempre più asfittici e asserviti alla logica della scuola-azienda, o della scuola bene-di-tutti-cioè-di-nessuno, e riconsegnare/riassumersi la responsabilità del proprio stare a scuola non solo trasmettendo contenuti ma incarnandoli nella relazione con gli altri.

Bisogna sapere che questo processo, a prenderlo sul serio, può generare conflitto, quello costruttivo, che prelude al miglioramento dei contesti di relazione, a scuola e fuori. Mi torna in mente un episodio avvenuto a Ferrara tanti anni fa. Nella zona con la maggior concentrazione di migranti il Centro di Mediazione Sociale del Comune di Ferrara aveva svolto appunto attività di educazione civica. Un bel giorno una bambina del quartiere, 10 anni, nata da genitori cinesi, si è presentata al Centro con la Costituzione in mano, il libriccino aperto sui diritti fondamentali. Aveva rimostranze sul modo in cui la trattavano in famiglia, e non aveva dubbi che fosse un’ingiustizia: “C’è scritto qui!”.

Questo articolo è apparso con altro titolo anche sull’edizione in rete di Azione nonviolenta, la storica rivista del Movimento nonviolento [www.azionenonviolenta.it]

DIARIO IN PUBBLICO
Gerne! / Volentieri!

Il cielo anche oggi qui a Vipiteno presenta matasse di nuvole, brevi piovaschi, sole malato e i villeggianti compiono senza sosta il percorso delle vie del centro. Miriam la nostra accompagnatrice taxista propone percorsi, ci invita a scuoterci dalla nostra inattività, a volte forzata, a volte scelta. Peter e Delberta fanno di tutto per farci uscire dalla nostra presunta apatia: ci organizzano gite a luoghi bellissimi e ormai familiari. Partecipiamo alle vicende del gatto ventenne malato Ulli che con Ute rappresentano la loro riserva di pelosi; ammiriamo con una punta di invidia la loro terrazza straordinariamente fiorita (c’è perfino una specie di begonia che si chiama Cleopatra!); beviamo l’Hugo, specialità del luogo, sapendo che il loro peloso canino a Ferrara si chiama Ugo e in hotel ci alziamo a metà pranzo per andare ad accarezzare il bellissimo setter rosso Kenny, che ci guarda con occhi languidi, stremato dalle gite che pretende e vuole.

A questo punto il criceto mi prende da parte e mi confessa che, essendo finita la trasferta a Vipiteno e avvicinandosi il sabato in cui approderemo al Laido degli Estensi, ha deciso di lasciarmi e di trascorrere il resto della sua vita tra i prati e valli in fior, qui dove la natura ha ancora senso. Rispondo immediatamente: Gerne! tradotto ‘Volentieri!’; così dopo una strofinatina alla guancia, il criceto sceglie la libertà e si dissocia dal suo umano.

Nei lunghi anni qui trascorsi però ancora mi scuote questa interiezione, che ad ogni istante risuona, pronunciata con tono gentile e suadente: ‘Volentieri!’. Le ragazze del ristorante, che ogni sera indossano un costume diverso e nascondono la loro bellezza dietro la mascherina, parlano con gli occhi e, proponendo piatti o levandoli, accompagnano il cambio e il servizio con questo termine ‘Volentieri’ che traduce il tedesco Gerne e che esprime cortesia e buona volontà.

Mi dice il coltissimo Peter, che sarebbe il corrispettivo francese ‘pas de quoi’, ma è estremamente confortante sentire quel ritornello, anche se a volte residui di giovinezza, forse sprecata, m’inducono a pensare a certi servizi a cui favolose ragazze a precise richieste avrebbero potuto rispondere “Gerne!”

Imbottiti di cibo, di attenzioni e di pigrizia ogni mattina ci facciamo accompagnare in centro e ‘volonterosamente’ ci accodiamo alla massa che pazientemente percorre, come spinta da un destino il lungo corso, e qui  assistiamo a imprevedibili cambiamenti. I polpacci nerboruti delle squadre di ciclisti che abbandonano il loro cavallo d’acciaio per meritarsi una sanguigna grappa si trasformano in braccia altrettanto polpose; le loro compagne, provviste di poderosi ‘lati b’, trasferiscono quell’abbondanza sul petto, si muovono con solenne impaccio e trafiggono il riguardante sotto la continua e mai elusa protezione della mascherina. Dal mio osservatorio dietro una tazza di caffè vedo confondersi i tatuaggi che migrano impazziti e, monotono, alla mia richiesta di un nuovo ‘hugo’ risuona il ‘volentieri’, che mi schiaccia e mi ricolloca al mio posto.

