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Giorno: 28 Ottobre 2020

C’è una alternativa alla didattica a distanza?

Per tutta l’estate abbiamo cercato sia a livello locale che regionale (ma anche nazionale con le proposte di Patrizio Bianchi e della task force al Ministero dell’Istruzione) di indicare quale poteva essere una via alternativa ed efficace alla didattica a distanza che è una forma “minore” (per essere eufemistici) di apprendimento.
Avevamo indicato per i “piccoli” delle elementari l’integrazione alla didattica in aula (da Istruzione) con la didattica all’aperto (da Sperimentazione), che avrebbe consentito di avere gruppi più piccoli di alunni e quindi accrescere la sicurezza e anche la qualità della didattica. Questo avrebbe comportato (almeno per un periodo) più docenti, ma se c’è una cosa che oggi non manca sono i precari della scuola e i soldi per ristorare. Per questo ci eravamo battuti perché già a giugno ci fossero delle sperimentazioni in alcune scuole (almeno del Sud che erano senza contagi) in cui accanto al personale della scuola pubblica lavorassero gli educatori dei campi estivi, i quali ultimi hanno sempre lavorato mentre il personale pubblico no. Misteri e soprattutto scarsa volontà di sperimentare, innovare e di fare (che è da sempre il problema dell’Italia).

Alle superiori avevamo indicato (almeno per gli ultimi 3 anni) il potenziamento dell’alternanza studio-lavoro (che è stata dimezzata come fondi e orari negli ultimi 2 anni) in modo che gli studenti potessero fare una esperienza di qualità nelle imprese seguiti però da una nuova figura che avevamo indicato come “docente di accompagnamento” che avrebbe avuto il compito di individuare le imprese, realizzare gli abbinamenti e accompagnare lo studente all’interno della comunità di pratiche lavorativa con un apprendimento da Sperimentazione. Soluzioni che non sono, peraltro, finalizzate nel periodo del Covid, ma primi passi per una scuola più efficace che innalza la sua qualità e quindi riforme strutturali in modo da coniugare la maggiore spesa pubblica con il rilancio del Paese.

Ciò avrebbe ridotto il problema degli assembramenti sui trasporti su cui il Cds ha lavorato sin dagli anni ’80 con una ricerca, commissionata da ACFT, su come sfalsare gli orari delle scuole in entrata ed uscita proprio per favorire la fluidità del traffico nella città e creare, a parità di studenti trasportati (e bus), un maggiore servizio che oggi sarebbe cruciale perché vedrebbe meno studenti sui bus. Ma nessuno allora considerò la cosa interessante.

Alessandro D’Avenia spiega su Il Corriere che oggi gli studenti sono “demoralizzati, ma la loro tristezza non è però sintomo di un disagio psichico o mancanza di speranza, ma semplice mancanza di ‘carattere’, cioè di scelte”. E oggi uno dei problemi drammatici del nostro Apprendimento da Istruzione è che gli studenti non scelgono mai (al massimo studiano, ripetono, riflettono, fanno dei “like”), mentre nell’Apprendimento da Sperimentazione, nelle pratiche all’interno delle imprese, nel curare un orto, nel bosco e nelle attività all’aperto scelgono in continuazione. “Quando non scegliamo la vita si spegne perché smettiamo di rispondere alla realtà, non siamo più padroni dei nostri atti, ma prigionieri delle circostanze o delle aspettative altrui” scrive D’Avenia. Nella pratica dei Pil (Percorsi di Inserimento al Lavoro dei laureandi) alla domanda su “cosa apprezzavano di più del percorso verso il lavoro” gli studenti universitari rispondevano che non era il lavoro raggiunto (!), ma il poter per la prima volta “scegliere”, che li aveva “fatti crescere”. Erano quindi le continue scelte a cui i ragazzi erano “costretti” (scegliere se fare questo percorso volontario, scegliere con quale impresa fare il colloquio, scegliere dove andare a fare il tirocinio o il lavoro,…) che apprezzavano in particolare.

Torniamo ad educare il carattere dei nostri giovani: cioè a far praticare la libertà, cioè a farli scegliere, dando loro la responsabilità delle scelte e questo si può fare se integriamo l’Apprendimento da Istruzione con quello da Sperimentazione, come dicono gran parte degli esperti di apprendimento di tutto il mondo.