A poco a poco mi prende anche la pigrizia libraria. Trascino faticosamente la lettura di tre testi che mi parevano interessanti da leggere, compreso l’ultimo romanzo dell’amico Hans Tuzzi/Adriano BonNessuno rivede Itaca, candidato al premio Dessì e lo trovo eccellente. Se mi si chiedesse un parere e se potessi premiarlo, risponderei “Gerne-Volentieri”. Ma ancora una volta l’attenzione si rivolge al mio Cesarito. Covid permettendo, aspetto con ansia la riconferma delle celebrazioni pavesiane a Parigi e a Torino e lotto con la caparbietà propria dei diversamente giovani costringendomi a leggere in e/book l’ultimo prodotto degli studi pavesiani: Pavese nel tempo a cura di Antonio R. Daniele e Fabio Pierangeli. Il percorso è faticoso e sicuramente alla proposta di poterlo leggere in cartaceo immediatamente risponderei “GERNE!”.

Non passo per Ferrara, dove l’accesso al Centro Studi bassaniani è ancora negato. Si deve procedere alla sanificazione; ma obbietta ancora il mio criceto, che rispunta fuori da un delizioso cespuglio di rose: “ma quando mai la sanificazione è necessaria dopo che libri e carte del Centro sono intoccati da almeno 4 mesi?”. Certo, capisco – relativamente – il poderoso lavoro a cui si devono sottoporre i lavoratori librari, ma esorterei l’Amministrazione a procedere più speditamente a porre questa necessità tra le primarie e a rispondere “Gerne!”. Purtroppo so che in questo momento non sono molto graditi miei consigli, così mi ritiro nel Laido degli Estensi, sperando che gli albatri, che mi guardano minacciosi dalle cime dei pini, alla mia educata richiesta di non mollarmela in testa possano rispondere: “VOLENTIERI/GERNE!”

LO CUNTO DE LI CUNTI
Un Re ribelle

Rubrica a cura di Fabio Mangolini e Francesco Monini

Metafora per metafora. Se il grande Fellini aveva immaginato il tentativo di rivolta degli orchestrali contro il Direttore, Maurizio Olivari inventa per il suo ‘racconto musicale’ un Re Ribelle che porta a termine una piccola e fortunata rivoluzione delle note contro l’ignaro compositore. L’anarchia giocosa, almeno in questo caso, funziona a meraviglia. Legge il racconto Fabio Mangolini. Buon ascolto, buona visione e buon divertimento.
(I Curatori)

Lo Cunto de li Cunti – Maurizio Olivari, Un re ribelle,(2020), letto da Fabio Mangolini

 

  UN  RE RIBELLE

Faceva parte di uno spartito scritto da un giovane compositore dedito alla  ricerca di nuove sonorità. Stava stretto nel pentagramma insieme ad altre disgraziate note, messe lì un po’ alla rinfusa, in attesa di una definitiva sistemazione.
Lui che era un Re, abituato a partiture d’elitè, romanze d’opera, brani sinfonici, non trovava pace in quella accozzaglia di colleghi, che si muovevano continuamente, sotto il rigo, sopra il rigo, senza una logica linea armonica a lui tanto cara.

Decise di ribellarsi e di abbandonare quello spartito, lasciandosi cadere nella cartella che raccoglieva altri  fogli pentagrammati. I colleghi tentarono di trattenerlo, specialmente il Do, suo vicino da sempre e anche il Mi lo supplicava di non lasciarli soli. Senza un Re cosa avrebbero potuto essere ? Una scala senza un piolo.
Re non sentì ragioni e con un perentorio:- Chi mi ama mi segua!- si tuffò nel fondo della cartella.
Cominciò l’esplorazione delle composizioni, trovando note tristi e abbandonate insieme ad altri tre o quattro gruppi che si facevano coraggio in attesa di essere eseguite, con l’effetto che loro già conoscevano essere disastroso.

Si mise sopra una chiave di violino in capo al rigo e cominciò un discorso da affabulatore.
– Colleghe, amiche – sentenziò con una voce un tono sotto- noi siamo nate e siamo servite a creare capolavori musicali che tutto il mondo ci invidia. I compositori ci hanno sempre sistemato nel pentagramma, con grazia, qualche volta forzando la mano ma sempre a fin di bene.
Tutte le note presenti ascoltavano con attenzione quel Re, così determinato e coinvolgente che continuava alzando la voce di un mezzo tono: – Siamo state nelle grandi opere: Aida, Tosca, Traviata e tante altre vero?
– Si!, risposero tutte in coro.
– Abbiamo fatto commuovere intere generazioni vero?
– Si…Si…!, – reagirono le colleghe – siamo state anche in romantiche canzoni,come Mamma, Tu che m’hai preso il cuor, Signorinella…
– Io c’ero, gridò un La.
– Anch’io!, intervenne un Mi bemolle,
– Ebbene ora ci vogliono mettere in brani che non hanno né capo, né coda, con effetto sonoro da distruggere i timpani di chi ascolta. Ora basta. Volete voi ribellarvi con me?
Un coro unanime di approvazione riempì la cartella.