Ah, dimenticavo: i luoghi più sicuri contro l’infezione sono la Scuola e le Imprese.

Demoni

Ho trovato queste parole di un narratore “nostro”, terracqueo, che tracciano un parallelismo eccentrico tra lo stato di malattia e lo stato di creatività. Non ci avevo mai pensato, ma il daimon della creatività spesso rende incompreso e solo il creatore, proprio come la malattia rende incompreso e solo il malato.

La malattia fa spesso venire una gran voglia di essere capiti. I malati all’ospedale non fanno che chiedere ai dottori di capirli. Vogliono essere capiti dalla scienza e rimessi a posto come macchine. Tutti noi malati coltiviamo questo ideale meccanico di comprensione, che ci dà qualche speranza. E gli altri naturalmente mostrano di capire la “cosa” che ci rende malati. C’è sempre un gran traffico di dicerie tra parenti e dottori, per capire la “cosa” che rende malato un malato. E i dottori la spiegano con le loro parole meccaniche, ma nessun parente e nessun malato sa di preciso di cosa parlino i dottori. Tuttavia ci scambiamo tutti occhiate e discorsi per dirci: “Hanno capito”.
La stessa situazione si trova in quelle attività che sono chiamate creative. Anche queste sono una malattia che fa venire una gran voglia di essere capiti. Si vorrebbe che gli altri capiscano la “cosa” della nostra creazione. Si vorrebbe che dicessero: “Sì, è questo, significa questo, è bello per questo”. Che soddisfazione, che stordimento e che follia, sentire di essere capiti! Come negli ospedali ci sono i dottori che spiegano la “cosa” della malattia, così in questo settore ci sono i critici che spiegano la “cosa” della creazione. E anche qui c’è un gran traffico di dicerie, per capire quale sia la “cosa” che rende una creazione interessante. E anche qui nessuno sa precisamente di cosa parlino i critici, sebbene tutti ci scambiamo occhiate e discorsi per dire: “Hanno capito”.”

Gianni Celati

FERRARA OFF TEATRO: APERTURA STAGIONE AUTUNNALE 2020

Il Teatro di Ferrara OFF riparte con la stagione autunnale, nel rispetto delle norme sanitarie vigenti, dal 31 di ottobre al 22 novembre. In programma il recupero di alcuni spettacoli annullati a seguito del decreto della scorsa primavera.

Inaugura la stagione ‘Chi ama bruciadiscorsi ai limiti della frontiera’ di e con Alice Conti, testo di Chiara Zingariello – drammaturgia di Alice Conti e Chiara Zingariello, il 31 ottobre alle 21. Tratto dalle interviste originali a lavoratori ed ex-reclusi di un C.I.E. italiano (Centro di Identificazione ed Espulsione per stranieri ora C.P.R. Centro di Permanenza per il Rimpatrio) Chi ama brucia parla dei ‘campi di accoglienza’ per migranti stranieri. Definito dal pubblico “feroce e divertentissimo”; “uno scossone al cuore e uno alla coscienza”; “crudo, reale, doloroso, molto intenso”, lo spettacolo, vincitore di numerosi premi, ha ottenuto nel 2015 anche il patrocinio di Amnesty International.

Riprendono anche le ormai note lezioni d’arte di Giacomo Cossio: domenica 1 novembre sarà il turno di Lucio Fontana e Piero Manzoni, alle 17.30, per il ciclo Spiegare l’arte contemporanea. Due nomi controversi, ma imprescindibili, che hanno segnato due momenti cardine della storia dell’arte italiana e mondiale. Le lezioni di Cossio sono patrocinate da Ferrara Arte.

7 e 14 novembre ritorna Bonsai. Il festival di microteatro, rivisto ed adattato nel rispetto delle norme sanitarie, porterà in scena 8 spettacoli, quattro a serata, replicati su due turni, uno alle 19.30 e uno alle 21.30. Un teatro che nasce proprio con l’intento di interessare poche persone alla volta, in maniera intima, trova il suo spazio perfetto all’interno di una stagione che ha il sapore della ripartenza. Non più sul Quartiere Giardino, quest’anno gli spettatori si sposteranno solo all’interno del Centro Culturale Slavich per godersi il flusso dei quattro spettacoli. Dalla voce di Maria Paiato al CollettivO CineticO, dalla prosa alla danza contemporanea, Bonsai saprà offrire sensazioni concentrate, come da tradizione. Per partecipare alle giornate del festival saranno obbligatori prenotazione e pagamento online al sito www.ferraraoff.it.

Ritroviamo Giacomo Cossio, l’8 novembre alle 17.30, per il ciclo Spiegare l’arte contemporanea. Si parla di Maurizio Cattelan; famosissimo artista iconico, ironico e dissacratorio che cela una drammatica e irriverente lucidità all’interno della sua opera.

Domenica 15 novembre, ore 17.30, un gioco di carte per conoscersi e raccontarsi: Il Gioco dei Coralli. Pensato e realizzato da 8 donne, il gioco è l’occasione per presentarsi, parlare di sé e dei propri desideri attraverso le biografie di grandi e importanti personaggi femminili.

Sabato 21 novembre, sempre alle 21, in scena Elvira Frosini e Daniele Timpano con Si l’ammore no. Tra amore, cliché, surrealismo e ambiguità, il rapporto tra i due sessi viene riportato in tutta la sua idealizzazione. In scena uomo, donna, e tutti i modelli stereotipati che li caratterizzano.

Chiude la stagione l’Incontro con Arcangelo Sassolino, appuntamento speciale del ciclo Spiegare l’arte contemporanea di Cossio, domenica 22 novembre sempre alle 17.30. In una ricerca incessante sulla qualità della materia, la sua duttilità, tensione e trasformazione, Arcangelo Sassolino si fa creatore di un nuovo linguaggio contemporaneo e di una nuova estetica.

Prenotazione online  obbligatoria tramite il form… Per informazioni e per acquistare i biglietti, www.ferraraoff.it

Il nido delle cicale
l’ultimo romanzo di Anna Martellato parla di rinascita

“Ho incontrato persone e mi sono chiesta perché continuassero a fare proprio quelle scelte, così ne ho scritto, facendo diventare romanzo certi temi che riguardano molti”. Raggiungo al telefono Anna Martellato, collega, conosciuta anni fa a Venezia, quando di lei mi colpì la propensione ad ascoltare e a familiarizzare. Anna Martellato ha pubblicato per Giunti Il nido delle cicale, un romanzo in cui si sentono i profumi e si vedono i colori, come a essere immersi in quella lingua di lago di Garda dove Mia, la protagonista, cresce e cambia pelle.
“Mia è una donna che spesso si gira dall’altra parte, scappa da una gabbia familiare a un nido che, in realtà, è un’altra gabbia ancora, si porta dietro blocchi che a un certo punto vanno affrontati, con non poco dolore, ma poi finalmente sciolti”, spiega Anna che nel romanzo ha voluto parlare di rinascita e mutamento, come quello delle cicale che dopo essere state dormienti sotto terra, escono alla luce in un corpo nuovo. “Le cicale aspettano il momento giusto per uscire, ho preso in mano il guscio e ho visto un taglio chirurgico, vengono fuori proprio da lì e da sole, anche Mia esce da sola da una situazione, affronta il dolore che è quello del rapporto col compagno e quello del passato e dei legami familiari, poi non torna più indietro”.
Nel romanzo, la protagonista si trova davanti a una scelta e prima ancora di decidere come fare, deve decidere se vuole sapere fino in fondo la verità. Una voce allora la guida, mostra, indirizza: come un daimon, un nucleo antico, la voce illumina una crepa, quella parte di vita sconosciuta che Mia può accettare o rifiutare del tutto. “Ognuno di noi ha una saggezza innata – spiega Anna – che a un certo punto si fa sentire, se stiamo in silenzio sappiamo sempre che direzione prendere”. Ed è con questa saggezza che Mia affronta una scoperta dopo l’altra, riprende i legami sospesi con il passato, primo fra tutti con la madre a cui prova a indicare una strada per uscire dal dolore: “Sono convinta che ciascuno abbia le chiavi della propria felicità che non vengono mai consegnate dagli altri e per questo Mia tenta di spiegare alla madre, da cui si era allontanata, che può ancora fare qualcosa di concreto per salvarsi da tutto quel buio, ma deve farlo da sola, come lo sta facendo Mia”.
È una famiglia smembrata dalla perdita, quella di Mia, ma è anche una famiglia da cui si può ricominciare perché c’è una madre che Mia può finalmente affrontare e un padre che l’aspetta sempre preparandone l’arrivo.