Re ribelle, rinfrancato da tanta partecipazione, iniziò a pensare ad un piano che mettesse in risalto la loro volontà di musica, anche leggera ma non dodecafonica.
Chiamò a sé il suo fido amico Re bemolle, chiedendogli di andare a reperire più note possibili, disposte a seguirlo nel suo progetto.
– Portami – disse con autorità – alcuni Mi, 5 Sol, qualche La e tutti i Si che trovi. Io chiamerò i miei amici di accordo in DO e i miei parenti RE.

Era indeciso se programmare una romanza o un Requiem, un coro alpino o una canzonetta.
Sentito il parere del gruppo d’azione, si decise per una canzone, un brano di facile ascolto, che tutti potessero cantare.
Il fido Mi bemolle arrivò con il gruppo di note richieste e anche con qualche riserva, vecchie note che stavano tutte insieme in alcune scale,di un brano per coro.
Re ribelle procurò dalla cartella, un foglio pentagrammato intonso e cominciò l’azione di scrittura posizionando il piccolo esercito sul rigo e negli spazi, nell’ordine atto a formare quel motivo che gli era nato in testa, per la sua piccola rivoluzione.

– Avanti iniziamo! All’attacco! Mettetevi in ordine di chiamata!

MI  RE  LA
MI  RE
RE  DO  SOL
SOL  SI  RE  DO

DO  LA  DO  SI  DO  RE  DO
DO  LA  DO  SI  DO  RE  DO
LA  SI  DO  LA  SI  DO
SI  SOL  LA  SI  SOL  LA  SI
SI  DO  RE  SI  DO  RE
DO  SI  DO

Terminata la stesura, tutte le altre note di riserva applaudirono con entusiasmo, cantando in coro il motivetto appena nato. Il Re ribelle fu portato in trionfo.
Il foglio finì fra le mani del giovane compositore che non ricordava questo suo scritto. Lo trovò gradevole tanto da indurlo a sviluppare quel tema, così moderno, in un periodo musicale fermo a melense melodie.
Quella canzone, nata dall’idea di un Re ribelle, ebbe un successo mondiale.
Il compositore si chiamava Mimmo.

Maurizio Olivari, Un re ribelle, aprile 2020 (in piena pandemia da Coronavirus)

Lo Cunto de li Cunti, i racconti da leggere, guardare e ascoltare, torna su Ferraraitalia ogni domenica mattina. Per guardare e ascoltare tutte le videoletture del Cunto de li Cunti clicca [Qui] 

Cover: elaborazione grafica di Carlo Tassi

TERZO TEMPO
Prima del Fischio d’Inizio: Brescia-Spal

La sconfitta contro l’Inter ha portato la SPAL al capolinea: già in questa giornata di campionato potrebbe potenzialmente arrivare la retrocessione in serie B, concludendo un percorso nella massima serie di 3 stagioni consecutive.

La sfida che attende i biancozzurri in questa 34 giornata non è esattamente una partita “di cartello”: la SPAL affronta in Brescia in uno scontro tra ultime della classe e tra i due attacchi peggiori del campionato. Le due squadre dagli stessi colori sociali hanno anche il peggior differenziale tra goal fatti e goal subiti: le rondinelle con 30 reti segnati e 70 subite sono i peggiori della seria A, mentre gli estensi, con 23 reti segnate e 62 subite, sono secondi in questa speciale classifica.
Questo turno di campionato, come detto in precedenza può essere fatale per la SPAL. In caso sconfitta e di vittoria del Genoa contro il Lecce, la retrocessione arriverebbe matematicamente, ritrovandosi con un distacco di 14 punti dai genovesi, quartultimi, con solo 4 partite da giocare. Anche in caso di pareggio, un’eventuale vittoria dei rossoblu condannerebbe la SPAL alla serie B. Anche al Brescia non va meglio: in caso di insperata vittoria della SPAL, la serie B matematica toccherebbe ai lombardi, che sarebbe la dodicesima retrocessione nella serie cadetta al fronte di 23 stagioni in serie A.

Dopo una stagione difficile per i colori estensi siamo arrivati al momento che tutti temevano: o si vince o si retrocede. La vittoria è l’unica possibilità per mantenere in vita il sogno della seria A che dura da 3 stagioni.

Cover: Foto del Brescia vincitore della Coppa dell’amicizia 1966/67. Anche la Spal ha vinto il torneo la stagione successiva

PER CERTI VERSI
Di queste cose si può anche guarire

Ogni domenica Ferraraitalia ospita ‘Per certi versi’, angolo di poesia che presenta le liriche del professor Roberto Dall’Olio.
Per leggere tutte le altre poesie dell’autore, clicca
[Qui]

DI QUESTE COSE SI PUO’ ANCHE GUARIRE

di queste cose si può anche guarire
erano le diciassette di venerdì
diciassette marzo
millenovecentonovantacinque
non era primavera

SONO PASSATI ORMAI DIECI ANNI

sono passati ormai dieci anni
sai com’è fatta la memoria
si pensa si racconta
si fa storia

E TUTTA LA VITA SI SPANDEVA

si può guarire da certi mali
e tutta la vita si spandeva
liquida nella mente
mi ero fatto piccolo
infinitamente